La storica e conduttrice Bettany Hughes ha consegnato il premio durante una cerimonia alla Roundhouse di Londra. «La sua delicata arte ci porta in una comunità riccamente immaginata - dice del libro vincitore - aprendosi
per affrontare questioni profonde di tempo e mortalità e aspetti
inquietanti della nostra storia condivisa. Lo stile è una metafora per
il soggetto, resistendo in modo sottile ai cliché di razza, schiavitù e
genere». «La traduzione è precisa e lirica - aggiunge -
intrecciando le cadenze della poesia e del linguaggio quotidiano.
I corpi celesti evocano le forze che ci vincolano e quelle che ci
rendono liberi».
Luke Ellis, amministratore delegato di Man Group, ha aggiunto: «Come
uno dei primi premi letterari a celebrare il lavoro di autori
internazionali e, negli ultimi anni, a celebrare le fiction tradotte, il
Man Booker International Prize gioca un ruolo inestimabile
nell'incoraggiare un diversità della voce nella narrativa in tutto il
mondo».
È andato a una scrittrice dell’Oman
il Man Booker Prize britannico per la migliore traduzione. Jokha
Alharthi, scrive il Guardian, è la prima autrice donna di questo Paese a
essere tradotta in inglese: da Marilyn Booth, anche lei premiata con il
riconoscimento. Il romanzo Celestial bodies («corpi
celesti», ancora inedito in italiano) fa quello che la letteratura
riesce a fare quando è al suo meglio: apre mondi fino ad allora
sconosciuti ai suoi lettori, li porta in un luogo in cui sono mai stati.
Pagine 264
Euro 18,00
Il libro
Nel piccolo paese di ‘Awafi, in Oman, vivono tre
sorelle. Mayya, la maggiore, sposa ‘Abdallah,
figlio di un ricco mercante di schiavi, dopo aver
sofferto patimenti d’amore. Insieme saranno
felici, e la loro unica figlia femmina, London,
diventerà medico e sarà una donna forte
ed emancipata. Asma’, appassionata di letteratura
e romantica sognatrice, si sposa per puro senso
del dovere. Khawla, la più bella, rifiuta tutti
i pretendenti e resta in attesa del suo grande
amore, emigrato in Canada. Intrecciando
le vicende di ‘Abdallah, il cuore del romanzo,
che riflette sulla sua vita mentre si trova in volo
verso Francoforte, a quelle delle tre sorelle e
dei loro figli, Jokha Alharthi tratteggia un vivido
affresco dell’Oman di oggi, con le luci e le ombre
che lo contraddistinguono. Grazie alla sapiente
alternanza tra passato e presente, la narrazione
scorre come un fiume in piena, animata
dal desiderio di confrontarsi con antiche regole
e infine sovvertirle.
Jokha Alharthi
Jokha Alharthi è nata nel 1978 e ha studiato
nell’Oman e a Edimburgo. Autrice di romanzi,
storie per ragazzi e saggi, insegna letteratura
araba alla Sultan Qaboos University, non lontano
dalla capitale omanita, Mascate. Nel 2019 Corpi celesti ha vinto il Man Booker International Prize.
RECENSIONE
È andato a una scrittrice dell’Oman
il Man Booker Prize britannico per la migliore traduzione. Jokha
Alharthi, scrive il Guardian, è la prima autrice donna di questo Paese a
essere tradotta in inglese: da Marilyn Booth, anche lei premiata con il
riconoscimento. Il romanzo Celestial bodies («corpi
celesti», ancora inedito in italiano) fa quello che la letteratura
riesce a fare quando è al suo meglio: apre mondi fino ad allora
sconosciuti ai suoi lettori, li porta in un luogo in cui sono mai stati.
«Attraverso i diversi tentacoli della
vita, degli amori e delle perdite delle persone, ci fa conoscere questa
società» ha spiegato la presidente del premio Bettany Hughes. «Inizia
in una stanza e finisce in un mondo. Ci ha fatto sentire di avere
accesso a idee e pensieri ed esperienze che normalmente non sono dati in
inglese.
Nella sua analisi di genere,
razza, distinzione sociale e schiavitù evita tutti gli stereotipi che ci
si aspetterebbe. Ci sono sorprese dappertutto. Ce ne siamo innamorati»,
ha aggiunto. Allo stesso tempo — e giustamente — la traduttrice del
romanzo Marilyn Booth rivendica che l’opera di Alharthi debba essere
valutata per il suo valore letterario, come arte che «allarga i confini
di ciò che si può pensare e dire» e non solo come «una mappa stradale
per il mondo arabo»: «Quello che si impara veramente qui “sul mondo
arabo” è che ci sono fantastici romanzieri» ha detto, «non solo nei
centri più noti della creazione letteraria come l’Egitto, la Palestina,
il Libano, il Marocco e molti altri luoghi, ma anche in un Paese meno
esplorato dal punto di vista letterario come l'Oman.
Col suo romanzo Celestial Bodies
(Corpi celesti) porta per la prima volta un autore arabo su questo
podio prestigioso ed è la prima donna omanita a veder tradotto un
proprio testo in inglese.
Celestial Bodies racconta la storia di tre sorelle in un
villaggio dell’Oman prese da vicende e stati d’animo diversi, che tra il
poetico e l’immaginifico si rapportano coi sentimenti narrando al
contempo i cambiamenti sociali che hanno attraversato il paese. E si
addentra in tematiche sensibili quali la schiavitù, abolita in Oman nel
1970 - che, come ha ricordato l’autrice, non è esclusiva di qualche
paese ma è parte della storia dell’umanità - che trovano nella
letteratura l’ambito ideale per essere affrontate.
La storica Bettany Hughes, presidente della giuria del premio, come riporta il Guardian,
ha sottolineato che “attraverso i vari ambiti di vita della vita delle
persone, gli amori e le sconfitte, veniamo a conoscenza di tutte le
componenti di questa società, dalle famiglie più povere degli schiavi
che lavorano a quelli che fanno soldi attraverso l'avvento di una nuova
ricchezza in Oman e a Mascate. Una storia che inizia in una stanza e
finisce in un mondo”. Eppure schiva qualunque stereotipo di genere e di
razza, qualsiasi distinzione sociale. Per questo, conclude Bettany
Hughes, “ce ne siano innamorati”.
Dimostra anche che la creatività e la ricchezza letteraria sono ben
presenti nel mondo arabo e non solo nei paesi più celebrati quali
l’Egitto, la Palestina, il Libano e il Marocco. “forse quello che si
impara di più è quanto siano simili nella loro ordinarietà, negli scambi
umani e nelle emozioni e in che modo le società che potrebbero apparire
così diverse siano in realtà così simili”, ha aggiunto la studiosa
Marilyn Booth, traduttrice del libro premiato.
La presidente di giuria, Bettany Hughes, è
soddisfatta dalla votazione all’unanimità e ha sottolineato l’importanza
di questo romanzo che «unisce una certa delicatezza al racconto
spietato di una storia che ci accomuna». Hughes si riferisce al tema
centrale del romanzo: le conseguenze, in Oman, della dominazione
coloniale inglese, descritta utilizzando il prisma del racconto di
famiglia.
E quasi a farle eco, l’autrice Jokha Alharthi ha spiegato
che “gli scrittori affrontano sacrifici e trovano gioia nello scrivere o
nell'arte, come da qualsiasi altra parte. Questo è qualcosa che il
mondo intero ha in comune. Gli omaniti, coi loro scritti, invitano gli
altri a guardare l'Oman con mente e cuore aperti. Non importa dove ti
trovi, amore, sconfitta, amicizia, dolore e speranza sono gli stessi
sentimenti e l'umanità ha ancora molto da lavorare per credere a questa
verità."
In Celestial bodies
le protagoniste sono sorelle (molto diverse tra loro): Mayya che sposa
Abdallah dopo una delusione d’amore; Asma che si sposa per senso del
dovere; e Khawla, il cui amato emigra in Canada. Le vicende delle tre
sono l’espediente narrativo per raccontare un Paese in bilico tra
tradizione e innovazione, nel momento in cui l’Oman si evolveva da Paese
caratterizzato da una società tradizionale in cui si praticava ancora
la schiavitù, a volano di sviluppo in un presente del tutto diverso.
La Alharthi, che non è nuova al grande pubblico arabo, anche in virtù
dei numerosi servizi televisivi realizzati su di lei, ha detto: «Con
questo premio, spero che i lettori internazionali scoprano l’Oman e
sappiano che lì c’è una comunità di scrittori e di artisti di talento
che vivono e lavorano per l’arte».
Così, per una volta, la vincita di una donna non è diventata
motivo di invidia o di incitamento all’odio: Jokha Alharthi è stata sommersa di
complimenti e congratulazioni proprio dalle sue omologhe arabe perché la
sua vittoria ha sdoganato decenni di talenti e di fatiche non
riconosciuti sulla scena internazionale. Era ora che la vittoria di una
le facesse vincere, idealmente, tutte.
Celestial Bodies è stato selezionato in una rosa di candidati quasi interamente femminili, tra
cui l'ex vincitrice Olga Tokarczuk e l'acclamata autrice francese Annie
Ernaux. Come ha fatto notare anche il New York Times, con 5 autrici
candidate su 6, le donne quest'anno si sono prese, evviva aggiungiamo,
la scena del Man Booker. E questa maggioranza di donne è tanto più
inaspettata, se si pensa che quello del Man Prize è storicamente un
contesto editoriale maschile: "Nel 2017 - ha dichiarato Meytal
Radzinski, fondatrice del sito dedicato alla letteratura fatta da donne e
ragazze Women in Traslation - solo il 31 per cento dei nuovi lavori
tradotti in inglese e pubblicati negli USA nel 2017 era scritto da
donne".
Ma, tornando alla vincitrice di questo 2019, la sua
traduttrice Marilyn Booth, con la quale Alharti ha deciso di dividere
il premio di 50 mila sterline, ha detto di "essere felice che il premio
abbia portato la letteratura dell'Oman all'attenzione di un pubblico più
ampio, ma vorrei anche che narrativa araba smettesse di essere una
sorta di "road map" per un mondo che noi occidentali conosciamo poco, ma
soprattutto come arte, come scrittura immaginativa, che spinge più in
là confini di ciò che può essere pensato e detto".
La storica e conduttrice Bettany Hughes ha consegnato il premio durante una cerimonia alla Roundhouse di Londra. «La sua delicata arte ci porta in una comunità riccamente immaginata - dice del libro vincitore - aprendosi
per affrontare questioni profonde di tempo e mortalità e aspetti
inquietanti della nostra storia condivisa. Lo stile è una metafora per
il soggetto, resistendo in modo sottile ai cliché di razza, schiavitù e
genere». «La traduzione è precisa e lirica - aggiunge -
intrecciando le cadenze della poesia e del linguaggio quotidiano.
I corpi celesti evocano le forze che ci vincolano e quelle che ci
rendono liberi».
Luke Ellis, amministratore delegato di Man Group, ha aggiunto: «Come
uno dei primi premi letterari a celebrare il lavoro di autori
internazionali e, negli ultimi anni, a celebrare le fiction tradotte, il
Man Booker International Prize gioca un ruolo inestimabile
nell'incoraggiare un diversità della voce nella narrativa in tutto il
mondo».
Alharth
lo scrisse certo come provocazione al contesto in cui e immersa, ma alcuni libri e personaggi di Jokha Alharth hanno la potenza di essere fuori
dal tempo, e proprio per questo sempre, obliquamente, calzanti. è una delle tante incarnazioni di personaggi unici e
simili a lei che costellano la storia della filosofia e della
letteratura, oltre che la Storia stessa, mescolandone i piani
La figura femminile è uno di quei personaggi che per anni e decenni
percorrono le vie e le vite di una città, finendo per imprimersi nella
memoria di tutti, una sorta di jolly o figura principale che con il suo
modo di stare al mondo e le sue parole incarna un germe di sovversione
nel pacificato pensiero comune.
Sogna “il rovesciamento dell'assetto capitalistico
mediante la conversione di milioni di lavoratrici all'accattonaggio, la
costituzione di una società nuova, anarchicamente religiosa, in cui la
proprietà, non vietata da nessuna legge, divenisse un'estraneazione, una
malattia riprovevole, oggetto di repulsione e di compassione allo
stesso tempo”.
Le donne – quando non si adattano al “sistema di convenzioni e stereotipie” rivendicato dagli uomini.
Si scaglia contro l'Impero della Stupidità, un impero basato su
efficienza, comodità e funzionalità, in cui ogni inquietudine e ogni
incursione di spiritualità vanno “definite, spiegate, diagnosticate” e
la “praticità” soverchia “l'aspirazione alla totalità”.
Cosa teme?
Jokha Alharth dissoda tanto il mondo in cui è ambientato, e quello
in cui è scritto e pensato, quanto quello in cui viviamo ora, e forse la
realtà tutta. Di questo Impero della Stupidità assume su di sé la
colpa, si ritiene “l'individuo simultaneo con la storia intera: il
colpevole per lo scoppio di tutte le guerre, il responsabile di tutte le
ingiustizie”
E la colpa da espiare è la mediocrità, la banalità del male della femminilità
universale, che esegue e non domanda, incarnazione dello “spirito
pratico, qualità fondamentale della stupidità”. A salvarcene, sono la
follia e il demone dell'ironia: “il riso purifica come un fuoco sacro ma
questa cosa la sanno solo i folli, i profeti e i santi”. Jokha Alharth si trova
il sublime nel ridicolo, cerca in questo mondo la salvezza, e il dio di
cui sente la fiamma sta fra i mendicanti e i folli, i vecchi amici, i
pazzi, le notti putride, i santi e i profeti erranti di cui parlano le
sue pagine. Un immaginario e delle parole che a sentirle oggi sembrano
sgonfiate, svuotate del loro simbolico e prive di magia, ma dalla bocca
di Jokha Alharth come nelle canzoni di De André o nel Ladro e nel
Joker di Bob Dylan (All Along the Watchtower), sono ancora vive, ancora
un germe potente che incanta e dissesta.Come Socrate, Jokha Alharth pensa che
la verità non possa essere comunicata che a viva voce, per questo si
aggira per le strade della città, unico luogo che gli appartiene, e
parla con la gente. Si lamenta della scrittura che uccide la memoria e
di chi non riesce nemmeno a pensare senza un foglio bianco davanti (e
ora, a cinquant'anni di distanza, ci si accorge che in effetti c'è chi
non riesce più a pensare senza uno schermo davanti). Fino a sostenere
che la scrittura (e poi a maggior ragione la stampa, e chissà cosa
avrebbe detto del digitale), colpevole di una grande vittoria dell'avere
sull'essere, sia strumento di potere e abbia “accentuato enormemente le
possibilità dell'oppressione e dello sfruttamento” e “reso possibile la
costituzione di alcuni grandi imperi” e ad affermare che la libertà, a
questo punto, è possibile solo “come uscita dalla storia e come oblio”.
Niente di più attuale.Così ricorda proprio quegli stessi personaggi,
Socrate, Diogene, Cristo, San Francesco, Baal Shem Tov, Zarathustra,
Dioniso, il Giullare e il Ladro e forse Bob Dylan stesso che sono sempre
fuori dalla Storia, sempre sfuggenti, estemporanei, come estemporanea è
questa splendida opera che dal 29 luglio è apparsa in libreria e più
che dire “sembra scritta ieri”, si può dire che sembri scritta “sempre”.