martedì 25 febbraio 2020

RECENSIONE #30/2020 IL TRENO DEI BAMBINI by VIOLA ARDONE - EINAUDI STILE LIBERO

A volte dobbiamo rinunciare a tutto, persino all'amore di una madre, per scoprire il nostro destino. Nessun romanzo lo aveva mai raccontato con tanto ostinato candore.

Il caso editoriale italiano dell'ultima Fiera di Francoforte, in corso di traduzione in 25 lingue.

 
VIOLA ARDONE

 IL TRENO DEI BAMBINI
Stile Libero Big
pp. 248
€ 17,50

Il libro

È il 1946 quando Amerigo lascia il suo rione di Napoli e sale su un treno. Assieme a migliaia di altri bambini meridionali attraverserà l’intera penisola e trascorrerà alcuni mesi in una famiglia del Nord; un’iniziativa del Partito comunista per strappare i piccoli alla miseria dopo l’ultimo conflitto. Con lo stupore dei suoi sette anni e il piglio furbo di un bambino dei vicoli, Amerigo ci mostra un’Italia che si rialza dalla guerra come se la vedessimo per la prima volta. E ci affida la storia commovente di una separazione. Quel dolore originario cui non ci si può sottrarre, perché non c’è altro modo per crescere.
«Un romanzo appassionante e scritto benissimo. La storia di questo bambino del dopoguerra, della sua lotta per la sopravvivenza e l’amore, tiene incollati alle pagine».
Marion Kohler, DVA-Penguin, Germania
«Originale, emotivo, di grande qualità letteraria. Un libro che tutti dovrebbero leggere».
Anne Michel, Albin Michel, Francia
«Uno splendido romanzo. Viola Ardone ci fa riflettere, con delicatezza e maestria, su come certe decisioni possano cambiare per sempre la nostra vita».
Elena Ramírez, Seix Barral, Spagna


VIOLA ARDONE




Viola Ardone (Napoli 1974) insegna latino e italiano al liceo.




 RECENSIONE

Il protagonista del romanzo di Viola Ardone è Amerigo, un bambino povero dei vicoli di Napoli, vive insieme alla madre, anche se spesso in casa sua si aggira un signore che li fa lavorare per dare loro un pò di soldi, e che si chiude in camera da letto con la madre.

La donna un giorno porta Amerigo a fare il colloquio per partire con il treno dei bambini, perchè la speranza è più forte di tutti i timori, e le condizioni che vivono qui spingono a rischiare di essere vittime della leggenda. 

Il romanzo è attraversato da scene potenti, come quando: alla stazione i bambini, che stanno per partire, si tolgono i cappotti e li lasciano alle madri, perchè qualcuno ha suggerito loro che se vanno via senza, poi glieli procureranno, e quindi questi cappottini lisi e rivoltati possono essere lasciati ai fratellini che restano. Amerigo sarà testimone dello strazio di vedere famiglie che prelevano altri bambini.

Resterà poi l'ultimo, il più piccolo, il più gracile, assegnato ad una zitella che non sa bene come ci si comporta con un essere umano di quell'età. Amerigo è stato fortunato, la famiglia assegnatagli a cibo in abbondanza, scoprirà che esiste il cibo abbondante, i rapporti familiari, le carezze di una nuova madre, una scuola, qualcuno che ti insegna la musica che coltivi passione: ma il problema sta nel fatto, che prima o poi tutto questo fnirà, e Amerigo come tutti gli altri bambini, devono ritornare a casa, la casa dalle quali erano partiti in cerca di un futuro migliore.

In un gioco di specchi Amerigo paragona ciò che ha trovato da ciò che ha vissuto prima di prendere il treno. Adesso è in grado di capire che la madre lo vuole tenere (dentro quella realtà), e lui vuole altro. Fa ancora parte di quella vita, e allo stesso tempo non riesce più a farne parte. L'unica pecca è il nodo che il libro fatica a sciogliere è quello della lingua che risulta faticosa e artificiale, a volte perfino un ostacolo alla fluidità del racconto.

Per ora, si resta concentrati su Amerigo, che sale sul treno dei bambini e sradica dolcemente le sue radici, che è uno dei modi per diventare adulti.

Nessun commento:

Posta un commento