IL COLORE VIOLA
ALICE WALKER
SUR
Traduzione di Andreina Lombardi Bom
Pagine 346 £18
In libreria dal 3 ottobre 2019
SINOSSI
Al suo primo apparire, nel 1982, Il colore viola conquistò il pubblico e la critica americani per il candore con cui affrontava temi universali come il razzismo, la violenza di genere, la sessualità femminile, vincendo l’anno successivo il Premio Pulitzer e il National Book Award e ispirando uno dei film più amati di Steven Spielberg. Riletto oggi, questo originalissimo romanzo epistolare sorprende ancora per la freschezza linguistica e l’invenzione narrativa, per i suoi personaggi eccentrici e imperfetti, e per la disinvoltura con cui – sfidando le convenzioni letterarie – riesce a immergere una semplice saga familiare nei contorni drammatici della Storia e in quelli magici del mito.
RECENSIONE
Nel lontano 1982 Alice Walker raccontò al mondo, e spiegò all'uomo bianco, in che modo una donna nera cresciuta nel Sud degli Stati Uniti, tra gli orrori della segregazione razziale e gli abusi del patrigno prima e del marito poi, possa tornare alla vita e realizzare se stessa. Lo spiegò con un romanzo, intitolato Il colore viola, che all'epoca destò scandalo per il linguaggio, i temi e il modo in cui ha sbattuto in faccia ai lettori una quotidianità fatta di maltrattamenti e violenze che accomunavano milioni di donne nel mondo.
IL 3 ottobre, il romanzo, vincitore nel 1983 del Premio pulitzer per la narrativa e del NationalBook Award, la Walker fu la prima scrittrice afroamericana a entrambi i riconoscimenti, viene ripubblicato in Italia dall'editore SUR con la nuova traduzione di Andreina Lombardi Bom.
Il colore viola segue la vicenda di Celie, una ragazza afroamericana rimasta incinta per due volte in seguito agli stpri del patrigno, dall'adolescenza fino all'età adulta. E' narrato in prima persona attraverso le lettere che la protagonista scrive a Dio e il carteggio con la sorella Nettie, tra i pochi ai quali Celie può confidare ciò che subisce e a cui può raccontare la sua vita, in particolare la scoperta e la difficile accettazione della propria omosessualità.
L'autrice chiede un favore allo spettatore, quello di identificarsi di essere solidale, di non uscire dalla casa in cui è stato invitato ad entrare, di non guardare fuori da quel mondo chiuso, spazio che contiene dinamiche diverse <<una in cui si nascondono le pulsioni emotive di donne sole, che la vita ha isolato, per caso e per errore, dai suoi giochi>>. E c'è molto di Celie, dentro quelle stanze, quei silenzi, quei corridoi, quegli sguardi, quello scorrere di condizioni sociali marginali sia perchè l'aborto non è legale. Come in uno specchio si riflette l'esperienza di giovani donne bruscamente trasformate dagli abusi degli uomini.
Nel magma di esistenze difficili in cui la vita è tutta da sfidare per il raggiungimento dell'uguaglianza. Quando ci si riferisce al <<raggiungimento dell'uguaglianza>>, mi viene spontaneo chiedere: quale uguaglianza? Non c'è nessun modello virtuoso nella società americana che valga la pena seguire. Sarebbe già una conquista sentirsi al sicuro in un luogo pubblico. Invece, abbiamo uomini armati in giro per le strade pronti a fare stragi. Mentre per i neri la povertà aumenta, ricche famiglie bianche pagano il college ai loro figli viziati.
Lungo la traiettoria di questa <<strada>>, piena di ombre, pietas e rigore, il libro mette al centro non solo la questione della schiavitù, ma anche il corpo della donna: corpo gravido, corpo esibito, offerto e punito, oppure il corpo negato e occultato.
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