Dallo scrittore Premio Nobel per la Letteratura
Alma
J.M.G. Le Clezio
Rizzoli
La scala
20 €
288
16/02/2021
Il libro
Il pretesto che dalla Francia porta Jérémie Felsen a Mauritius è
un sasso, perfettamente rotondo, appartenuto al padre, ma sotteso al
viaggio c’è un bisogno antico di entrare in quell’isola lontana dove la
sua famiglia, e tutti i suoi antenati, hanno vissuto. Su questo pezzetto
di terra già mezza affondata dai traffici moderni, approdo dolce per il
turista desideroso di lidi azzurri, Felsen si incammina in cerca di chi
ha storie meno lievi da raccontare, di chi si muove con grazia tra i
rumori sottili della foresta, di chi ancora ricorda che un tempo questo
territorio era il regno incontrastato del dodo, uccello buffo e inadatto
al volo, sterminato dai coloni.Romanzo di abbagliante bellezza, sorta
di omaggio al luogo in cui lo stesso Le Clézio è nato è cresciuto, Alma è
un avvicendarsi di quadri struggenti e voci solo apparentemente
svigorite, ed è un memento. Perché sulle stesse spiagge che oggi
accolgono i surfisti c’è stato un tempo, l’epoca d’oro della
coltivazione della canna da zucchero, in cui “uomini, donne, ragazzini
venivano scaraventati sulla sabbia, barcollanti, il corpo coperto di
piaghe, tremanti di febbre e di paura, gli occhi strabuzzati per lo
sgomento davanti al più bel paesaggio del mondo che presto sarebbe stato
la loro tomba". Il mare di Mauritius, suggerisce Le Clézio, è un pezzo
della nostra storia da cui serve farsi straziare.
J.M.G. Le Clezio
è nato nel 1940 a Nizza. Nel 2008 gli è stato conferito il premio Nobel
per la Letteratura, con la seguente motivazione: «Scrittore di nuove
partenze, di avventura poetica, di estasi dei sensi, esploratore di
un’umanità al di là e al di sotto della civilizzazione regnante». Il
catalogo BUR ospita gran parte dei suoi romanzi dagli anni Sessanta a
oggi.
RECENSIONE
Navigare è una metafora, perchè in mare ci siamo tutti. Il romanzo di Le Clezio, esprime il carico di sofferenza che si portano dietro chiunque sia costretto a lasciare il proprio Paese e ad affrontare i rischi della traversata su imbarcazioni di fortuna, un'imquietudine universale, che travalica i confini storici e geografici. In questa isola Alma, i sogni e l'ombra sono i migliori compagni.
Qui, su quest'isola, si sono mescolati tempi, sangui, vite e leggende, le avventure più celebri e gli istanti più ignoti, marinai, soldati, rampolli di buona famiglia e anche, contadini, operai, domestici, senza terra. Tutti questi nomi che nascono, vivono, muoiono, continuamente sostituiti, portati di generazione in generazione, una schiuma verde che ricopre uno scoglio semiemerso e scivola verso una fine tanto imprevedibile quanto inevitabile.
L'oceano si infilava dappertutto, la sua lingua trascinava con sè tutto ciò che poteva strappare, lacerare e portarsi via (...). Tanta acqua da far pensare che l'isola sprofondasse in mezzo al mare, e in effetti era diventato un mare, con una rara isola che emergeva qua e là dove prima cì'era il mondo.
Nel romanzo di Le Clezio, agiscono due forze: quella della natura e quella dell'amore degli abitanti in ostaggio dell'isola. Durante la lettura del romanzo, ho provato ad immaginare la strategia di ciascuno per sopravvivere, che cosa accade se viene a mancare ciò a cui siamo abituati, a partire dal cibo e dall'acqua potabile.
I nomi sono la polvere cosmica che mi ricopre la pelle, di cui sono cosparsi i miei capelli, nessun soffio può liberarmene. Di tutti questi nomi, di tutte queste vite, sono i dimenticati che mi stanno più a cuore, gli uomini e le donne che le navi hanno rapito al di là dell'oceano, che hanno scaraventato sulle spiagge, abbandonato sui gradini scivolosi dei docks, poi alla sferza del sole e ai colpi di frusta. Non sono nato in questo Paese, non ci sono cresciuto, lo conosco appena, eppure in me avverto il peso della storia, la forza della sua vita, una specie di fardello che mi porto dovunque vada. Il mio nome è Jèrèmie Felsen. Prima ancora di pensarci, avevo iniziato il viaggio.
Le cicatrici di un'isola catturata dalla luce ha il potere di sconvolgere l'anima. Un'insieme coerente di immagini chiare, che trasmettono un significato magico ed edificante. Un'emozione piena di umanità.
Mio padre era, come si dice oggi, un emigrato della "diaspora", parola che non gli ho sentito pronunciare, esattamente come <<esilio>>.
Si arricchisce il filone letterario, su quale sia la migliore forma per occuparsi, in letteratura, di un tema ritenuto difficile, angosciante, eppure urgente su un presente lacerato. Il romanzo Alma di Le Clezio, non parla affatto del futuro, ma è completamente ancorato al nostro presente, insieme con quello, anch'esso attualissimo, della migrazione.
I rimpianti mio padre non li esprimeva a parole. Ma con gesti, oggetti, feticci. Come quel grosso sasso che si ostinava a conservare come una reliquia. Hai trovato un oggetto raro, è la pietra da ventriglio di un dodo. Visti il peso e le dimensioni, puoi immaginarti le dimensioni dell'uccello che portava questa pietra nel gozzo?
A partire da quel momento, ho saputo che nella mia vita quella pietra tonda avrebbe avuto un ruolo, e alla morte di mio padre è l'unica cosa che ho conservato. Qui il tempo smette di esistere. I secoli, hanno lavato, eroso, arato la terra, non possono esserci tracce. Non so che cosa aspetto, aspetto questo momento da molto tempo, dalla mia infanzia. Perchè riconosco questo odore? E' dentro di me da sempre, ereditato da mio padre, da mio nonno dai miei avi. E qui ho immaginato tante cose, o forse non ho capito niente, e la natura impietosa ha fatto il resto.
I turisti non vanno da nessuna parte, dove mai si potrebbe andare, su un'isola? Disegnano un ampio cerchio intorno ai quartieri, per ammazzare il tempo, per vivere l'avventura. Si fermano all'alba, quando tutto sarà esaurito, i soldi, le bottiglie di whisky e i sessi.
Sono nati sotto queste medesime stelle, gli schiavi fuggitivi ricordano la notte della loro infanzia, borbottano un incantesimo, una preghiera nella loro lingua. Un cielo senza nome, senza figure, senza scienza. Un cielo silenzioso che beve la loro vita, respira il loro fiato. E' questo mormorio che sentivano, i fuggiaschi, e anche gli uccelli, ogni mattina, un canto insieme d'angoscia e di speranza. Ai fuggiaschi, quel mormorio ricordava l'inferno delle navi che li avevano condotti fino all'isola prigione.
Un'isola e una natura che hanno già intuito il loro destini, e che i paradisi non sono eterni, che prima o poi il male arriva, ha le sembianze di avventurieri cupidi e affamati, il male è arrivato sull'isola e li ammazzerà tutti, fino all'ultimo. Oggi, dormite grossi uccelli, scivolate verso i sogni, chiudete gli occhi sul mondo, ed entrate nella preistoria, voi gli ultimi abitanti di una terra che non ha mai conosciuto gli uomini!
Avevo visto quello che volevo vedere, la tratta degli schiavi, là dove venivano scaricati continuamente, e poi trasportati nelle piantagioni per essere venduti ai loro padroni. Aditi una vecchia abitante del luogo mi invita a ritornare e aggiunge: <<Tu puoi ritornare quando vuoi. Tu, cacciatore di uccelli. Tu, il giustiziere.
Marginalità è il tema secolare, rendendo possibile una espressività forte, fatta di ritmo e di fisicità, ed evidenziando anche come i problemi di migrazione e di sradicamento, di violenza, risuonino nella letteratura, identici ai lor negli anni e nel dolore.
Si tratta di un dramma sul quale i protagonisti possono specchiare le loro vicende. Jérémie Felsen, ha camminato tanto, tantissimo, nascondendosi nella foresta. Sopravvivere era molto difficile. Scappavo sempre da qualcosa, ero solo, così mi sono addentrato sempre più nella foresta. Ci sono momenti in cui non ho voglia di ricordare quello che è successo e il periodo che ho passato nella foresta. Ha attraversato il deserto scampando alle bande di mercanti di schiavi che lo volevano vendere alla morte. Tra canti corali, quasi un tappeto sonoro costante, Jérémie Felsen, racconta, la sua storia ed essa si riflette creando un cortocircuito tra la sua vita, il vissuto, e quello del personaggio rappresentato, tra realtà e passato, tra letteratura e immaginario.
E' il finale? <<Una volta che si è stesa una coperta di sabbia e di cenere su migliaia di corpi anonimi, si coltiva l'oblio>>.