martedì 12 novembre 2019

RECENSIONE #121/19 LA META' DEL CIELO by ANGELO FERRACUTI - MONDADORI

 La metà del cielo

by Angelo Ferracuti
pubblicato da Mondadori 
Pagine 207
  € 18

 
SINOSSI

Dentro la piccola comunità di un borgo dell'Italia centrale, dentro l'incombente senso di vuoto che segue la stagione felice dell'amore e dell'impegno politico, dentro le piccole cose della vita famigliare entra la grandezza devastante della morte. Patrizia, la moglie di Angelo, muore a soli 42 anni. Lui, ossessionato dai fallimenti, economici e morali, si muove incerto nel nuovo presente. Son passati dieci anni ma la memoria torna alla malattia, a come si è manifestata, a come ha dettato il suo protocollo. La narrazione mescola, per piani sfalsati, l'esperienza del dolore e quella della ricostruzione, l'apparire di una nuova figura femminile e l'asfissia provinciale, le fughe, i ritorni e la smemorante esperienza alcolica.
 
RECENSIONE 
 
Il romanzo "La metà del cielo" di Angelo Ferracuti è un metro per l'elaborazione del lutto, è l'attraversamento di un dolore e un tentativo di ricostruzione del momento in cui, in un pomeriggio prenatalizio, mentre passeggio (ignaro di quello che sta per accadere), per la piazza principale di una città cupa e deserta della provincia marchigiana, riceve una chiamata sul cellulare, e la figlia che gli comunica la morte della mamma.
"Babbo, mamma è morta, ha smesso di respirare poco fa, torna a casa".

La morte fa parte del pacchetto. Poi viene la furia. E poi, in seguito, il senso di solitudine.

"La vita che cambia in fretta, senza preavviso", e questo libro è il resoconto di quell'anno, del tentativo di venire a patti con il modo repentino in cui la vita è stata stravolta.

Così per il protagonista di questo libro, che è un romanzo e un memoir. Ferracuti resta scrupolosamente attaccato alla realtà, e si innescano quelle strategie di sopravvivenza per accettare il dolore, la scomparsa, la perdita. Ai fatti, si assegna la lingua dell'ospedale, dei farmaci, del protocollo a cui è sottoposta Patrizia, morta a 42 anni. Di quel mondo di vedovo del 2007, resta un uomo che si aggira in pantofole e vestaglia per casa, sembra un principe caduto in disgrazia, in un posto spopolato dove: 

"In un posto spopolato dove neanche il rumore degli elettrodomestici aveva voce".

Mentre le figlie continuano a vivere la loro vita escono vanno al mare, rientrano a casa, per poi uscire ancora:

" Dormivo da solo, mangiavo da solo, solo guardavo la televisione. La casa era ormai da molto tempo la mia fredda prigione dei ricordi".

Una prigione dove, il ricordo della perdita della moglie che indossa il vestito di cotone a fiori neri, un abito che al tatto il vestito sembra avere un'anima quando Angelo ne annusa il suo profumo, e ricorda di lei, di quando lo indossava in vita, mentre la radio parla del cannibale di Rotenburg.

Ferracuti si lascia travolgere dal dolore, immergendosi nell'alcol. 

"... pensai a quante volte avevo vagato di notte per l'appartamento ubriaco, quante volte, rientrato barcollante, alticcio e con gli occhi lucidi, mi ero spogliato sopra quel divano che vedevo anche adesso, e avevo incrociato lo sguardo di mia moglie da una foto su uno scaffale della libreria".

Ritornano in superfice i ricordi, le liti, la crisi, la complicità, in una piccola città che sembra ogni giorno più angusta.

"... misura umana" della provincia, diventa più competitiva e cattiva.

Scavando nel proprio passato: il fallimento che lo accomuna al nonno Angelo (lo stesso nome e lo stesso cognome), finito protestato negli anni Trenta per essersi fidato di un cognato non troppo onesto, i parenti che spariscono, il nonno che esce matto al manicomio e si suicida gettandosi dal terzo piano:

"Per anni non avevo messo piede in banca, le mani fetide degli impiegati, le banconote persino, gli assegni e i bonifici li detestavo parecchio. Alle manifestazioni politiche degli anni Settanta le vetrine degli istituti di credito erano le mie preferite, ci lanciavo contro tutta la mia rabbia insieme ai sassi pesanti.

Dire la verità significa anche raccontare dei fallimenti, delle liti, delle sconfitte, dei sogni traditi. Tutti questi prodotti di fattori si sciolgono quando arriva una storia clandestina e la menzogna prende il sopravvento sull'aggressività. Eppure racconta Angelo, quel suo accompagnare la malattia di Patrizia sino alla morte, non l'ha abbandonata e seguito fedelmente il suo cammino. Ed ora ricontatta l'ancologa alla Sfinge per conoscere quella parte di racconto che manca di :

".. quei giorni vissuti con il vento contro", per "... sapere di più e meglio come è andata davvero".

Nella lettura del romanzo, conosciamo la Patrizia giovane, bella, ribelle, appassionata.

"... Una di quelle che lasciano il segno", di contro Angelo ricompone la sua storia: la militanza, la breve attrazione, subito rifiutata, verso la lotta armata, ci sono i viaggi, il matrimonio, la luna di miele in tenda canadese, l'incontro con Oslo con l'amico poeta-operaio Luigi Di Ruscio: 

"Ci sono foto di allora. Mi è capitato spesso di guardarle e ogni volta ho pensato che dovevamo essere stati molto felici noi due, ma non avrei saputo dire come e perchè".

Dieci anni dopo la morte di Patrizia, Angelo, lascia la casa e va a vivere con la seconda moglie Alessandra:

"Le mie camicie, le scarpe con le stringhe, molti dei miei libri migliori sono a casa della moglie della mia seconda vita, Alessandra, nel centro storico, dove mi sono trasferito".

Quasi a voler mettere una distanza fra ieri ed oggi. Nelle pagine finali Ferracuti annota di aver cominciato a scrivere il romanzo, un anno prima della morte della moglie, poi con il tempo ha cambiato più volte forma tanto da non voler più pubblicare il libro. Ora il momento è arrivato:

"E' anche un modo per staccarmene, far uscire questa massa di storie e destini dal mio corpo, cercare di pacificarmi con la memoria affollata di quella vita che non c'è più".




 

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