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IL LIBRO - Nel tardo inverno del 1945, nella Germania del nord, Walter
e Fiete, diciassette anni ciascuno, lavorano come mungitori in un podere
dal magnifico stemma con un cavallo nero sotto due falci incrociate. Il
podere mostra tutti i segni della guerra. Lo stemma giace a terra in
giardino, le travi della torre dell’orologio si ergono carbonizzate nel
cielo, il portico è storto e danneggiato dopo un attacco dei caccia. «Il
soldato Ivan è già sull’Oder», sussurrano le donne e sperano che
quell’ultimo sussulto di guerra non si porti via, dopo gli uomini, anche i
ragazzini del podere, come Walter e Fiete, mungitori dalla faccia pulita.
Walter pensa che non lo spediranno mai al fronte. Sparava storto già nella
Gioventú Hitleriana, ha gli occhi che non vanno, munge mucche, fa un lavoro
che qualcuno deve pur fare. Inoltre, deve ancora finire di brigare con
Elizabeth, la ragazza che fuma come una ciminiera e, con le sue
sopracciglia, i riccioli neri e una sfrontatezza senza pari, sembra una
zingara.
Fiete, il suo amico piú caro, ha il volto scarno, la carnagione imberbe, le
ciglia lunghe e ricce e, se chiude gli occhi pesti, pare una ragazza.
Quando beve, anziché dire «Heil Hitler», dice «Drei Liter». Ha già la
fidanzata: Ortrud, dalle labbra rosse come nessuna. Insomma, è tutto
fuorché un soldatino di piombo pronto a difendere l’onore della grande
Germania.
A una festa, però, lungo il canale, tra barili di birra e un’orchestrina di
otto elementi, compaiono anche le Waffen-SS, con le loro divise grigioverdi
pulite, stivali lustri e un invito cui nessuno può sottrarsi, pena
ritrovarsi un cappio attorno al collo: arruolarsi per sancire la fedeltà al
Führer, al popolo, alla patria e alla fede incrollabile nella vittoria!
Walter e Fiete si ritrovano cosí in Ungheria. Walter a trasportare
rifornimenti per le truppe e Fiete nell’orrore del fronte. Fiete rimedia
una scheggia sotto la clavicola, viene curato alla meglio e rispedito in
prima linea, dove gli ufficiali tirano le bombe a mano sui talloni dei loro
stessi uomini per riuscire a mandarli all’attacco.
Salutata in Germania come una delle opere piú importanti della narrativa
tedesca contemporanea, capace di inaugurare finalmente «l’era post-Günther
Grass» (Die Zeit), Morire in primavera è piú di un libro sulla
guerra e sulla follia nazista. È un romanzo in cui l’innocenza e la colpa,
la libertà e il destino, l’amicizia e il tradimento sono chiamati a
raccolta in una prosa limpida e controllata che colpisce al cuore.
Ralf Rothmann (1953) è uno scrittore, poeta e drammaturgo tedesco,
vincitore del Premio Francoforte-Bergen, del prestigioso Literaturpreis der
Konrad-Adenauer-Stiftung e, nel 2013, del Friedrich-Hölderlin-Prize. I suoi
romanzi sono tradotti in più di dieci lingue.
«Morire in primavera è un
romanzo grandioso, piú forte di qualsiasi esperienza letteraria. Ed è anche
molto piú di un romanzo pacifista. Il miglior libro che ho letto
quest’anno».
Sebastian Hammelehle, Der Spiegel
«È ormai una certezza: con Morire in
primavera è stata ufficialmente e potentemente inaugurata l’era
post-Günther Grass».
Die Zeit
«Raramente sono stati descritti in modo
così radicale e avvincente la barbarie e l’orrore della guerra. Raramente
la letteratura ha usato i propri mezzi in modo tanto magistrale».
Deutschlandradio Kultur
«Rothmann, uno tra i più importanti autori tedeschi, è forse
il narratore più sensibile della sua generazione».
Frankfurter Allgemeine Zeitung
«Ci sono romanzi che sembrano naturalmente predisposti a conoscere una
trasposizione cinematografica... Perché rivendicano l’essenza della propria
natura – l’amore per le nuance e l’introspezione psicologica, il gusto
della sosta, la concentrazione sul dettaglio, il piacere del giro di frase
ben tornito – quella scrittura orgogliosamente letteraria può dare luogo a
pagine che si prestano, oltre che ad essere lette, anche ad essere
“viste”».
Franco Marcoaldi, la Repubblica
«Un libro che non è solo un bel romanzo sulla seconda guerra mondiale, sul
tacere dei padri e sullo sconforto che hanno trasmesso alla generazione
successiva. È anche un trionfo della lingua, della bella lingua».
Vito Punzi, Avvenire
«L’epica di Rothmann trova la giusta e sofferta distanza per parlare di
tempi bui in cui l’innocenza si trasforma in colpa, l’amicizia in
tradimento, la vita in un rituale di morte».
Luigi Forte, TTL La Stampa
«Rothmann fa “crescere una storia dal silenzio”, quello di una generazione
in cui non tutti furono carnefici».
Lara Crinò, il Venerdì di Repubblica
«Due angeli con la divisa delle Waffen-SS. Due amici fraterni chiamati a
recitare la parte di Caino e Abele».
Alessandra Iadicco, la Lettura - Corriere della Sera
«Un libro commovente sull’amicizia e l’insensatezza della guerra».
Michela Gelati, Famiglia Cristiana
Traduzione di Riccardo Cravero
Euro 16,00
208 pagine
EAN 9788854511620
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