sabato 6 gennaio 2024

VIRGINIA WOOLF - LA TAVOLA DI NATALE. CE LO RIVELANO LE LETTERE E LE PAGINE DEI SUOI ROMANZI.

COME SE LA CAVA LA FAMOSASCRITTRICE INGLESE AI FORNELLI?

CE LO RIVELANO LE LETTERE E LE PAGINE DEI SUOI ROMANZI, DOVE PRENDONO FORMA MUFFIN, PUDDING E DELIZIOSE CONFETTURE.

"Mia cara Violet, è stato un Natale un pò assurdo. Ascolta: mi ha svegliata un raggio di sole che giocava col mio naso, mi sono alzata, ho visto il cielo blu, i campi innevati ... Tra una mangiata di tacchino e l'altra siamo andati in giro per la foresta, che pare un quadro, colori netti e compiti, linee delicate, molti spazi bianchi". 

A introdurci nella tipica atmosfera natalizia inglese è Adelina Virginia Stephen, nota come Virginia Woolf, la scrittrice londinese nata il 25 gennaio 1882, scomparsa nel 1941. Nella casa di campagna, qual'era Monks House a Rodmell, nel Sussex, sulla tavola addobbata a festa non poteva mancare il tacchino, che Virginia e il marito Leonard amavano gustare nella versione tradizionale, con ripieno di fegato e castagne. 

In una lettera indirizzata all'amica Janet Case, datata 10 dicembre 1914, Virginia racconta inoltre di aver partecipato a una lezione di cucina presso la scuola di Victoria Street:  "A un'estremità della stanza ci sono dei marinai, e poi ci sono alcune signore dai capelli grigi molto colte e raffinate, con le mani infilate nel ventre dei polli, alcune molto eleganti, che sono  venute a perfezionare la loro conoscenza del consommè. Io mi sono distinta facendo cuocere la fede in un budino di grasso di rognone. E' davvero molto divertente". 

La pietanza cui si riferisce la scrittrice è il Christmas Pudding, l'elaborato dolce natalizio in stile british che richiede almeno due giorni di preparazione ed è composto da circa una ventina di ingredienti diversi.

Nei caldi  rifugi di campagna di Rodmel e Richmond, Virginia trovava la giusta concentrazione per leggere, pensare e scrivere, lontana dal trambusto e la mondanità londinese. Quando il suo umore, altalenante tra la depressione e l'euforia, volgeva per il meglio - testimonia Leonard - "Virginia trovava un grande piacere nelle cose di tutti i giorni, come mangiare, andare a fare spese, giocare a bocce". 

In questi frangenti s'alzava di buon ora, cucinava la colazione, impastava il pane da sè e usciva a far spesa secondo i principi di economia domestica vittoriana ricevuti dalla madre. Contrattava il prezzo delle uova, del latte, della selvaggina, per risparmiare il più possibile sulle materie prime, poi istituiva personalmente la cuoca e la cameriera in merito alle faccende domestiche. Quando, invece, sopraggiungevano i periodi bui, la scrittrice era infastidita dalla presenza delle domestiche; a ogni minimo rumore, Virginia montava su tutte le furie, minacciando licenziamenti. 

Le lettere indirizzate alla sorella Vanessa, anch'essa alle prese con i capricci delle governanti, accoglievano tutto lo sfogo di Virginia: "Andare a caccia di cameriere è una tale seccatura: e poi se ne andranno di nuovo tutte, suppongo". A differenza della madre Julia Stephen, che trattava con piglio vittoriano le sue domestiche, Virginia si sforzava di conciliare il suo bisogno di quiete con le numerose faccende di casa. Per questo sceglieva il personale e mostrava, accanto a un pizzico di snobismo di classe, sinceri segnali di libertà ed emancipazione. 

L'ambivalenza tra il modello vittoriano e la donna angelo del focolare è marcatamente presente nei romanzi della Woolf, dove la figura femminile è spesso rappresentata attraverso l'immagine della cuoca "materna". 

La signora Ramsay di Gita al faro, così come Susanna protagonista di Onde, veicolano in senso positivo il messaggio della perfetta donna di casa:"Vado alla credenza, prendo i molli sacchetti ripieni di succosa uva sultanina, spargo la farina pesante sul tavolo di cucina bello pulito. Impasto allungo, tiro, affondo le mani calde interiora della pasta. Faccio correre a ventaglio l'acqua fredda tra le dita. .. La carne è in forno, il pane sotto il panno pulito lievita, diventa una soffice cupola. Il pomeriggio vado giù al fiume, il mondo tutto è fecondo".

Nei romanzi Virginia sembra riconciliarsi con quella parte "pratica" della vita che mal s'accompagnava con il mestiere di scrittrice, che richiedeva silenzio e concentrazione. I continui battibecchi con la cuoca Nelly Boxall e la cameriera Lottie Hope avrebbero potuto costituire da soli la materia per un romanzo, tanto che Virginia stessa, tra le pagine del suo diario, accennò all'ipotesi. Il 10 ottobre 1940 Virginia e Leonard si ritrovano senza domestiche. La scrittrice, scrive: "Una cosa piacevole dopo l'altra: la colazione, lo scrivere, la passeggiata, il tè, le bocce, la lettura, i dolci, il letto ... Dimenticavo il pesce. Debbo inventare una cena. Ma è tutto così divinamente libero e facile: Leonard e io soli". 

In effetti, oltre  a cucinare e occuparsi dei conti e della spesa, Virginia mostrava una discreta conoscenza per la cucina, che traspare soprattutto dai romanzi in cui tra le parole dei commensali scivolano commenti e descrizioni di prelibate pietanze per la maggior parte inglesi o, ancor meglio, francesi. Esemplare in questo senso è il brano tratto da Gita al faro, dove Virginia commenta: "Quello che in Inghilterra passa per arte culinaria è un orrore. Consiste nel far nuotare i cavoli nell'acqua: nel togliere ai legumi la buccia squisita... con quello che una cuoca inglese butta via si manterrebbe un'intera famiglia francese".  

Cosa compare, invece, sulle tavole "letterarie"imbandite da Virginia Woolf? Cosciotto di agnello in salsa di menta, pollo alle spezie, crème caramel, uova e prosciutto, pollo alla cacciatora e salmone alla scozzese, boeuf en daube, salsa al rafano, muffin e crumpet, pudding, biksemal, fegato e bacon o la salsa di pane che accompagna carne arrosto e verdure bollite.

Attraverso il cibo la scrittrice caratterizza anche i suoi personaggi; l'omologazione sociale passa attraverso le vetrine che odorano di sandwich al prosciutto e salsa Worcester,  mentre la contessa "ben nutrita" sorseggia il tè delle cinque assaporando focaccine di spezie e uvetta sultanina e marmellata artigianale di more e albicocche.

Spostando l'attenzione sulla vita privata di Virginia Woolf, sappiamo che amava il pane fatto in casa e i dolci (i cioccolatini farciti, gelato, cioccolata in tazza), le fragole, i lamponi e le more del suo giardino, i funghi che si divertiva a cercare e le uova "calde e lisce" che raccoglieva personalmente nell'aia. Le piaceva il latte, che considerava un alimento puro e ancora genuino, e lo Champagne, i cui inebrianti effetti sono riassunti da Virginia, con stupefacente abilità letteraria, in un passaggio di Onde: "Sollevo il calice dal gambo sottile, sorseggio. Il vino ha un sapore drastico, astringente. Nel bere non posso fare a meno di trasalire: eccoli, i profumi, la luce, il caldo, tutti distillati in questo liquido giallo, infocato. Dietro la schiena, tra le scapole, un che di secco, di spalancato, si ravvolge dolcemente, e piano piano si addormenta. E' l'estasi, la liberazione".

 

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