A ciascuno il suo
Adelphi
€ 18,00
In copertina
Duilio Cambellotti, particolare della decorazione parietale della Sala del Camino (1933), Palazzo del Governo di Ragusa.
Il libro
Pubblicato
nel 1966, e oggi tradotto in tutto il mondo, questo romanzo
dell’oscura, crudele Sicilia è universalmente considerato una delle
maggiori imprese narrative di Sciascia. Sobrio, amaro, sottilmente
sarcastico, e insieme netto e preciso nei contorni, racconta la storia
di un farmacista che «viveva tranquillo, non aveva mai avuto questioni,
non faceva politica», e un giorno riceve una lettera anonima che lo
minaccia di morte. Da questo punto in avanti tutta la realtà comincia a
traballare, e il sospetto, l’insinuazione e il sangue dominano la realtà
del paese, nell’entroterra siciliano. Tutta l’arte di Sciascia sta
nell’aggrovigliare e dipanare, volta a volta, questa matassa. Nulla
sfugge al groviglio, e alla fine vi rimarrà soffocata proprio la figura
dell’investigatore disinteressato, dell’osservatore lucido, il quale,
quanto più indagava, tanto più «nell’equivoco, nell’ambiguità,
moralmente e sensualmente si sentiva coinvolto».
RECENSIONE
Denuncia civile e disincantata consapevolezza della profondità dei mali che affliggono il nostro Paese sono le caratteristiche inseparabili della lunga e feconda carriera letteraria di Leonardo Sciascia, uno scrittore italiano nato a Recalmuto, in provincia di Agrigento, nel 1921 e che proprio sul finire degli anni Cinquanta si rivelò al pubblico, proprio quando si cominciava a prendere coscienza sia del nuovo sviluppo industriale che del permanere delle vecchie ingiustizie.
Il giorno della civetta e A ciscuno il suo, rispettivamente del 1961 e del 1966, si pongono in una zona intermedia tra opera di invenzione e saggio storico, tanto sono precisi e credibili i riferimenti a fatti e ambienti portati alla ribalta da alcune coraggiose denunce giornalistiche su quel fenomeno di criminalità organizzata noto come <<mafia>>.
Sciascia racconta due storie assolutamente verosimili in cui sul banco degli accusati non sono soltanto i vecchi capi dell'onorata società, ma soprattutto i loro complici politici, quelli senza di cui la mafia delle compagne non avrebbe potuto sopravvivere e ramificarsi nella città in febbrile espansione edilizia.
Peraltro, la forza di Sciascia non è solo in quello che dice (che pure non è merito secondario) ma in un modo di raccontare che fa appello continuamente all'intelligenza del lettore, sia con la struttura tipica del giallo, sia per un'ironia pungente e sarcastica rivolta verso il mondo ipocrita di una classe dirigente incapace di coraggio.
Ne Il giorno della civetta era un capitano dei carabinieri a scontrarsi con il sistema di potere guidato dai salotti politici governativi; qui tocca a un oscuro professore di provincia imbattersi in un delitto che lo appassiona all'inizio quasi come un rebus di enigmistica e che si risolve in una terribile trappola quando si toccano certi legami pericolosi.
La frase unicuique suum (=<<a ciscuno il suo>>, in latino), è notata dal professor Laurana sul retro dei caratteri tratti da un giornale, usati per scrivere una minaccia di morte al farmacista Manno. Quando questi viene ucciso insieme al dottor Roscio in una partita di caccia, a Laurana viene in mente che il giornale su cui viene scritta quella frase è L'Osservatore Romano, l'organo del Vaticano. Cominciano così delle indagini che portano il professore assai vicino alla verità, che viene confermata, nel primo dei brani che presentiamo, proprio dalla vedova del dottor Roscio.
Ma l'appuntamento al Caffè Romeris la signora non si presenta e il professore subito dopo sparisce: le indagini sulla sua scomparsa vengono riportate nel secondo dei passi del libro.
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