mercoledì 17 febbraio 2021

RECENSIONE "ISOLA DI SIRI RANVA" by HJELM JACOBSEN - IPERBOREA

 Un viaggio a ritroso verso l'unico posto che consideriamo casa.

Isola

Prima edizione: February 2018
pp. 256
Nazione: Danimarca
Traduzione di: Maria Valeria D'avino
Collana: Narrativa
Numero di collana: 290
Prezzo di copertina: € 17,00

«Siri Ranva Hjelm Jacobsen cattura il vago, l’indecifrabile, respira tra le parole, tra i personaggi, tra le generazioni. E cattura quel che c’è di più bello e di più doloroso: il rimpianto nel tempo.» Jón Kalman Stefánsson

 

Una giovane ragazza danese ha nostalgia di un’isola verde e impervia battuta dai venti del Nord, un’isola delle Faroe dove non ha mai vissuto ma che ha sempre sentito chiamare «casa», perché da lì emigrò la sua famiglia negli anni Trenta. Comincia così, dall’urgenza di riappropriarsi delle sue origini e di una cultura che ha ereditato ma non le appartiene, il suo viaggio di ritorno a Suðuroy, da cui nonno Fritz, pescatore dell’Artico, partì alla ricerca di un destino migliore, e nonna Marita, sognatrice irrequieta, fuggì verso il mondo e la modernità.

Un viaggio nella storia di una famiglia e di questo piccolo arcipelago sperduto nell’Atlantico, che è stato coinvolto nel secondo conflitto mondiale e nella guerra fredda e che ha lottato fieramente per una sua autonomia dalla Danimarca. Un viaggio nella memoria e nel mito che perdura in queste terre sospese nel tempo, tra le asprezze di una natura primigenia, dove ogni racconto di vita si colora di leggenda, dall’amore segreto tra Marita e Ragnar il Rosso, falegname filosofo e ribelle che chiama i gabbiani «i proletari del mare», alla roccia incantata nel giardino di zia Beate, che attira sciagure su chi prova a rimuoverla. 

Romanzo d’ispirazione autobiografica, scritto in una prosa poetica audace e distillata in immagini di rara forza evocativa, Isola è un canto d’amore alle Faroe e un racconto sulle ripercussioni intime dell’emigrazione, sul ruolo degli affetti e dei legami di sangue nell’identità di una persona, sul bisogno di radici o almeno di un’Itaca dell’anima, un posto che si possa chiamare casa.


RECENSIONE 

 Il pretesto che dall'Arcipelago delle Faroe, a nord dell'Atlantico, tra la Norvegia e l'Islanda. Un gruppo di isole di pescatori e pastori, battute dal gelo e dal vento: negli Anni'30, vediamo partire Maria, giovane donna, che spicca il volo verso nuovi orizzonti, verso la modernità, raggiungendo il fidanzato in Danimarca e lasciandosi alle spalle un pesante segreto. 

A raccontarci questa storia e quella della sua grande famiglia sarà la nipote, voce narrante di questo romanzo. Lei è cresciuta a Copenaghen, e dopo la scomparsa dei nonni, insieme ai genitori, torna in quei luoghi per avvicinarsi alle proprie radici. Ma sotteso al viaggio c’è un bisogno antico di entrare in quell’isola lontana dove la sua famiglia, e tutti i suoi antenati, hanno vissuto.

La ragazza si incammina in cerca di chi ha storie meno lievi da raccontare, di chi si muove con grazia tra i rumori sottili della foresta, di chi ancora ricorda che un tempo questo territorio era il regno incontrastato di una natura incontaminata, con il desiderio di capire il curioso senso di nostalgia che prova nonostante non sia mai vissuta su quella terra.

Romanzo di abbagliante bellezza, sorta di omaggio al luogo, l'Isola è un avvicendarsi di quadri struggenti e voci solo apparentemente svigorite, ed è un memento. Perché è un piccolo mondo chiuso, c’è stato un tempo, con una lingua distinta, un universo a sè in cui il tempo sembra quasi essersi fermato, uno spazio dove l'aspra natura si fonde con l'anima e il corpo di uomini, donne, ragazzini, alimentando miti e leggende, ospitando creature magiche e sfuggenti come le huldre, antiche regine dei boschi.

Andando a ritroso nella memoria, la protagonista ricostruisce la sua Odissea familiare, a partire dal nonno Fritz che non sopportando il freddo artico, la puzza di merluzzo e la pesca era fuggito per conquistarsi un destino migliore; i suoi due fratelli, uno bello come l'attore Cary Grant, l'altro di nome, Ragnar il Rosso, falegname ribelle, che invece aveva vissuto sull'isola tutta la sua vita, ma studiava la filosofia e la politica maxista. E poi le prozie, i loro figli, un mare di cugini, tutti legati fra di loro, non solo per questioni di sangue, ma ancor di più, per vivere in quelle terre impervie.

Entrambi i componenti della famiglia e i loro antenati, con gli occhi strabuzzati per lo sgomento davanti al più bel paesaggio del mondo che presto sarebbe stato la loro tomba". L'Isola di Siri Ranva,  suggerisce Hjelm Jacobsen, è un pezzo della nostra storia da cui serve farsi straziare.  

Citazione del libro

«Le isole più piccole possono nascere in una notte, e sparire in una notte. Laggiù, sotto il mare, tutte le terre emerse s'incontrano.»

 

 

 

 


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