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IL LIBRO - È il 5 giugno 1964, un torrido venerdì
d’estate, quando Lena incontra per la prima volta Heiner Rosseck
all’interno del tribunale di Francoforte. Terminate le ultime traduzioni e
lasciato il suo angusto ufficio senza finestre, sta per guadagnare
l’uscita, con il pensiero rivolto già a come svagarsi con una nuotata
all’aperto, un film al cinema o magari un bicchiere di vino, quando lo
vede: un uomo alto e smagrito sul punto di scivolare a terra lungo una
parete. Il tempo di sorreggerlo e di chiedergli «Sta bene?» che apprende la
sua drammatica storia.
Heiner Rosseck da Vienna, giunto nelle fredde aule del tribunale di
Francoforte per testimoniare al processo contro i crimini nazisti di
Auschwitz in cui è stato prigioniero. Rosseck, il sopravvissuto, appena
sottoposto a un estenuante interrogatorio sul ruolo, le responsabilità e le
azioni di due imputati, Kehr e Kaduk, i peggiori aguzzini del campo di
prigionia.
«Dove è successo, signor Rosseck? In quale giorno? Da che distanza ha
assistito all’esecuzione? Ricorda se pioveva? Se c’era la neve?» Riandare a
quei terribili giorni significa, per Heiner, riaprire ferite atroci e mai
rimarginate. Ma il problema non è questo. Il problema è rispondere con
precisione, con lucidità, senza tradire la memoria, senza contraddirsi.
Come può, tuttavia, restituire con freddezza la notte buia che ha vissuto?
E riportare alla parola lo sterminato orrore che ha visto? Come può,
infine, farsi capire se lui parla una lingua diversa dagli altri, una
lingua in cui «rampa» non è un innocuo, semplice oggetto di metallo, ma lo
scivolo su cui i corpi vengono trasportati verso i forni crematori, in cui
«camino» è la bocca dell’inferno, e in cui la parola «selezionato» indica
che è il momento di dire addio al compagno di branda?
Quando, al cinquantesimo giorno di interrogatori, Heiner cede alle lacrime,
il processo viene sospeso. L’uomo vorrebbe tornare a Vienna, lontano da chi
lo accusa di essere prigioniero del passato, ma Lena ha intravisto in lui
qualcosa di speciale, e non vuole abbandonarlo.
Inizia così una struggente «educazione sentimentale» che li avvicina sempre
più, fino a riportarli in Polonia, nei luoghi in cui l’orrore ha avuto
inizio, e dove Lena capirà che sta a lei scacciare le ombre che gravitano
su Heiner e ricordargli che l’esistenza concede sempre una possibilità per
ricominciare daccapo.
Con un romanzo dalla trama coinvolgente e dalla scrittura impeccabile,
Monika Held fa tesoro delle testimonianze raccolte in prima persona dai sopravvissuti
dei campi di sterminio e «riesce a mostrare un lato inedito della Shoah» (Kölner
Stadt-Anzeiger). Il risultato è una storia d’amore universale, cruda e
commovente assieme; un viaggio liberatorio che è tale proprio perché non
volta le spalle alla memoria.
Monika
Held (1943) è nata e cresciuta ad Amburgo. Ha scritto articoli
su diversi quotidiani (Frankfurter Rundschau) ed è stata editor per la
società di comunicazione Hartmann and Braun’s, prima di diventare
giornalista freelance. Ha ottenuto numerosi premi per i suoi articoli e per
il suo impegno politico, tra cui il German social Prize, l’Elisabeth
Selberg Prize, il Reporting Prize e la Polish Medal. Attualmente vive a
Francoforte sul Meno, in Germania.
«Un romanzo sui
sopravvissuti di Auschwitz che… racconta una commovente storia d’amore».
Eßlinger Zeitung
«Un gioiello di stile e pensiero».
Westfalenpost
Traduzione dal
tedesco di Riccardo Cravero
Euro 17,00
272 pagine
EAN 9788854507548
I NARRATORI DELLE TAVOLE
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