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DI QUA DAL PARADISO DI F. SCOTT FITZGERALD, MINIMUM FAX
“Vi era una nuova generazione che lanciava
antiche grida...”. Un secolo fa esce “Di qua dal paradiso”: il romanzo
con cui Fitzgerald convinse Zelda a sposarlo (scandalizzando New York)
Il motto di Zelda inciso sotto la fotografia del college,
“Pensiamo all’oggi, senza preoccuparci del domani”, rispecchia la
poetica, l’estasi linguistica, del marito: freschezza, leggiadria.
Si conobbero a Montgomery, Alabama, in una sala da ballo, nel
1918: Zelda era disinibita, poco vestita, sapeva ballare come una dea.
In effetti, era idolatrata da frotte di ragazzi. Dicevano che amasse nuotare. Nuda. Viziata dalla madre, il papi, celebre magistrato, preferiva evitarla. Come si sa, Francis Scott Fitzgerald
veniva da Princeton, adorava gli alcolici, era bello, affamato di fama e
famelico di vita. Per impalmare Zelda puntò tutto sul romanzo. Il
titolo era buono – This Side of Paradise – la scrittura leggera
e cinica. La frivolezza nottambula si scontra con la notte della
storia: l’egotismo si lacera alla ghigliottina della solitudine.
Scribner’s rifiutò la prima redazione del libro, Zelda, che non
accettava un marito spiantato, rifiutò ‘Scotty’. Due due di picche in un
giorno. FSF passò settimane a ubriacarsi: rinsavì, eletto al
genio. Rielaborò il romanzo, Maxwell Perkins andò in estro, il libro,
edito un secolo fa, Di qua dal Paradiso, ebbe un successo clamoroso. Fitzgerald, allora, si presentò da Zelda, con rose e assegni:
lei, a quel punto, si donò con civettuola felicità. Il matrimonio fu
celebrato a New York, nella Cattedrale di San Patrizio: la cerimonia fu
indimenticabile, la coppia – emblema del lusso e del nulla – seppe
scandalizzare e conquistare le copertine dei giornali. “Vi era
una nuova generazione che lanciava le antiche grida… destinata a finir
per uscire in quello sporco tumulto grigio per seguire l’amore e
l’orgoglio”. Il romanzo fu il passepartout dei ‘formidabili Venti’, il
principio di una carriera folle e formidabile (nello stesso anno Scribner’s pubblica la raccolta di racconti Flippers and Philosophers, nel 1922 escono Belli e dannati e Racconti dell’età del jazz);
per la prima volta uno scrittore non narrava la Storia, la creava, ne
anticipava i modi e le mode, il cratere, l’ululato di gioia, di delirio.
Questa è la recensione pubblicata il 9 maggio del 1920 sul “New York
Times”; la prima all’ubriaco – ma lucidissimo – romanzo di uno
sconosciuto destinato al successo. Durò un ventennio, FSF: morì nel
1940, vent’anni dopo quel folgorante esordio, che pareva scritto venti
secoli prima.
Lo spirito glorioso di una giovinezza abbondante, abbiente, che
rispende, affascina in questa storia. Amory, romantico egotista, è
l’americano essenziale, e mentre seguiamo la sua carriera a
Princeton, la sua eccentricità sessuale, i vizi orizzontali, il puntuale
senso dell’onore che non tollera nulla sotto lo standard stabilito,
riviviamo ciò che accade a centinaia di migliaia di studenti, nei
college del paese. La filosofia di Amory, che si sviluppa per poderose
osservazioni, illuminata da versi epigrafici propri dell’atmosfera
claustrale della sua università, è quella dell’estrema giovinezza,
dell’ambizione, di un intelletto pronto allo scatto. Le storie d’amore che ingaggia Amory sono consustanziali alla sua filosofia: le ragazze legano alla parola sesso il concetto di dannazione,
e preferiscono essere baciate da giovani che non vogliono sposarle. In
tutte le pagine, comunque, spira l’innocenza – nella misura in cui è
consentito l’illecito. Amory Blaine ha un padre benestante, una
madre che vive una vita negli agi, è una matrona del lusso: si sa che
alla fine il ragazzo sarà sempre al sicuro. Così accade, eppure lui fa
la sua parte in guerra, spende, infine lavora per una agenzia
pubblicitaria. Ha la sua suprema storia d’amore con Rosalind
Connage, che si interrompe perché i temperamenti nevrotici di entrambi
impediscono la felicità. Almeno, così pensa la tizia… La storia
è disconnessa, imperfetta, ma il suo fascino è inesorabile. Un romanzo
che può essere scritto soltanto da un artista che sa valutare i pesi del
proprio talento, dotato di uno stile delizioso.
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