"Quella del dolore è una scuola crudele. Insegna quanto possa essere violento il lutto, quanta rabbia possa contenere. Insegna quanto possano sembrare vuote le condoglianze. Insegna quanto il dolore abbia a che fare con le parole, con il loro fallimento e con il nostro bisogno di trovarle. Perchè sono tutta indolenzita e dolorante? Per via del pianto, mi dicono."
Ci vuole tempo ad elaborare un dolore, una perdita. Non sempre si riesce a superarlo. Ogni individuo reagisce a modo proprio. Ecco il dolore è una cosa che ci accomuna e ci separa allo stesso tempo. Il dolore è una cosa personale.
Appunti sul dolore2021
Frontiere
pp. 88
€ 14,00
Traduzione diSusanna Basso «Adichie è maestra nell'invenzione di mondi. I trenta
frammenti di questo testo consegnano al lettore
una prospettiva diversa, unita alla certezza che quanto
verrà in seguito avrà la forza di una creazione originale».
«The New York Times Book Review»
Il libro
La
morte improvvisa dell’amatissimo padre nel giugno 2020, in piena
pandemia, getta Chimamanda Ngozi Adichie in uno stato di rabbiosa
prostrazione. Le consuete parole della consolazione la irritano, il
formalismo dei riti la esaspera, il dolore la dilania. Ma i suoi
pensieri e le sue sensazioni, l’analisi dei diversi modi di affrontare
il lutto, quello nigeriano e quello occidentale, diventano occasione per
una lucida e penetrante meditazione sulle cose ultime, oltre che un
canto d’amore per colui che per primo le ha insegnato a non temere il
giudizio degli uomini.
Cosa significa morire in tempo di pandemia? Può significare che la
notizia, addirittura l’immagine di un padre senza vita, arrivi tramite
una call su Zoom; se si vive in continenti diversi e il lockdown
inchioda il mondo intero alla propria abitazione, può significare anche
attendere spasmodicamente la riapertura degli aeroporti per poter
raggiungere la città natia e celebrare finalmente l’indispensabile rito
del funerale. La Chimamanda che apprende della morte improvvisa del
padre per una malattia silente è la bambina inconsolabile del suo
amatissimo papà, ma è anche la donna che vive a cavallo di due mondi,
con le loro enormi differenze nell’avvicinare le fasi piú salienti
dell’esistenza umana; è la scrittrice che medita sul senso dei rituali; è
la femminista che vorrebbe sottrarre la madre a quelli piú umilianti,
ma al contempo si rende conto del loro potere catartico. Il lutto è
violento e fisico, è un ladro che strappa via i ricordi lasciando paura e
furia. Eppure porta con sé un monito che in qualche modo spinge avanti:
«Una voce nuova si fa strada nella mia scrittura, carica della
vicinanza che avverto con la morte, della consapevolezza capillare e
acutissima della mia stessa caducità. Un’urgenza nuova. Un senso di
incombente precarietà. Devo scrivere tutto adesso, perché chissà quanto
tempo mi resta».
«The New York Times Book Review»
Il libro
La morte improvvisa dell’amatissimo padre nel giugno 2020, in piena pandemia, getta Chimamanda Ngozi Adichie in uno stato di rabbiosa prostrazione. Le consuete parole della consolazione la irritano, il formalismo dei riti la esaspera, il dolore la dilania. Ma i suoi pensieri e le sue sensazioni, l’analisi dei diversi modi di affrontare il lutto, quello nigeriano e quello occidentale, diventano occasione per una lucida e penetrante meditazione sulle cose ultime, oltre che un canto d’amore per colui che per primo le ha insegnato a non temere il giudizio degli uomini.
Cosa significa morire in tempo di pandemia? Può significare che la notizia, addirittura l’immagine di un padre senza vita, arrivi tramite una call su Zoom; se si vive in continenti diversi e il lockdown inchioda il mondo intero alla propria abitazione, può significare anche attendere spasmodicamente la riapertura degli aeroporti per poter raggiungere la città natia e celebrare finalmente l’indispensabile rito del funerale. La Chimamanda che apprende della morte improvvisa del padre per una malattia silente è la bambina inconsolabile del suo amatissimo papà, ma è anche la donna che vive a cavallo di due mondi, con le loro enormi differenze nell’avvicinare le fasi piú salienti dell’esistenza umana; è la scrittrice che medita sul senso dei rituali; è la femminista che vorrebbe sottrarre la madre a quelli piú umilianti, ma al contempo si rende conto del loro potere catartico. Il lutto è violento e fisico, è un ladro che strappa via i ricordi lasciando paura e furia. Eppure porta con sé un monito che in qualche modo spinge avanti: «Una voce nuova si fa strada nella mia scrittura, carica della vicinanza che avverto con la morte, della consapevolezza capillare e acutissima della mia stessa caducità. Un’urgenza nuova. Un senso di incombente precarietà. Devo scrivere tutto adesso, perché chissà quanto tempo mi resta».