La prima volta che Dante Airone entra in casa Caltabellotta sente che è un punto di arrivo nella sua vita. Viene accolto in casa con grande simpatia e quindi comincia ad andarci una volta alla settimana, poi due e infine tutte le sere. Conversa, suona, fa scherzetti e gentilezze. Però si accorge a un certo punto Greta sparisce, non c'è quasi mai, cominciano a dire che non sta bene o che è andata col padre a fare una commissione. Una volta dicono che è andata a trovare una zia a Roma, ma per un caso Dante se la trova davanti attraversando una stanza. Dopo questo equivoco di cui Greta non è dispiaciuta ma solo irritata (e lui questo non lo comprende perchè è convinto che Greta debba ricambiare per forza il suo amore), la <<suocera>> decide di parlare a Dante. Gli dice che sta compromettendo sua figlia e lui è sul punto di dire: <<Sì, è vero>>, e dichiararsi, ma è preceduto di un attimo dalla donna: <<Lei sta compromettendo la mia figliola>>. Dante è stupefatto, la signora Sveva gli chiede di diradare le visite per un pò, ma lui si inalbera e decide di non presentarsi più in quella casa, almeno per un periodo: vuole mettersi alla prova, e vuole capire se è vero quello che ha intuito. Greta è innamorata di lui, e a ripensarci gli sembra vero; ma soprattutto, la signora Sveva e le figlie hanno una strategia: fargliela sposare. Fargli sposare non già Greta, ma quella ragazza strabica secondogenita. Così, sera dopo sera soffre, ma non ci va più. Passa sotto le finestre, vede le luci accese, si fa forza e prosegue. Maggio s'era intrufolato nel salotto Caltabellotta con l'invadenza di un ospite indesiderato e quando Greta vi entrò, sul volgere del pomeriggio, a colpirla fu soprattutto la leggerezza della luce, quella morbidezza ultramarina che cesellava contorni e sparpagliava ombre tra le cose. Nel vano della finestra la figura della madre era risalita da un grappolo di riflessi sottili, vividi fin sulle bande compatte dei capelli corvini. Il riverbero, spezzato dalla silhouette ossuta di Donna Sveva - la moglie del ricco socio di suo padre - pareva trasportare altrove entrambe: lontano dalla vasta camera oblunga in cui la padrona di casa, l'ultima edizione de <<Le Figaro>>, aperta sul grembo, gli occhialetti da lettura in punta di anso, governava con nervosismo il timone della conversazione. Argomento del giorno era la nuova esposizione voluta da Napoleone III, del pittore Edouard Manet, autore del chiaccherato "Le dèjeuner sur l' herbe". <<Indecente>> sbuffava, spostando il volto smunto prima da una parte, poi dall'altra. Non capisco come facciano a definire arte qualcosa di così vergognoso, ripetè. Succedeva ogni volta che perdeva le staffe, quando la furia che la ingorgava il petto e si trasformava in affanno sotto la veste ruvida. <<Michele>> chiamò, adagiando le lenti sul secrètaire e indicando con un cenno il marito che le stava di fronte. <<Michele>>, accordò quella <<per favore, seguitemi di là>>. Lo sguardo mite della domestica mostrò la porta alle spalle degli uomini, in attesa che la coppia Caltabellotta ristabilisse la giusta distanza, che indietreggiasse lasciando gli adulti liberi di conversare. Qualcuno tossì, e il brusio cessò di colpo. Michele finalmente usciva. Un attimo dopo la porta si richiudeva sullo scandalo allettante di quei discorsi materni. Dante aveva sperato di riallacciare i rapporti con Greta, di scoprire finalmente cosa le avesse fatto abbandonare la sua amicizia e di avere la possibilità di scusarsi se fosse stata colpa sua. Ma quando si incontravano in pubblico, Greta continuava a guardare oltre, con lo stesso freddo disprezzo che manifestava quando era in compagnia. Come se non l'avesse mai conosciuto, come se non avessero mai condiviso nulla. Quando la vedeva, Dante provava una sensazione di vuoto denso e dolente, un vuoto che conteneva moltissime cose. Moriva dalla voglia di riferire agli altri che Greta, la sua amica di un tempo, aveva accettato la sua dichiarazione. Dante sentiva ancora la sua mancanza, si interrogava ancora su di lei, si chiedeva cosa fosse andato storto e se gli altri si facessero le stesse domande. Poi però concludeva che, se agli altri fosse importato, glielo avrebbero chiesto loro. Non c'era motivo di riaprire la ferita se tutti gli altri preferivano lasciar perdere. Dante era distrutto, confuso, disorientato. Non riusciva a pensare a nient'altro; eppure, per quanto a lungo e intensamente pensasse a Greta, non arrivava mai a capirla fino in fondo. Inoltre, mentre tentava di richiamare alla memoria qualche ricordo dell'amica, si rese conto di non essere mai riuscito a capire fino in fondo neanche sè stesso, di non essere mai arrivato a toccare qualcosa di sè che gli paresse totalmente vero o reale. Comiciò a chiedersi se dentro avesse davvero qualcosa. Forse era un uomo vuoto.
PagineCOPYRIGHT - https://labibliotecadikatia.blogspot.com di Caterina Buttitta
venerdì 15 luglio 2022
Diario delle vacanze 2022. Racconto 6. Titolo: "La coscienza di Dante".
Buongiorno. Diario delle vacanze 2022. Racconto 6. Titolo: "La coscienza di Dante". Opera di Edouard Manet, autore del chiaccherato "Le dèjeuner sur l' herbe". "La colazione sull'erba".
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