lunedì 31 gennaio 2022

LO SCENARIO NON E' CAMBIATO. LA VERA SFIDA: L'IMPATTO DEL MATTARELLA BIS SUL GOVERNO.

Buongiorno. In apparenza nulla è cambiato. Ma non è così. Quanto è successo in questi giorni ha invece cambiato molte cose dentro i partiti e tra i partiti, sia a destra che a sinistra.

Le prime parole del presidente: «Accetto per senso di responsabilità» I doveri prevalgono sulle prospettive personali, ha detto il capo dello Stato. É il secondo capo di Stato più votato dopo Pertini. Pronto a interpretare le speranze attese e le spersanze dei cittadini.

Elezione del presidente, durata del governo, elezioni anticipate, leadership partitiche, alleanze politiche presenti e future, riforma elettorale fanno parte di un unico groviglio di decisioni che rappresenta un insieme di giochi intrecciati.

È un concetto della scienza politica che abbiamo già utilizzato per cogliere il fatto che l'elezione del presidente non può essere scissa dalle aspettative dei partiti sulle altre questioni sul tavolo, che pur essendo temporaneamente distanziate sono urgenti.

 

venerdì 28 gennaio 2022

CARI LETTORI AMICI ...

 

Buongiorno. Cari lettori amici, quali libri nel mese di Gennaio 2022 hanno guadagnato la tua attenzione?

Qauli libri ricevono la tua attenzione per il mese di Febbraio 2022?

RECENSIONE: TOMAS NEVINSON by JAVIER MARIAS - EINAUDI, SUPERCORALLI

Javier Marías, il nuovo romanzo è il seguito di «Berta Isla» 

Uscito in Spagna per Alfaguera e in arrivo in Italia a febbraio 2022 per Einaudi, «Tomás Nevinson» prosegue le vicende di quello che fu libro dell’anno 2018 de «la Lettura»

Le ultime parole del romanzo esprimono un dubbio, assegnano ulteriore incertezza al futuro: «Questo può essere. Potrebbe essere». Non rivelerò chi le dice e la ragione per cui vengono dette, accompagnate da un contenuto gesto di tenerezza. Termina così Tomás Nevinson (Alfaguara), il romanzo più lungo di Javier Marías, prosecuzione di Berta Isla, pubblicato in Spagna cinquanta anni dopo il suo esordio giovanile, I territori del lupo. Mentre quella frase rimane nell’aria, sospesa tra le ambiguità delle esistenze, bisogna raccogliere le forze per chiudere il libro: le mani tremano, non vogliono ubbidire. Ma prima di ricominciarlo, eventualmente, si impone l’obbligo dei paragoni. La cosa migliore è riaprire Vite scritte — insuperabili ritratti di mostri sacri della letteratura raccontati come personaggi — per attribuire al suo autore il posto che merita tra i grandi a lui cari. Sarà — lo anticipo — un posto di eccezione.

Caterina Buttitta

Romanzo «ironico, comico, severo, romantico» («Babelia»), Tomás Nevinson è una profonda riflessione sui limiti di ciò che è lecito fare, sulla macchia che quasi sempre accompagna la volontà di evitare il male peggiore, e soprattutto sulla difficoltà di determinare quale sarà quel male.

«Tomás Nevinson è il miglior romanzo tra tutti quelli che Javier Marías ha pubblicato finora».
«El País»

Javier Marías
Tomás Nevinson

 EINAUDI
2022
Supercoralli
pp. 600
€ 22,00
 
Traduzione di
 

 

 

Il libro

Tomás Nevinson, marito di Berta Isla, cede alla tentazione di tornare nei servizi segreti dopo esserne uscito: gli viene proposto di andare in una città del nord-ovest della Spagna per identificare una persona che dieci anni prima aveva preso parte ad alcuni attentati dell’Ira e dell’Eta. «Ho avuto un’educazione all’antica, e non avrei mai creduto che un giorno mi si potesse ordinare di uccidere una donna».

«Ho avuto un’educazione all’antica, e non avrei mai creduto che un giorno mi si potesse ordinare di uccidere una donna». Due uomini, uno nella finzione e uno nella realtà, ebbero la possibilità di uccidere Hitler prima che questi scatenasse la Seconda guerra mondiale. A partire di qui, Javier Marías esplora il rovescio del comandamento «Non uccidere». Quegli uomini avrebbero fatto bene a sparare al Führer: è forse lecito fare lo stesso contro qualcun altro? Come dice il narratore di Tomás Nevinson, «uccidere non è un gesto cosí estremo se si ha piena nozione di chi si sta uccidendo». Tomás Nevinson, marito di Berta Isla, cede alla tentazione di tornare nei servizi segreti dopo esserne uscito: gli viene proposto di andare in una città del nord-ovest della Spagna per identificare una persona che dieci anni prima aveva preso parte ad alcuni attentati dell’Ira e dell’Eta. Siamo nel 1997. L’incarico reca la firma del suo ambiguo ex capo Bertram Tupra, che già in precedenza, grazie a un inganno, aveva condizionato la sua vita. Tomás Nevinson è una profonda riflessione sui limiti di ciò che è lecito fare, sulla macchia che quasi sempre accompagna la volontà di evitare il male peggiore, e soprattutto sulla difficoltà di determinare quale sarà quel male. Sullo sfondo di episodi reali del terrorismo europeo, Tomás Nevinson è la storia di ciò che succede a un uomo al quale è già successo di tutto e al quale, apparentemente, non poteva succedere piú nulla. Ma, finché la vita non finisce, tutto può accadere…

«Vorrei davvero essere nei panni di qualcuno che non ha ancora letto l’ultimo romanzo di Javier Marías e lo sta attendendo davanti a una libreria. Che festa ti aspetta!»
«The Objective»

«Marías scrive, come sempre, come nessun altro. Perché sta scrivendo per elevarci, per fare con noi – perché no – ciò che Shakespeare ha fatto con le persone del suo tempo».
«El Confidencial»

«Vale la pena ribadirlo: Tomás Nevinson è un romanzo colossale».
«HuffPost»

 RECENSIONE

Sfogliamo Vite scritte alla ricerca degli esempi, accennando alle affinità. Pensiamo a Joseph Conrad, «che era un uomo di grande ironia», ricorda Marías (scrittore). Oppure a Vladimir Nabokov, «irritato da chi credeva che la validità dell’arte dipendesse dalla sua semplicità e sincerità». Come e forse più di loro (peraltro unici anch’essi nella seducente «riconoscibilità» di quanto hanno pubblicato), l’autore di Un cuore così bianco ha creato con i suoi romanzi un vero e proprio «sistema», non solo affidato alle presenze ricorrenti dei personaggi, ai loro collegamenti palesi e nascosti, ai rimandi concettuali tra un libro e l’altro, ai riferimenti storici, artistici, cinematografici. C’è ancora di più. I «dilemmi morali» che la vita ci presenta costantemente rappresentano sempre il nucleo delle trame. La voce di quello che è stato chiamato il «pensiero letterario» si propaga fermando o allungando a sua discrezione i tempi del raccontare. L’intreccio si consolida organizzando tutti gli strumenti e le cifre possibili della finzione. La struttura sfrutta l’ ambiguità della convivenza tra prima e terza persona esaltando gli sdoppiamenti tra i narratori — protagonisti e i quasi alter ego di chi «mette la firma sulla copertina». Nessuno si sarebbe probabilmente stupito, per esempio, se Tomás Nevinson (che è anche il «prequel» — per così dire — di Il tuo volto domani), uscito sette anni dopo Così ha inizio il male, si fosse intitolato «Così si nasconde il male». Vedremo perché.

«Non bisognerebbe raccontare mai niente», è forse il più famoso degli incipit di Marías. Questo avvertimento intellettuale, legato in realtà alla percezione di quanto sia «rara» la «fiducia che prima o poi non si tradisca», si può forse estendere al modo con cui si deve parlare dei suoi libri. Non è opportuno rovinare la sorprese, togliere il piacere dell’assistere all’invenzione, scalfire quella tensione inaudita che domina storie in cui il «nocciolo della questione», come direbbe Graham Greene, è sempre un laico interrogativo etico. D’altra parte la stessa contrarietà di Marías a rivelare o a veder rivelato ciò che accade nei suoi romanzi è un segnale eloquente del grande ruolo che in essi svolge la categoria complessa del «romanzesco». È una conferma, poi, di quanto lo scrittore spagnolo sia legato ad un «processo creativo» nel quale, ha notato Elide Pittarello in La imagen heurística en las novelas de Javier Marías (Oxford, Keble College), «si presenta a se stesso come un soggetto coinvolto». Non è un caso che inuna intervista alla vigilia del suo arrivo a Milano per ritirare il premio de «la Lettura», Marías annunciò per la prima volta l’intenzione di «proseguire» da dove si era fermato, spiegando di essere «curioso di sapere» che cosa fosse stato di Tomás Nevinson dopo il suo ritorno a Madrid, «troppo giovane (anche se vecchio e quasi morto nello spirito) per rimanere il resto della sua vita a contemplare gli alberi davanti alla casa di Berta, sua moglie». Curioso di sapere. Come i lettori.

È da lì, in effetti, da quel ritorno a Madrid, che tutto inizia nuovamente. Il giovane a cui era stata annullata la vita normale, la spia inviata sui fronti più pericolosi, il marito scomparso che non veniva ormai più aspettato, decide di accettare un’altra missione segreta, tentato dalla possibilità di interrompere la monotonia tranquilla della sua esistenza ritrovata. «Risulta insopportabile — pensa — restare fuori una volta che si è stati dentro». A convincerlo è ancora una volta Bertram Tupra, il grande burattinaio dei servizi segreti britannici e l’organizzatore delle loro frange più oscure: l’«esperto di calunnie», l’uomo dai molti nomi che lo aveva reclutato con un subdolo inganno a Oxford, in Berta Isla, e che qualche anno dopo, in Il tuo volto domani, dirigerà a Londra il gruppo incaricato di indovinare e rovesciare le vite degli altri. Ma, al contrario del protagonista di quel romanzo, Jaime Deza, e diversamente anche dalla giovane Patricia Pérez Nuix (che qui ritroviamo, persuasa che «nella lotta antiterrorista ci sono cose che non si devono fare, che se si fanno non si devono dire e che se si dicono bisogna negarle»), Tomás ha il dono delle lingue, sa imitare gli accenti, è in grado di infiltrarsi dovunque ma non riesce a vedere «con nitidezza» il male che le persone possono tenere dentro. Sa valutarne però la portata, tanto da riflettere sul fatto che «uccidere non è tanto estremo né difficile né ingiusto se si sa chi, che crimini ha commesso o si prepara a commettere, quante malvagità si risparmieranno alla gente, quante vite innocenti si preserveranno con un solo sparo…».

Gran parte dell’azione si snoda in una nebbiosa città del nord est della Spagna, in parte immaginaria, chiamata fittiziamente Ruán. L’ex ragazzo prodigio degli anni oxfordiani si nasconde sotto l’identità del professore di inglese Miguel Centurión. Il suo incarico, difficile e rischioso, è smascherare una terrorista, metà irlandese metà spagnola, che vive sotto falso nome dopo aver collaborato dieci anni prima ad attentati dell’Ira o dell’Eta e in particolare ai massacri compiuti nel 1987 dai nazionalisti baschi all’Hipercor di Barcellona e nella caserma della Guardia Civil di Saragozza. «La mia infanzia e la mia prima gioventù sono state afflitte dal franchismo. La mia seconda gioventù e la maturità dall’Eta, che non ha ammazzato tanto come la dittatura, ma molto e gratuitamente, erede del franchismo in questo», ha detto lo scrittore spagnolo a Juan Gabriel Vásquez in un colloquio pubblicato da «El País». Quell’epoca oscura è rievocata con fermezza, la missione voluta da Tupra per «fare un favore» ai colleghi di Madrid si carica di sfumature impreviste e, come dicevamo, di interrogativi morali. Ma né Tomás né Marías perdono la strada. «È innegabile — osserva ancora l’autore di Tutte le anime — la somiglianza tra la spia e il romanziere. Se non altro perché il romanziere scopre e dipana la storia che scrive nel momento in cui lo sta facendo». E in questa storia, meravigliosamente, ci sarà ancora tempo per essere guardati, con limpida malinconia, dagli «occhi pensanti» di Berta.

 

TOTO - QUIRINALE. I TEMPI DA RISPETTARE E L'INFLAZIONE DEL PAESE.

 

Buongiorno. Lo spettacolo delle schede bianche che sta tenendo banco è di quelli, poco entusiasmanti. Tuttavia la democrazia parlamentare, ha tempi comunque da rispettare. Ad una condizione: che tengano conto delle emergenze del Paese. Oggi ci sono priorità da affrontare. A partire dall'emergenza costi dell'energia, che rischia di paralizzare le imprese. Non solo. Su diversi fronti occorre grande attenzione per evitare di compromettere i risultati, straordinariamente positivi, raggiunti nell'ultimo anno grazie all'ottimo lavoro svolto dal governo Draghi. L'inflazione si sta rivelando ricca d'insidie, l'andamento al rialzo dei prezzi delle materie prime mette a dura prova i rapporti tra l'industria manifatturiera e la grande distribuzione, l'applicazione del Piano per lo Sviluppo è un sentiero stretto e tutto in salita, il debito pubblico pesa come un macigno sul futuro del Paese e faremmo bene a non dimenticarcelo, la pandemia è tutt’altro che un ricordo.

giovedì 27 gennaio 2022

RECENSIONE DI CROSSROADS by JONATHAN FRAZEN - EINAUDI

La libertà di scelta si smarrisce nel labirinto delle generazioni, e in questo labirinto ogni atto è in sè un asservimento, poichè sgombra il campo da tutte le alternative e ci lega sempre più strettamente alle costrizioni di cui è fatta la nostra vita.

Caterina Buttitta

Viaggio nella bibliografia dell’autore statunitense che a maggio pubblicherà negli Usa (e  in autunno in Italia) «Crossroads», il nuovo romanzo, il sesto, primo di una serie che lo terrà (dicono) occupato nel prossimo decennio.

«23 dicembre 1971: la famiglia Hildebrandt è a un bivio. Il patriarca Russ, pastore di una chiesa suburbana di Chicago, è pronto a liberarsi da un matrimonio che sente ormai senza gioia a meno che la sua brillante e instabile moglie, Marion, non si liberi prima di lui. Clem, il figlio maggiore, sta tornando a casa dal college affetto da assolutismo morale, dopo aver commesso qualcosa che distruggerà suo padre. La sorella di Clem, Becky, a lungo la reginetta della sua classe di liceo, si è tuffata nella controcultura dell’epoca mentre il fratello minore Perry, stufo di vendere fumo per finanziare la sua dipendenza dalla droga, è fermamente deciso a diventare una persona migliore. Tutti gli Hildebrandt cercano una libertà che gli altri minacciano di complicare».

Sono bastaste poche righe, la scheda libro astutamente diffusa dall’editoredi Jonathan Franzen - Farrar, Straus & Giroux - e che anticipa il contenuto di Crossroads, romanzo in uscita negli Stati Uniti a maggio, per fare del libro di Franzen l’evento editoriale americano dell’anno. Perché magari non sarà proprio vero che Franzen - come da tesi e titolo di un famoso saggio a lui dedicato - segna la «fine del postmodernismo», ma è sicuramente vero che nessuno più di lui, in questo secolo, ha lavorato per far tornare d’attualità il romanzo-romanzo naturalista di impianto ottocentesco che per decenni sembrava sepolto. Arriva in Italia Crossroads, primo volume di una trilogia, è interessante ripercorrere la carriera di Franzen, che a 61 anni ha pubblicato finora soltanto cinque romanzi ma è uno degli scrittori americani più importanti della nostra epoca.

Il viaggio nella bibliografia di Franzen parte nel 1988: un primo libro molto diverso dal modus operandi del Franzen di oggi, molto poco classico. La ventisettesima città (Twenty-Seventh City, pubblicato negli Usa nel 1988 e da Mondadori nel 1989 e poi, dopo il successo mondiale de Le Correzioni da Einaudi nel 2002, traduzione di Ranieri Carano) è un thriller atipico, sicuramente un debutto con i limiti e le ingenuità dei debutti, ma contiene già tutti i temi di Franzen — il Midwest, la famiglia, le complesse dinamiche interpersonali.

Un libro già molto avanti, rispetto a dove si trovava la letteratura americana della seconda metà degli anni Ottanta, come è molto avanti, un secondo libro dove vediamo già Franzen scrittore completo e straordinariamente maturo: Forte movimento (Strong motion, uscito nel 1992 negli Stati Uniti e tristemente mai tradotto in Italia fino al 2004 da Einaudi, traduzione di Silvia Pareschi, sulla spinta del fenomeno editoriale de Le Correzioni) è un bellissimo libro dove c’è già tutto Franzen. La famiglia disfunzionale (stavolta a Boston: viene osservata e catalogata con l’attenzione da fanatico di bird-watching,hobby dell’autore), la densità di contenuti, l’ambizione, lo stile. Anche chi non ama il Franzen successivo, quello del grande successo mondiale, generalmente non ha nulla di negativo da dire su Forte movimento.

La vita e la carriera di Franzen cambiano per sempre con il terzo romanzo, Le correzioni (The corrections, 2002; edito in Italia da Einaudi, traduzione di Silvia Pareschi), nel quale Franzen adotta il metodo da grande romanziere naturalista ottocentesco che da allora lo caratterizza - raccontare l’America di oggi attraverso una famiglia del Midwest, le sue liti, i suoi dolori, i suoi piccoli grandi segreti, la sua solitudine.

È un romanzo-sinfonia, beethoveniano nel respiro, tanto ambizioso da usare strumenti antichi (e considerati obsoleti) per raccontare la contemporaneità. Bret Easton Ellis, parco di lodi per i colleghi specie se coetanei, ripete spesso che è l’unico libro che invidia ai suoi contemporanei: non avrebbe voluto scrivere Infinite Jest di David Foster Wallace ma Le correzioni.

Libertà (Freedom, 2010; Einaudi 2011, traduzione di Silvia Pareschi) continua sul luminoso cammino intrapreso con Le correzioni (e c’è il bonus della copertina di «Time» sulla quale gli scrittori non finiscono proprio mai, Toni Morrison esclusa). E, ormai sei anni fa, Purity (2015; Einaudi 2016, traduzione sempre di Silvia Pareschi) è una storia più piccola, femminile, con i temi franzeniani sempre presenti ma un po’ sullo sfondo per parlare di privacy, Internet, solitudine, tra un pezzo di bravura e l’altroda incorniciare. In attesa della trilogia imminente che, spiegano dall’America, dovrebbe impegnare Franzen per il prossimo decennio, magnum opus dell’ex giovane scrittore ambizioso diventato maestro per ricordarci che non esistono forme di romanzo obsolete.

Nell’immagine: lo scrittore americano Jonathan Franzen (1959), Crossroads il nuovo romanzo edito da Einaudi.



mercoledì 26 gennaio 2022

GIORNO DELLA MEMORIA 2022. NESSUNO DEVE DIMENTICARE

Giorno della memoria

 (Foto Liliana Segre)
 
Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. È stato scelto questo giorno per commemorare ogni anno la Shoah e lo sterminio di oltre 6 milioni di ebrei.
 
La storia dell'Olocausto non si esaurisce alla drammatica conta dei morti e dei deportati.
Parte integrante della persecuzione, infatti, fu rappresentata dal furto legalizzato cui furono vittime gli ebrei.
 
In Italia fu il decreto legge del 17 novembre del 1938 a definire l'esproprio dei beni dei cittadini ebraici, ma la storia racconta una lunga serie di confische, dalla Germania, all'Austria, dalla Francia alla Polonia.

LA PANDEMIA HA SVELATO UN SENSO DI EMERGENZA A LIVELLO COLLETTIVO.

 

Buongiorno. In questo momento storico, e a più livelli, siamo esposti ad un senso di emergenza e urgenza prolungato. I nostri ruoli lavorativi sono messi a dura prova, come se ci fosse richiesto di fare una maratona essendo allenati solo per fare jogging nel parco. In ogni circostanza emergenziale non si sa come agire, non ci sono ricette pronte, lo stress è alle stelle e, di conseguenza, è facile perdere il proprio centro. Ecco perché è utile e importante essere pienamente responsabili, ovvero essere capaci di adottare risposte efficaci nei nostri confronti e verso le persone che interagiscono con noi, rispetto ad un qui e ora in continuo divenire, confuso e contraddittorio.

Un forte senso di smarrimento, fragilità e impotenza è stato avvertito a livello collettivo e, rispetto alle emozioni prevalentemente vissute, il confronto tra le persone è stato salvifico e generativo. Le considerazioni e le risposte date dalle grandi aziende sono state le più disparate; dicotomiche e polarizzate, perché il tentativo di riappropriarsi del controllo della propria esistenza ci fa fare tutto e il contrario di tutto.

GELO PER RICOSTRUIRE LA CONTA DALLA QUALE POTREBBE USCIRE IL NUOVO CAPO DELLO STATO.

 

Buongiorno. Mancano ormai solo ventiquattr’ore alla IV votazione, quella cerchiata in rosso, dove il quorum scende a 505, e dalla quale potrebbe uscire il nuovo Capo dello Stato. Al momento però la soluzione ancora non c’è. C’è invece un abbassamento dei riflettori sulla candidatura di Mario Draghi che dopo la giornata di colloqui di lunedì ieri ha evitato di dare segnali all’esterno.

Ieri gelo della coalizione sulla prima mossa concreta presentato una rosa di tre nomi - il magistrato in pensione Carlo Nordio, l’assessore alla Sanità lombarda Letizia Moratti, l’ex presidente del Senato e filosofo, Marcello Pera.

Da Palazzo Chigi non arriva neppure uno spiffero ma quello pensava Draghi lo ha detto pubblicamente un mese fa: «È difficile che una maggioranza si spacchi per eleggere il nuovo presidente della Repubblica e poi si ricomponga per sostenere il governo». Il premier ha ben chiare le priorità e resta fermo nel suo proposito di non avventurarsi in trattative su nomi e posti .

lunedì 24 gennaio 2022

QUIRINALE E GOVERNO, DIFFICILE TROVARE L'ALTERNATIVA AL PREMIER.

 

Buongiorno.
Più si avvicina il momento del voto dei grandi elettori per scegliere il successore di SergioMattarella più le resistenze all’unica candidatura fin qui realmente in campo, quella di Mario Draghi, aumentano. Eppure il piano inclinato che potrebbe nonostante tutto portare il premier al Quirinale non si è raddrizzato neanche ieri sera, dopo la conclusione del vertice del centrodestra.

Silvio Berlusconi, come ormai era chiaro da molti giorni, non sarà più un ostacolo. Resta in ogni caso il fatto che al momento non si vede l’alternativa che possa da una parte tenere tutti insieme - ed è la “condizione” posta dallo stesso Draghi, ossia che la maggioranza quirinalizia sia larga almeno quanto quella che sostiene il suo governo - dall’altra mantenere lo “standing” nazionale e internazione dei due presidenti. Draghi e Mattarella, appunto.

Il Mattarella bis si è allontanato da qualche settimana per la reiterata dichiarazione di indisponibilità dello stesso Presidente. Ancora ieri, mentre il vertice del centrodestra era in corso, dal Quirinale si faceva sapere che Mattarella seguirà dalla sua Palermo le prime votazioni e inoltre «si occuperà da Palermo del trasloco nella nuova casa di Roma, che è previsto ai primi di febbraio».

Eppure il bis dell’attuale Presidente sarebbe forse l’unica soluzione alternativa che lo stesso Draghi accetterebbe di buon grado.

 

Presentazione di Shinkai Makoto, Nagakawa Naruki "Lei e il suo gatto" - Einaudi - Supercoralli. LA FELICITA' E' UNA STORIA SEMPLICE

LA FELICITA' E' UNA STORIA SEMPLICE

Caterina Buttitta

Lei e il suo gatto
EINAUDI
2022
Supercoralli
pp. 192 - € 16,00
Traduzione  Anna Specchio
 
Quattro gatti, tutti diversi eppure amici. Quattro donne che pensavano di salvare dei randagi e invece ne verranno salvate. Quattro storie che diventano una, in un valzer di incontri, amicizie fortissime e amori inaspettati, legami che si creano e rinsaldano grazie alla presenza, silenziosa e potente, dei gatti.

 Il libro

In un giorno di pioggia di primavera Miyu cammina lungo i binari della ferrovia mentre torna da lavoro e si imbatte in un gattino abbandonato dentro uno scatolone. Decide di portarlo a casa, dove lo ribattezza Chobi. Miyu si è appena trasferita, e lasciata col fidanzato, dunque ha la possibilità di ospitare il nuovo arrivato. Inizia in questo modo la vita quotidiana di Miyu e del suo cucciolo, tra la delicata routine e lo scorrere lento del tempo. Chobi cresce, e nei giorni in cui la sua padrona è fuori casa per lavoro comincia a scorrazzare per il vicinato. In una di queste occasioni incontra Mimi, una gattina randagia che di tanto in tanto va a mangiare a casa di un’umana, Reina, che frequenta una scuola d’arte e non sa quale strada intraprendere in futuro. Sembra una ragazza forte, ma quando il tutor del suo apprendistato tenterà di molestarla, si scoprirà fragile come tutti… Inizia cosí un valzer di incontri, amicizie fortissime e amori inaspettati, legami che si creano e rinsaldano grazie alla presenza, silenziosa e potente, dei gatti. Un intenso romanzo sulla solitudine di una generazione e la sua ricerca di un baricentro sentimentale.

LA PANDEMIA. COSA CI STA INSEGNANDO O COSA DOVREBBE INSEGNARCI, COME SPECIE, COME ESSERI UMANI, QUESTA PANDEMIA?

Buongiorno. Viene da domandarsi: Che cosa sta insegnandoci, o che cosa dovrebbe insegnarci, come specie, come essere umani, questa pandemia? Alla domanda Quammen risponde: nessun uomo, nessuna donna, nessuno si salva da solo. Siamo tutti connessi dalla storia evolutiva e dal nostro dover coesistere su un pianeta così piccolo. Condividiamo spazi, risorse, e a volte può capitare, anche i virus. 

Gli approcci con cui si sta affrontando la pandemia sono diversi: si va dalle soluzioni <<tecnologiche>>, alle <<chiusure>> Ialia in testa. Tempo fa il <<Guardian>> ha pubblicato un documento riservato del Public Health England secondo il quale la crisi durerà fino alla primavera 2022. Quando tutto questo finirà davvero? La risposta di Quammen è molto vaga. Nessuno lo sa: non siamo in grado di conoscere in anticipo cosa faranno le persone nè come si comporterà il virus. Dobbiamo essere pronti al peggio e sperare per il meglio.


 

QUIRINALE, QUANTE CHANCE HA DAVVERO DRAGHI DI DIVENTARE CAPO DELLO STATO?

Buongiorno. Sono pochi a volerlo al Quirinale, eppure Mario Draghi resta il candidato più accreditato per succedere a Sergio Mattarella. La ragione ufficiale di tanta trasversale contrarietà - da Matteo Salvini a Giuseppe Conte - è che se l'attuale premier dovesse traslocare da Palazzo Chigi al Palazzo dei Papi, sarebbe molto difficle ricostruire l'attuale ampia maggioranza attorno al nuovo Governo e dunque la situazione potrebbe precipitare, portando il Paese al voto in un momento critico.

IL CINEMA (COME LA SOCIETA') NON SOGNA PIU' UN'ALTRA POSSIBILITA'.

 

Buongiorno. I <<film col messaggio>> di una volta - oggi aborriti come relitti del passato (tanto quanto i diritti dei lavoratori). Troppo semplice? Consiglia tu un film che prova a misurarsi con la realtà non accontentandosi solo di rispecchiarla.

Molti film sono <<buoni>>, cioè ben fatti da un punto di vista tecnico e drammaturgico, anche se molto simili per certi canoni estetici che sembrano essere diventati la lingua universale del <<cinema realtà>>: lunghi pedinamenti dei protagonisti, una recitazione sbilanciata più sul vero che sul verosimile, spesso con attori presi dalla strada, secondo la lezione del neorealismo italiano. 

Ma il fatto più rilevante, ai nostri occhi, era che tutti i film presentano la stessa dinamica narrativa e condividono lo stesso senso del mondo, come se fossero stai scritti da un unico sceneggiatore. Descrivono una crisi (le periferie e la guerra, la condizione femminile e i rapporti familiari ...), ne sviluppano le contraddizioni e poi, fatalmente, tornano al punto di partenza. Vissuto il loro disagio, i protagonisti, dopo aver cercato in qualche modo di reagire, si ritrovano da dove avevano iniziato. In altre parole: i giovani registi sanno analizzare benissimo una situazione, la raccontano bene, ma poi non sanno immaginarsi una via per uscire dall'impasse.

Alla fine di questi film non ci sono rivoluzioni, cambiamenti o anche una fuga o una partenza che riapre i giochi. Il peso del reale così com'è ricade su queste storie simile a una ghigliottina che taglia ogni utopia, richiudendo i film (e il cinema in generale, temo) su se stesso.

sabato 22 gennaio 2022

DAI UNA SVEGLIA AL TUO CORPO?

Buongiorno. La routine è davvero la tua migliore amica? 

Come ho trovato la felicità mentre ero bloccata a lavorare da casa

Amo la mia sedia da ufficio a casa, profondamente. Sembra di stare seduti in un abbraccio. 

 Il resto del tempo, lavorerei in spazi di co-working e caffetterie, dove vado a piedi. Mi ha tenuto  

attivo. La pandemia lo ha cambiato: la mia sedia è diventata parte del mio corpo. Ho programmato lì,

 ho tenuto riunioni lì, ho mangiato lì, ho fatto l'happy hour con gli amici lì e ho guardato Film lì. Ho

 cullato i miei bambini piagnucoloni lì. Ho fatto tutto su quella sedia e il mio corpo ha iniziato a

 sentirlo. Sappiamo tutti che l'esercizio gioca un ruolo importante nel nostro benessere psicofisico. In

 quanto abitante di città senza auto, perdere la capacità di andare in giro e lasciare il mio minuscolo

 appartamento quando il mondo ha iniziato a chiudere ha pesato pesantemente sulla mia salute mentale

 e fisica. E, come mamma che ora aveva più di un lavoro a tempo pieno, semplicemente non avevo

 tempo da dedicare all'esercizio.Sapevo di aver bisogno di qualcosa per farmi muovere e dovevo  

essere in grado di farlo mentre mamma, lavoro o esco con gli amici su Zoom.  

Avevo bisogno di alzare il sedere da quella comoda sedia e muovermi.

L'UMANITA' DEGLI INQUILINI DEL QUIRINALE.

Buongiorno. In questi giorni la voce autorevole della Radio Qiurinale: recita: "Una possibilità di diventare il prossimo Presidente della Repubblica Italiana è quello di Silvio Berlusconi".Se il Cavaliere decidesse veramente di andare alla conta al quarto scrutinio e non ce la facesse, rischierebbe di perdere molti dei vantaggi acquisiti finora.  In attesa che Silvio Berlusconi sciolga la riserva (la decisione dovrebbe arrivare entro domenica) il suo alleato Matteo Salvini si muove ormai alla luce del sole per il piano B. Pur rassicurando il leader di Forza Italia del suo «ruolo fondamentale», Salvini ha cominciato a sondare gli altri partiti sulla possibilità di una candidatura istituzionale ma di area centrodestra.

Ma il Capo dello Stato chi è? Il Capo dello Stato è innanzitutto, una persona e porta nel ruolo carattere, inclinazioni, esperienze, credo e cultura. In Italia si sono eletti 12 Presidenti che si sono succeduti in 75 anni di storia repubblicana al Quirinale. Ogni presidente, alla fine, deve mettere in gioco tutto se stesso, la sua personalità, che emerge chiara ben oltre ogni cerimoniale e al di là di ogni struttura protettiva di consiglieri e consulenti.E ripercorrere la cronaca di settennato in settennato significa, alla fine, avventurarsi nelle scelte che la coscienza e l'indole dei diversi Capi dello Stato hanno reso possibili. Con un obiettivo comune, pur tra mille diversità: l'interesse del Paese e l'unità della nazione.


giovedì 20 gennaio 2022

IL SEGRETO DELLA FELICITA'?

Buongiorno.  Qual'è il segreto della felicità in famiglia? L'incipit di un famoso romanzo Anna Karenina, di Lev Tolstoj recita: "Le famiglie felici si rassomigliano tutte. Ogni famiglia infelice, invece, lo è a modo suo". Ma perchè la famiglia? Perchè se è vero che la felicità sta nella condivisione del Bene, nell'incontro, insomma negli altri, è altrettanto vero che la famiglia, comunque essa sia costituita, è un bell'inciampo, con il quale, volenti o nolenti, dovviamo fare i conti?

Il Paradosso? Si deve sognare la vera felicità, prima di scappare dalla propria famiglia e andare a morire da qualche parte? Un matrimonio che perde slancio, l'antica passione che torna, il dramma, la sofferenza, ma anche, il nostro continuo oscillare tra appagamento e privazione ci portano alla radice del sentimento più desidersto: la condivisione del Bene.

SCONTI ADELPHI? QUALE TITOLO ACQUISTARE'?

 Buongiorno. In questo la Adelphi ha pubblicato il post degli Sconti. Ma quale titolo acquistare?

Io ti propongo alcuni titolo che ho acquistato, letto e Recensito? Mi auguro che Ti siano utile. 









UN BEL ROMANZO E' COME ... (CONTINUA TU LA FRASE)


Buongiorno. Un bel romanzo è come ... continua tu la frase. 

Che romanzi leggere? Chi vive di libri e per i libri, chi li maneggia dalla mattina alla sera. Dopotutto i libri sono strumenti di piacere. Se è vero che noi siamo ciò che amiamo allora posso affermare, di essere una busta della spesa stipata di romanzi. E tuttavia non so voi, ma io quando leggo un'opera di narrativa non sto lì a chiedermi che spazio occupi nella storia del romanzo; nè mi domando se è realista, naturalista, vittoriana, modernista, tradizionale, sperimentale, di genere. Non dico che ogni romanzo abbia diritto di cittadinanza nel magico paese della narrativa, solo che le esigenze del lettore cambiano con le circostanze e gli stati d'animo.
Come capisci il valore di un romanzo? Per comprendere un pezzo di narrativa devi sottoporlo al vaglio dei sensi, e solo dopo a quello settario dell'intelletto.
Cosmopolitismo? Il romanzo è un paese il cui passaporto è a disposizione di ciascun alfabetizzato abitante del pianeta. L'anima dei romanzi è talmente cosmopolita da piegare ogni lingua ai propri scopi. 
Scrivere un romanzo è come ...? Scrivere un romanzo è come organizzare una festa: la cosa difficile è creare l'atmosfera. Nell'Ottocento i romanzi erano molto attenti a mettere a proprio agio il lettore. Il mondo dei romanzi, sebbene gli somigli parecchio, non ha niente a che fare con quello in cui viviamo. 
A questo serve la narrativa?  A fornire risposte a interrogativi importanti? C'è chi lo crede, chi lo ha creduto: Tolstoj per esempio, e anche Dostoevskij, Proust, Camus. Chi legge narrativa per avere risposte definitive fa un investimento sbagliato. Se non altro perchè gli interrogativi davvero importanti sono quelli senza risposta. La narrativa deve illuminare e ristorare.

martedì 18 gennaio 2022

WALTER BENJAMIN. SOTTOMISSIONE ALLA DIVINITA' DEL CAPITALISMO.

Buongiorno. Cosa rende Benjamin così attuale nella sua dirompente inattualità? Perchè i suoi scritti , talvolta brevi frammenti, aneddoti autobiografici, lettere, serbano un potenziale esplosivo? Al punto da indirizzare perfino la riflessione contemporanea? Quel che emerge, però, sempre più chiaramente, è che Benjamin, ha presagito gli esiti del capitalismo, ne ha scrutato i segreti, gli arcana reconditi.

Che un giorno la politica, scaduta a mera amministrazione, esercizio di governance, si sarebbe dissolta nell'economia, è un pensiero che Benjamin condivide con altri filosofi. Ma lui osa un passo ulteriore: quella forma economica, divenuta globale, si sarebbe rivelata per quello è: una religione. Non è forse il capitalismo una religione del debito?

Per Benjamin il capitalismo non è una religione secolarizzata, bensì una religione in senso stretto. Il che conferma l'intuizione di Benjamin, che sembra assumere oggi ulteriore validità. Esistono alternative? Non appare forse il capitalismo il nostro orizzonte ultimo e insuperabile? Questa società crede nel capitalismo, lo accetta come proprio ineluttabile destino. E come nel passato si pregavano gli dei, se ne indagava l'umore, se ne temeva il volere, oggi una società secolare è pronta a offrire ogni sorta di sacrifici alle potenze del mercato.

ACQUISTO LIBRO E RECENSIONE DI: LO STADIO DI WIMBLEDON DI DANIELE DEL GIUDICE - EINAUDI, SUPERCORALLI

Faccio questo viaggio (e scrivo). Nel 1983 Daniele Del Giudice apriva una nuova strada per il romanzo italiano. Lo stadio di Wimbledon (Einaudi, Supercoralli). E' la storia di un incontro impossibile, quello tra chi in queste pagine dice io e un non-scrittore morto da anni, una figura evanescente e inafferrabile, decisiva per la società culturale del suo Paese pur senza aver mai scritto una riga.

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“Faccio questo viaggio per capire cosa avrebbe o potuto scrivere se ne fosse stato in grado.

E voglio scriverlo io.

Per lui.”

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Lo stadio di Wimbledon

EINAUDI

2021
Supercoralli
pp. 152
€ 15,00
 
Daniele Del Giudice è un autore che resterà nuovo per molte generazioni.

«Cosa ci annuncia questo insolito libro?» si chiedeva Italo Calvino nell'atto di pubblicarlo. Era il 1983, e il romanzo d'esordio di Daniele Del Giudice si presentava davvero come un annuncio. Come ogni vero inizio, piú che inseguire tracce, creò nuovi territori. Misterioso e inesauribile, Lo stadio di Wimbledon è il viaggio di un uomo davanti alla scelta di prendere la parola. Seguendo i passi di uno scrittore nevralgico che non scrisse mai nemmeno un libro, e temendo il contagio del suo silenzio, quell'uomo si interroga su come stare al mondo. Forse vorrebbe solo vedere, e sentire, senza fermare nulla in forma di parole, perché «qualunque frase è contro il panorama». Ma per lui non c'è altra conclusione: «Scrivere non è importante, però non si può fare altro».
 

Il libro

«Il navigante segue il faro calcolando continuamente la distanza; è un buon modo, credo, quello di avvicinarsi alle cose misurando sempre quanto se ne è lontani».

«Il giovane ha fatto la sua scelta: cercherà di rappresentare le persone e le cose sulla pagina, non perché l’opera conta piú della vita, ma perché solo dedicando tutta la propria attenzione all’oggetto, in un’appassionata relazione col mondo delle cose, potrà definire in negativo il nocciolo irriducibile della soggettività, cioè se stesso».
Italo Calvino

Con questo suo esordio cosí luminoso e inclassificabile, nel 1983 Daniele Del Giudice apriva una nuova strada per il romanzo italiano. Lo stadio di Wimbledon è la storia di un incontro impossibile, quello tra chi in queste pagine dice io e un non-scrittore morto da anni, una figura evanescente e inafferrabile, decisiva per la società culturale del suo Paese pur senza aver mai scritto una riga. Il protagonista si mette sulle tracce di quest’uomo irraggiungibile e conosce chi una volta l’aveva amato, calpesta i suoi stessi marciapiedi, si fa largo tra le maglie della memoria nella speranza impossibile di trovare risposte al suo enigma: perché non ha lasciato qualcosa di scritto? Ma in fondo, come suggeriva Calvino nella quarta di copertina, chi sia quest’uomo e da cosa fosse mosso non è poi tanto importante. A contare davvero sono le domande e le inquietudini che attraversano il libro, e la dialettica tra letteratura e vita che va in scena appena sotto la superficie delle frasi. È meglio rappresentare la vita delle persone o agire su di essa? Raccontare o esistere? A contare davvero è la luce di una scrittura senza eguali.

Daniele Del Giudice

Daniele Del Giudice
© Basso Cannarsa
 
Daniele Del Giudice è nato a Roma nel 1949. Per molti anni è vissuto a Venezia, dove è morto nel 2021. Ha pubblicato Lo stadio di Wimbledon (1983), Atlante occidentale (1985), Nel museo di Reims (1988), Staccando l'ombra da terra (1994), Mania (1997), I-Tigi. Canto per Ustica (2001 e 2009, con Marco Paolini), Orizzonte mobile (2009), In questa luce (2013) e I racconti (2016). Nel 2002 gli è stato assegnato il premio Feltrinelli - Accademia dei Lincei per il complesso della sua opera narrativa, e nel 2021 il Premio Fondazione Il Campiello alla Carriera. Tutti i suoi libri sono stati pubblicati da Einaudi.

 RECENSIONE

Da sempre l'uomo si è chiesto <<Io chi sono?>> o, come la mette Giacomo Leopardi, <<Ed io chi sono?>>. La domanda ha attraversato i secoli e dato luogo a miriadi di argomentazioni e di ipotesi. Per il momento però non si è trovata alcuna risposta ragionevole a tale interrogativo. Tutto è diventato ancora più attuale, quando il nostro protagonista si è visto alcune parti del suo cervello <<sano>> prima di me quello che sto per fare.

Così facendo si etichetta però implicitamente come non-Io, tutta l'attività di natura cerebrale, per non parlare di quella rimanente del sistema nervoso e del corpo stesso. Quest'opzione genera così' almeno due problemi di carattere generale: l'incapacità di comprendere molti fenomeni del nostro modo di essere - quando si è sani e, a maggior ragione, quando si è malati - e il fatto che quando si parla di cercare noi stessi e di esplorare la nostra vera natura - incluso il venerabile ma frusto motto nosce te ipsum - (conosci te stesso) - , non si parla sempre della sola nostra volontà cosciente, i cui  contenuti sono chiaramente plasmati da usi e costumi sociali e spesso figli e tributari di pregiudizi e di <<mode intellettuali>> di ogni tipo, che è ben difficile considerare veramente nostre e, ancor peggio, di DDG.

Siamo allora un monoblocco unico, che abita il nostro corpo. Faccio quindi, questo viaggio (e scrivo). Nel 1983 Daniele Del Giudice apriva una nuova strada per il romanzo italiano. Lo stadio di Wimbledon (Einaudi, Supercoralli?, è la storia di un incontro impossibile, quello tra chi in queste pagine dice io e un non-scrittore morto da anni, una figura evanescente e inafferrabile, decisiva per la società culturale del suo Paese pur senza aver mai scritto una riga.

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“Faccio questo viaggio per capire cosa avrebbe o potuto scrivere se ne fosse stato in grado.

E voglio scriverlo io.

Per lui.”

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La scrittura, la lingua, le parole e le sequenze di parole, magari di una sola riga, mi hanno sempre affsascinato. Sentivo, e continuo a sentire ancora adesso, che la lingua possiede un potere. Percepivo che da qualche parte nell'universo - in un albero, in uno stadio, in un cielo - c'erano delle parole in attesa. Sentivo che le parole erano lì e che qualcuno doveva ascoltarle. 

Io sentivo il desiderio dell'incanto. Che non è affatto sentimentalismo. Le storie sono ovunque. Anche ora, nonostante si faccia largo tra le maglie della memoria nella speranza impossibile di trovare risposte al suo enigma: perché non ha lasciato qualcosa di scritto? Perchè vorrebbe scrivere? Chi passerebbe, come ha fatto Flaubert, due settimane a trovare il modo giusto di raccontare il cielo?

Gli evidenti elementi autobiografici di  Lo stadio di Wimbledon, mi hanno dato coraggio, mi hanno insegnato a trasformare l'autobiografia dello scrittore in quella del lettore. A fare la transizione da sè all'altro, mantenendo tutta la potenza del sè. In molta prosa che leggo non vedo questa transizione. Vedo spadroneggiare l'io.

Che è d'intralcio.

Si. Ostacola e limita la purezza o l'ardore del libro. Lo vedo in continuazione e mi spiace.

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“Siamo noi i distruttori.

Noi che abitiamo il tempo.

Dopo il nostro passaggio niente è più vivo, mobile, caldo.

Rimangono solo i ricordi, simili ad enormi monoliti preistorici, segnali muti di un’esistenza che la nostra testa di Medusa ha fissato per vivere.”

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Da giovane DDG aveva un vena poetica. Un trattro che le è rimasto?

Si, purtroppo. Mi piacerebbe avere una vita un pò più normale, ma non mi piace il prezzo che si deve pagare. Bisogna sempre imparare, osservsare, essere aperti o permeabili alle cose, e credo sia difficile che questo si accordi con la vita in generale. Ho ereditato quest'etica, sono uno scrittore attento, ma anche avido. 

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E ancora: “Non è mia intenzione scrivere una biografia di DDG. A dire il vero non vorrei neanche nominarlo se fosse possibile. Per me è una figura letteraria, capisci, è fatto di libri, di frasi che mi si sono appiccicate addosso. Se è vero che gli autori coincidono con i romanzi che scrivono, dove potrei cercarlo con più sicurezza se non tra le sue pagine?”

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Nel suo libro parla di una mancanza, di una perdita, di un posto, di un ruolo nel mondo?

Vede, il problema è che lei, con tutti questi stratagemmi letterari, anche divertenti, per carità, come la macchina da scrivere, i finti racconti, i personaggi immaginari, magari ha imbastito una storia interessante, ma resta un punto fermo: dello scrittore lei non sa niente. E’ tutta immaginazione. Se avesse davvero parlato con i familiari o con gli amici, di sicuro avrebbe scritto un libro più banale, una biografia come mille altre, ma almeno non si sarebbe allontanato così tanto dalla verità. Vuole sapere com’era davvero il suo DDG prima della malattia?”

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 Allora parla di una perdita?

Si, infatti continua, con questa frase: <<Non crederai quante parole ci siano per definire una perdita un'assenza e che musica selvaggia si possa trarre da esse>>. Io stesso sento la mancanza di una presenza viva e di quel che significa, altrimenti non avrei potuto scrivere il libro che parla non solo di malattia, ma di solitudine e terrore. Non avrei potuto farlo senza i miei terrori. 

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Oggi, come si sente? 

Svuotato.

Che memoria pensa di aver perduto?

Di sicuro la memoria prossima: se ho detto, letto il giorno prima lo dimentico completamente. Nella malattia si sono attivati i ricordi d'infanzia ma sono di nuovo spariti.

E dunque che significa essere unoscrittore?

Uno scrittore non serve a se stesso, ma agli altri: ecco il senso della tragedia collettiva del '900, una società in disfacimento, moscia e autolesionista.

 

 

I SOCIAL NETWORK. LE APP PER SCAMBIARE MESSAGGI

Buongiorno. I social network hanno una natura ben precisa: <<Soddisfano il bisogno umano di dire la propria, di esserci, anche a costo di alzare la voce e alterare la propria personalità>>. Le app di messaggistica stanno introducendo <<un nuovo alfabetismo>> basato sulle immagini: <<Posso esprimere ogni cosa con un'emoticon, un'etichetta e gli altri di certo saranno in grado di decodificare il mio messaggio>>. 

In effetti, una delle caratteristiche di molti programmi riguarda proprio lo scambio di adesivi personalizzati. In un certo senso, le chat app realizzano il sogno di ogni azienda di poter raggiungere davvero - con una notifica sul cellulare - ogni singolo cliente per convincerlo a comprare. Sarà così?

lunedì 17 gennaio 2022

RECENSIONE: CORPI CELESTI DI J0KHA ALHARTHI - BOMPIANI

La storica e conduttrice Bettany Hughes ha consegnato il premio durante una cerimonia alla Roundhouse di Londra. «La sua delicata arte ci porta in una comunità riccamente immaginata - dice del libro vincitore - aprendosi per affrontare questioni profonde di tempo e mortalità e aspetti inquietanti della nostra storia condivisa. Lo stile è una metafora per il soggetto, resistendo in modo sottile ai cliché di razza, schiavitù e genere». «La traduzione è precisa e lirica - aggiunge - intrecciando le cadenze della poesia e del linguaggio quotidiano. I corpi celesti evocano le forze che ci vincolano e quelle che ci rendono liberi».

Luke Ellis, amministratore delegato di Man Group, ha aggiunto: «Come uno dei primi premi letterari a celebrare il lavoro di autori internazionali e, negli ultimi anni, a celebrare le fiction tradotte, il Man Booker International Prize gioca un ruolo inestimabile nell'incoraggiare un diversità della voce nella narrativa in tutto il mondo»

È andato a una scrittrice dell’Oman il Man Booker Prize britannico per la migliore traduzione. Jokha Alharthi, scrive il Guardian, è la prima autrice donna di questo Paese a essere tradotta in inglese: da Marilyn Booth, anche lei premiata con il riconoscimento. Il romanzo Celestial bodies («corpi celesti», ancora inedito in italiano) fa quello che la letteratura riesce a fare quando è al suo meglio: apre mondi fino ad allora sconosciuti ai suoi lettori, li porta in un luogo in cui sono mai stati.

Corpi celesti

di Jokha Alharthi (Autore)

Bompiani, 2022 
Pagine 264 
Euro 18,00

 

 

 

 

 

Il libro

Nel piccolo paese di ‘Awafi, in Oman, vivono tre sorelle. Mayya, la maggiore, sposa ‘Abdallah, figlio di un ricco mercante di schiavi, dopo aver sofferto patimenti d’amore. Insieme saranno felici, e la loro unica figlia femmina, London, diventerà medico e sarà una donna forte ed emancipata. Asma’, appassionata di letteratura e romantica sognatrice, si sposa per puro senso del dovere. Khawla, la più bella, rifiuta tutti i pretendenti e resta in attesa del suo grande amore, emigrato in Canada. Intrecciando le vicende di ‘Abdallah, il cuore del romanzo, che riflette sulla sua vita mentre si trova in volo verso Francoforte, a quelle delle tre sorelle e dei loro figli, Jokha Alharthi tratteggia un vivido affresco dell’Oman di oggi, con le luci e le ombre che lo contraddistinguono. Grazie alla sapiente alternanza tra passato e presente, la narrazione scorre come un fiume in piena, animata dal desiderio di confrontarsi con antiche regole e infine sovvertirle. 

Jokha Alharthi

Jokha Alharthi è nata nel 1978 e ha studiato nell’Oman e a Edimburgo. Autrice di romanzi, storie per ragazzi e saggi, insegna letteratura araba alla Sultan Qaboos University, non lontano dalla capitale omanita, Mascate. Nel 2019 Corpi celesti ha vinto il Man Booker International Prize.
 
RECENSIONE

È andato a una scrittrice dell’Oman il Man Booker Prize britannico per la migliore traduzione. Jokha Alharthi, scrive il Guardian, è la prima autrice donna di questo Paese a essere tradotta in inglese: da Marilyn Booth, anche lei premiata con il riconoscimento. Il romanzo Celestial bodies («corpi celesti», ancora inedito in italiano) fa quello che la letteratura riesce a fare quando è al suo meglio: apre mondi fino ad allora sconosciuti ai suoi lettori, li porta in un luogo in cui sono mai stati.

«Attraverso i diversi tentacoli della vita, degli amori e delle perdite delle persone, ci fa conoscere questa società» ha spiegato la presidente del premio Bettany Hughes. «Inizia in una stanza e finisce in un mondo. Ci ha fatto sentire di avere accesso a idee e pensieri ed esperienze che normalmente non sono dati in inglese. 

Nella sua analisi di genere, razza, distinzione sociale e schiavitù evita tutti gli stereotipi che ci si aspetterebbe. Ci sono sorprese dappertutto. Ce ne siamo innamorati», ha aggiunto. Allo stesso tempo — e giustamente — la traduttrice del romanzo Marilyn Booth rivendica che l’opera di Alharthi debba essere valutata per il suo valore letterario, come arte che «allarga i confini di ciò che si può pensare e dire» e non solo come «una mappa stradale per il mondo arabo»: «Quello che si impara veramente qui “sul mondo arabo” è che ci sono fantastici romanzieri» ha detto, «non solo nei centri più noti della creazione letteraria come l’Egitto, la Palestina, il Libano, il Marocco e molti altri luoghi, ma anche in un Paese meno esplorato dal punto di vista letterario come l'Oman.

Col suo romanzo Celestial Bodies (Corpi celesti) porta per la prima volta un autore arabo su questo podio prestigioso ed è la prima donna omanita a veder tradotto un proprio testo in inglese. Celestial Bodies racconta la storia di tre sorelle in un villaggio dell’Oman prese da vicende e stati d’animo diversi, che tra il poetico e l’immaginifico si rapportano coi sentimenti narrando al contempo i cambiamenti sociali che hanno attraversato il paese. E si addentra in tematiche sensibili quali la schiavitù, abolita in Oman nel 1970 - che, come ha ricordato l’autrice, non è esclusiva di qualche paese ma è parte della storia dell’umanità - che trovano nella letteratura l’ambito ideale per essere affrontate.

La storica Bettany Hughes, presidente della giuria del premio, come riporta il Guardian, ha sottolineato che “attraverso i vari ambiti di vita della vita delle persone, gli amori e le sconfitte, veniamo a conoscenza di tutte le componenti di questa società, dalle famiglie più povere degli schiavi che lavorano a quelli che fanno soldi attraverso l'avvento di una nuova ricchezza in Oman e a Mascate. Una storia che inizia in una stanza e finisce in un mondo”. Eppure schiva qualunque stereotipo di genere e di razza, qualsiasi distinzione sociale. Per questo, conclude Bettany Hughes, “ce ne siano innamorati”.

Dimostra anche che la creatività e la ricchezza letteraria sono ben presenti nel mondo arabo e non solo nei paesi più celebrati quali l’Egitto, la Palestina, il Libano e il Marocco. “forse quello che si impara di più è quanto siano simili nella loro ordinarietà, negli scambi umani e nelle emozioni e in che modo le società che potrebbero apparire così diverse siano in realtà così simili”, ha aggiunto la studiosa Marilyn Booth, traduttrice del libro premiato.

La presidente di giuria, Bettany Hughes, è soddisfatta dalla votazione all’unanimità e ha sottolineato l’importanza di questo romanzo che «unisce una certa delicatezza al racconto spietato di una storia che ci accomuna». Hughes si riferisce al tema centrale del romanzo: le conseguenze, in Oman, della dominazione coloniale inglese, descritta utilizzando il prisma del racconto di famiglia.

E quasi a farle eco, l’autrice Jokha Alharthi ha spiegato che “gli scrittori affrontano sacrifici e trovano gioia nello scrivere o nell'arte, come da qualsiasi altra parte. Questo è qualcosa che il mondo intero ha in comune. Gli omaniti, coi loro scritti, invitano gli altri a guardare l'Oman con mente e cuore aperti. Non importa dove ti trovi, amore, sconfitta, amicizia, dolore e speranza sono gli stessi sentimenti e l'umanità ha ancora molto da lavorare per credere a questa verità."

In Celestial bodies le protagoniste sono sorelle (molto diverse tra loro): Mayya che sposa Abdallah dopo una delusione d’amore; Asma che si sposa per senso del dovere; e Khawla, il cui amato emigra in Canada. Le vicende delle tre sono l’espediente narrativo per raccontare un Paese in bilico tra tradizione e innovazione, nel momento in cui l’Oman si evolveva da Paese caratterizzato da una società tradizionale in cui si praticava ancora la schiavitù, a volano di sviluppo in un presente del tutto diverso.

 La Alharthi, che non è nuova al grande pubblico arabo, anche in virtù dei numerosi servizi televisivi realizzati su di lei, ha detto: «Con questo premio, spero che i lettori internazionali scoprano l’Oman e sappiano che lì c’è una comunità di scrittori e di artisti di talento che vivono e lavorano per l’arte».

Così, per una volta, la vincita di una donna non è diventata motivo di invidia o di incitamento all’odio: Jokha Alharthi è stata sommersa di complimenti e congratulazioni proprio dalle sue omologhe arabe perché la sua vittoria ha sdoganato decenni di talenti e di fatiche non riconosciuti sulla scena internazionale. Era ora che la vittoria di una le facesse vincere, idealmente, tutte.

Celestial Bodies è stato selezionato in una rosa di candidati quasi interamente femminili, tra cui l'ex vincitrice Olga Tokarczuk e l'acclamata autrice francese Annie Ernaux. Come ha fatto notare anche il New York Times, con 5 autrici candidate su 6, le donne quest'anno si sono prese, evviva aggiungiamo, la scena del Man Booker. E questa maggioranza di donne è tanto più inaspettata, se si pensa che quello del Man Prize è storicamente un contesto editoriale maschile: "Nel 2017 - ha dichiarato Meytal Radzinski, fondatrice del sito dedicato alla letteratura fatta da donne e ragazze Women in Traslation - solo il 31 per cento dei nuovi lavori tradotti in inglese e pubblicati negli USA nel 2017 era scritto da donne".  

Ma, tornando alla vincitrice di questo 2019, la sua traduttrice Marilyn Booth, con la quale Alharti ha deciso di dividere il premio di 50 mila sterline, ha detto di "essere felice che il premio abbia portato la letteratura dell'Oman all'attenzione di un pubblico più ampio, ma vorrei anche che narrativa araba smettesse di essere una sorta di "road map" per un mondo che noi occidentali conosciamo poco, ma soprattutto come arte, come scrittura immaginativa, che spinge più in là confini di ciò che può essere pensato e detto". 

La storica e conduttrice Bettany Hughes ha consegnato il premio durante una cerimonia alla Roundhouse di Londra. «La sua delicata arte ci porta in una comunità riccamente immaginata - dice del libro vincitore - aprendosi per affrontare questioni profonde di tempo e mortalità e aspetti inquietanti della nostra storia condivisa. Lo stile è una metafora per il soggetto, resistendo in modo sottile ai cliché di razza, schiavitù e genere». «La traduzione è precisa e lirica - aggiunge - intrecciando le cadenze della poesia e del linguaggio quotidiano. I corpi celesti evocano le forze che ci vincolano e quelle che ci rendono liberi».

Luke Ellis, amministratore delegato di Man Group, ha aggiunto: «Come uno dei primi premi letterari a celebrare il lavoro di autori internazionali e, negli ultimi anni, a celebrare le fiction tradotte, il Man Booker International Prize gioca un ruolo inestimabile nell'incoraggiare un diversità della voce nella narrativa in tutto il mondo».

Alharth lo scrisse certo come provocazione al contesto in cui e immersa, ma alcuni libri e personaggi di  Jokha Alharth hanno la potenza di essere fuori dal tempo, e proprio per questo sempre, obliquamente, calzanti.  è una delle tante incarnazioni di personaggi unici e simili a lei che costellano la storia della filosofia e della letteratura, oltre che la Storia stessa, mescolandone i piani

La figura femminile è uno di quei personaggi che per anni e decenni percorrono le vie e le vite di una città, finendo per imprimersi nella memoria di tutti, una sorta di jolly o figura principale che con il suo modo di stare al mondo e le sue parole incarna un germe di sovversione nel pacificato pensiero comune. 

Sogna “il rovesciamento dell'assetto capitalistico mediante la conversione di milioni di lavoratrici all'accattonaggio, la costituzione di una società nuova, anarchicamente religiosa, in cui la proprietà, non vietata da nessuna legge, divenisse un'estraneazione, una malattia riprovevole, oggetto di repulsione e di compassione allo stesso tempo”.

Le donne – quando non si adattano al “sistema di convenzioni e stereotipie” rivendicato dagli uomini.  

Si scaglia contro l'Impero della Stupidità, un impero basato su efficienza, comodità e funzionalità, in cui ogni inquietudine e ogni incursione di spiritualità vanno “definite, spiegate, diagnosticate” e la “praticità” soverchia “l'aspirazione alla totalità”.

Cosa teme?

Jokha Alharth dissoda tanto il mondo in cui è ambientato, e quello in cui è scritto e pensato, quanto quello in cui viviamo ora, e forse la realtà tutta. Di questo Impero della Stupidità assume su di sé la colpa, si ritiene “l'individuo simultaneo con la storia intera: il colpevole per lo scoppio di tutte le guerre, il responsabile di tutte le ingiustizie”

  E la colpa da espiare è la mediocrità, la banalità del male della femminilità  universale, che esegue e non domanda, incarnazione dello “spirito pratico, qualità fondamentale della stupidità”. A salvarcene, sono la follia e il demone dell'ironia: “il riso purifica come un fuoco sacro ma questa cosa la sanno solo i folli, i profeti e i santi”. Jokha Alharth  si trova il sublime nel ridicolo, cerca in questo mondo la salvezza, e il dio di cui sente la fiamma sta fra i mendicanti e i folli, i vecchi amici, i pazzi, le notti putride, i santi e i profeti erranti di cui parlano le sue pagine. Un immaginario e delle parole che a sentirle oggi sembrano sgonfiate, svuotate del loro simbolico e prive di magia, ma dalla bocca di Jokha Alharth come nelle canzoni di De André o nel Ladro e nel Joker di Bob Dylan (All Along the Watchtower), sono ancora vive, ancora un germe potente che incanta e dissesta.Come Socrate, Jokha Alharth pensa che la verità non possa essere comunicata che a viva voce, per questo si aggira per le strade della città, unico luogo che gli appartiene, e parla con la gente. Si lamenta della scrittura che uccide la memoria e di chi non riesce nemmeno a pensare senza un foglio bianco davanti (e ora, a cinquant'anni di distanza, ci si accorge che in effetti c'è chi non riesce più a pensare senza uno schermo davanti). Fino a sostenere che la scrittura (e poi a maggior ragione la stampa, e chissà cosa avrebbe detto del digitale), colpevole di una grande vittoria dell'avere sull'essere, sia strumento di potere e abbia “accentuato enormemente le possibilità dell'oppressione e dello sfruttamento” e “reso possibile la costituzione di alcuni grandi imperi” e ad affermare che la libertà, a questo punto, è possibile solo “come uscita dalla storia e come oblio”. Niente di più attuale.Così ricorda proprio quegli stessi personaggi, Socrate, Diogene, Cristo, San Francesco, Baal Shem Tov, Zarathustra, Dioniso, il Giullare e il Ladro e forse Bob Dylan stesso che sono sempre fuori dalla Storia, sempre sfuggenti, estemporanei, come estemporanea è questa splendida opera che dal 29 luglio è apparsa in libreria e più che dire “sembra scritta ieri”, si può dire che sembri scritta “sempre”.