giovedì 19 maggio 2022

RECENSIONE "SONO FAME" DI NATALIA GUERRIERI - PINGUIN EDITORE

Età difficile. Il mio digiuno in una Città Carnale? Ma poi?

Caterina Giuseppa Buttitta

Sono fame

Natalia Guerrieri
pubblicato da Pidgin Edizioni 

Collana Ruggine

Pubblicato 10/05/2022

Pagine 260 - Euro 15,00

 

 

 

 

 

Il libro

Nella capitale tentacolare, insaziabile catalizzatrice delle logiche della prevaricazione, le "rondini" schizzano da una zona all'altra per portare ogni genere di cibo ai clienti che aspettano affamati dietro porte socchiuse. Chiara è una di loro: le sue giornate sono scandite da una chat sempre attiva attraverso cui ogni suo gesto viene monitorato, le sue ali sono braccia smagrite che la portano in appartamenti asfittici, loculi semibui, esponendola a situazioni paradossali e a tratti surreali. In attesa di un impiego migliore, fra rapporti incompiuti, simbiosi malsane ed echi del suo passato, si piega a uno sfruttamento continuo della sua psiche e del suo corpo, finché alcune rondini non iniziano a scomparire, divorate dalla famelica città. Attraverso una scrittura tagliente e immagini grottesche, "Sono fame" fa a pezzi la realtà che conosciamo per ripresentarla con un aspetto inconsueto e straniante.  

RECENSIONE 

Il nuovo romanzo di Natalia Guerrieri Sono Fame, pubblicato da Pinguin Editore, affronta un tema cruciale, sì che resta al lettore l'impressione di un'aura più che il ricordo di sensazioni ed episodi messi a fuoco; l'aura che hanno le cose determinanti di un'esistenza, talvolta troppo importanti o traumatiche per essere dette fino in fondo. Ecco che infine, in Sono Fame, questo lungo ciclo ha termine: l'evitamento lascia il campo alla <<cosa>>, cioè al cibo e ai comportamenti correlati.

Nel romanzo il cibo è rappresentato nella sua alterità di oggetto, quasi come nutrimento, lasciava sulle pagine di vita di Chiara protagonista del romanzo, le tracce di una presenza perturbante: poteva attirare talvolta l'interesse del personaggio con il suo colore e un momento dopo disgustarli per la consistenza o per il sapore; mai, in ogni caso rivelarsi elemento innocuo o neutro. 

Chiara è una ragazza vive a Roma ed è una rondine – una delle decine, centinaia di rider che ogni giorno consegnano pizze, panini, kebab e qualsiasi tipo di cibo d’asporto. Chiara, mentre le parole si accumulano e scorrono le pagine, ha sempre meno fame, al contrario della città che, intorno a lei, non è mai sazia ed è sempre vorace. Una città che la fagocita.

Un giorno Chiara, decide di opporsi al mondo che conosce,  rifiutandone in primo luogo la pesantezza e decidendo, non tanto magra, ma <<leggera, invisibile>>, come una libellula, esseri nati dall'acqua e destinati all'evanescenza. E' sicura e determinanta nella scelta.

Nei primi tempi impariamo a conoscere la forma della sua alleanza morale e biologica con la Città Carnale. Forte all'inizio, oppone una forma di resistenza che sembra ottundimento ma in realtà è strenua coerenza ideologica. Nel frattempo si definiscono le forme del luogo che le ospita: emergono il parco folto di vegetazione; il lago che è come un essere indefinito e misterioso; <<i corridoi dei sogni, dei languori>>; le strade fatte di tedio; la sala per i pasti, dove il cibo talvolta viene gettato a terra, finendo per risaltare, sul pavimento, nella sua oscena esteriorità di cosa. Rumori attenuati, sospiri, gocce che cadono. Un'atmosfera neocrepuscolare, scossa di tanto in tanto dal sapore aspro del sesso.

Le percezioni suggerite da questa scrittura sono così acute da sembrare alterate, ingigantiscono i dettagli, amplificano i rumori più impercettibili, attirano l'attenzione su un odore che improvvisamente si prende il centro della pagina.

Per buona parte del libro il tono resta cupo, e il finale sembra inevitabile. Poi improvvisamente qualcosa cede, e le pagine cambiano umore, finchè il percorso si inverte: se si è dannata, forse riemergendo come individuo potrà salvarsi.

Il lettore sarà il testimone della nuova alleanza tra la protagonista e il cibo. I dialoghi sono sospesi, talvolta deboli, nella  loro assurdità adolescenziale. Il confine in Sono Fame, è la capacità descrittiva dell'organico di cui è fatta la vita, nell'udito attento a scovare il senso della storia.

Nessun commento:

Posta un commento