mercoledì 13 luglio 2022

BUONGIORNO. DAL DIARIO DELLE MIE VACANZE 2022. Racconto n. 1 - FOTO PER IL MIO ALBUM.

Buongiorno. Dal Diario delle miei vacanze 2022. 

Piove, e già questo non è bello se sei in strada senza ombrello; manca un'ora al treno, e neppure questo è bello: hai un pò di tempo, ma non troppo. Perciò Elvira entra in una caffetteria e si mette in coda. Per quale accidenti di ragione allora prende la tazza che il barista ha preparato per Fulvio? Al tavolino accanto Victor, l'uomo dell'appuntamento al buio, tirò fuori la foto del delitto. Purtroppo lei - Elvira? Fulvio? - vollero vederla. Senza fretta, l'uomo estrasse la foto. Se sicura, Elvira? Sono le foto scattate sulla scena del crimine. Un delitto vero. Beh, io ... Meglio ordinare un altro drink, prima di tutto. Fece un cenno alla cameriera e ordinò subito. Dai, bevi - la incoraggiò lui. Non te ne pentirai. Elvira sapeva che non avrebbe dovuto, ci mancava solo un altro gin tonic, ma lo mandò giù ugualmente. Perchè lui voleva così. Avvertiva una strana sensazione che si andava dipanando tra di loro, qualcosa di strano e di pericoloso, a cui lei tuttavia non riusciva ad opporsi. L'uomo spinse la foto sul tavolo, verso di lei, a faccia in giù, quasi a tentarla. Lei appoggiò il bicchiere e avvicinò la foto. Sotto i polpastrelli delle dita, il foglio di carta le sembrò un pò viscido. Con noncuranza, come un giocatore di carte che non vuole svelare la sua mano, gettò un'occhiata furtiva, finchè i vari pezzi dell'immagine - gambe, braccia, due occhi spalancati e terrorizzati, una bocca congelata in una O - cominciarono a ricomporsi in un quadro preciso. Per quanto si sforzasse, a quel punto non riuscì più a distogliere lo sguardo. Le salì in gola un groppo di nausea. Aveva bevuto troppo, si rese conto, a stomaco vuoto. Sentiva su di sè lo sguardo di Victor. Le guance in fiamme, la bocca talmente inaridita da non riuscire a spiccicare parola. Come l'ha uccisa? - sussurò. Con la cintura - disse Victor. Gliel'ha stretta attorno al collo. Le ha fatto anche un sacco di altre cose. Faceva caldo, di colpo si ritrovò tutta sudata. Un odore pesante gravava nel bar ed era cominciato l'happy hour,, accompagnato da un gran baccano. Attraverso la finestra, alle spalle del bancone, vide la pioggia che scendeva ancora fitta in strada. Era ora di andare, si disse. Doveva alzarsi e respirare un pò d'aria fresca. Sì, pensò, una boccata d'aria fresca le avrebbe fatto bene. Elvira - disse lui, prendendole la mano. Cara Elvira. Debo andare, sul serio - disse lei. Ti ho spaventata? Non riusciva a guardarlo. La mano che lui le stringeva era umida di sudore. Avrebbe voluto ritirarla, ma non lo fece. Stordita, si appoggiò allo schienale. Si sentì addosso gli occhi di lui, che scrutavano la forma del suo seno e tutto il resto del suo corpo sotto il tavolo. Sei molto carina - le disse. Ti pego ... Dimmi il tuo vero nome. Che cosa? Tu non sei Elvira, vero? Dimmi la verità. Lui le sorrise, assai compiaciuto. Le bugie hanno le gambe corte - le disse. Non sono ... Ci sei riuscita a impersonarla, però. Ma lei non era simpatica come te. Non era ... accomodante come te. La fissò con freddezza. C'è sempre qualcuna che si porta via la tazza, vedi. E' un giochetto che mi diverto a fare di tanto in tanto. Giusto per ricordarmi fino a che punto siamo tutti vulnerabili. Ho provato a dirtelo - reagì lei, sforzandosi di ragionare con lui. Volevo dirtelo. Lui le si avvicinò e le circondò le spalle con un braccio. La attirò a sè e la tenne stretta. Un tonfo sordo le batteva nel petto. Doveva andarsene da quel posto. Se solo ... Era apparsa la caneriera, con un sorriso raggiante.. Depositò il conto sul tavolo. Mentre Victor estraeva il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni, Elvira si divincolò per alzarsi dal divano. Ho bisogno di un pò d'aria - si scusò. Vai avanti tu - le rispose. Senza alcuna fretta, Victor contò i soldi sul tavolo e cominciò a raccogliere le sue cose. Lei si era aperta un varco tra la folla del bar ed era uscita nella pioggia gelida. Si precipitò di corsa verso  l'angolo della strada per chiamare un taxi. Come per miracolo, una vettura si fermò e lei si precipitò all'interno, il volto rigato di lacrime. Grand Central - disse all'autista. Si voltò a guardare dal luntoo posteriore. Victor era uscito dal bar e stava aprendo l'ombrello. Da quella distanza, non pareva per nulla alterato, anzi, pareva non la cercasse nemmeno. Lei si chiese se per caso non se la fosse immaginata, quella conversazione, inventata di sana pianta. Ma a quel punto il taxi svoltò l'angolo e lui scomparve alla vista. Si rincantucciò nel sedile, cercando di riflettere. Gli aveva forse detto il suo nome? No. Gli aveva detto dove abitava? Solo che era in periferia, al nord della città, poteva essere da qualunque parte. Il cuore le batteva ancora all'impazzata, gli occhi le bruciavano di lacrime. Lui non conosceva la sua vera identità. Non dìsapeva il suo nome. Non sa il mio nome, si rassicurò. Mi chiamo Elvira! Urlo a voce alta, come se al solo sentirlo ogni cosa sarebbe tornata al suo posto. Questo è il mio nome, disse all'autista. E' il mio nome, mi sente? Mi chiamo Elvira.

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