domenica 15 settembre 2019

Post # 307/19 - Tag #amichedaunavita - Garzanti Libri

 L'equazione perfetta per proteggersi dalle curve del destino è l'amicizia, quella vera.
Da un biscotto condiviso nel cortile della scuola fino a diventare #amichedaunavita!
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Il suicidio di Cesare Semola nella lontana Milazzo, e la perdita del suo patrimonio in un'unica serata di gioco, ebbero per la Torrent Eden un significato assai più tragico della morte di un arciduca austriaco per mano di uno studente serbo nella lontana Bosnia, sebbene entrambi gli avvenimenti avessero avuto luogo nello stesso giorno di fine giugno. La gente del villaggio non conosceva tutti i particolari del dramma avvenuto in casa Semola, ma le voci correvano ed erano molto vicine alla verità.

Molti anni prima, i vigneti e la ditta di importazione di vini che ora facevano parte della proprietà dei Semola, erano stati ereditati dalla bella moglie di Cesare, che era per metà spagnola. Costei detestava il clima di Milazzo e si sentiva assai più felice sull'isola soleggiata e sempre in fiore, al largo della costa africana. Follemente innamorato, Cesare aveva abbandonato la carriera politica per darsi al commercio del vino, ma quando la moglie era morta tragicamente, in giovane età, lui non se l'era sentita di abbandonare Milazzo e la casa in cui erano stati così felici insieme. Aveva mandato i suoi tre figli a studiare a Roma, con una governante e alcune persone di servizio fidate che dovevano tenerli d'occhio durante le vacanze scolastiche nella dimora di famiglia, nel Garden House Green.

Un dolore terribile, distruttivo, unito alla crescente dipendenza dal vino su cui era stata costruita la sua fortuna finanziaria, aveva fatto di Semola un giocatore accanito che aveva finito per perdere tutte le sue proprietà di Milazzo, il contenuto delle cantine Semola e la ditta distributrice di vino a Milazzo. Fortunatamente, sembrava essersi dimenticato di Torrent Eden e della tenuta che la circondava. Sembrava essersii scordato anche dei suoi tre figli. Il giorno seguente a quella disastrosa serata di gioco, quando si era reso conto d'aver gettato via tutto quello che sua moglie aveva avuto caro, Cesare si era lanciato tra le acque che schiumavano ai piedi della scogliera che si ergeva lungo la costa.

I fratelli Semola erano come tramortiti. Sapevano tutti e tre che la vita non sarebbe stata più la stessa. Marino accettava le improvvise difficoltà economiche con filosofica rassegnazione, ma in compenso era desolato per Claudio, il quale appariva letteralmente distrutto: aveva ereditato una casa patrizia circondata da una vasta proprietà, ma nessuna rendita con cui mantenerla. Era una situazone che mai avrebbe potuto prevedere, abituato com'era, da sempre, alla ricchezza.

Tre giorni dopo l'arrivo di quel telegramma, Marino accompagnò Claudio a Milazzo per una serie di penosi colloqui con il legale di famiglia, incaricato di metterli al corrente dei fatti. Anccora più sconvolta dei fratelli, ma per un motivo diverso. Laura non aveva voluto andare con loro. Essendo la più giovane, aveva visto i genitori molto meno dei fratelli, considerava Cece e Rosa come custodi affezzionati e brontoloni. Marino come il suo mentore. Era molto affezzionata anche a Claudio, naturalmente, ma il fratello di mezzo suscitava in lei una sorta di autentica devozione.

Eppure, nemmeno a Marino poteva confidare, quello che ora la faceva soffrire. Era come una febbre che le confondeva le idee spingendola, durante il giorno, a bighellonare lontano da casa e, la notte, a restare insonne in preda ad ardenti fantasie. Mai, in precedenza, il desiderio di un uomo l'aveva sfiorata, e adesso non le dava più pace. Era più forte perfino della tragedia che aveva colpito la sua famiglia, e lei se ne vergognava. Il giorno in cui i suoi fratelli si recarono a Milazzo era il primo luglio, data tradizionale della festa di Torrent Eden, e Laura aspettava con crescente inquietudine che scendesse la sera. Dato che i Semola almeno ufficialmente, erano in lutto, vi sarebbero certo stati dei pettegolezzi se lei si fosse fatta vedere a quella festa. Eppure aveva in progetto di andarci, nella speranza di incontrare Albert Vanni. Forse la febbre le sarebbe passata; ma in cuor suo sapeva di non desiderare affatto che passasse, per ora, perchè era  l'esperienza più incantevole che gli fosse capitata.

Quella sera il personale di servizio era in libera uscita, fatta eccezione per la signora Filomena e Tito, i quali ritenevano che partecipare alla festa sarebbe stato un segno di poco rispetto verso il morto. Fu quindi abbastanza facile per Laura scivolare fuori di casa dopo cena, mentre i due anziani domestici la credevano in camera sua, a leggere. Nell'aria serale, un'eco di voci e di musica annunciava che i festeggiamenti erano in pieno svolgimento. Corse giù per il pendio boscoso, e sbucò dagli alberi sulla strada, nei pressi della casa del dottore. Accodandosi alla folla che si dirigeva verso i padiglioni e le giostre dei quartieri Espinosa, Laura passò inosservata attraverso un gruppo di giovani in cerca di allegria e di svaghi. Stava cercando una persona, ma fu lui a trovarla per prima.

<<Laura!>> La voce di Albert risuonò, vibrante di emozione. Con il cuore che gli martellava in petto, il giovane si girò di scatto e se la vide davanti all'improvviso, le guance soffuse di rossore e gli occhi splendenti nel chiarore che proveniva dalla locanda. 
<<Credevo che fossi andata a Milazzo>> gli disse.
<<Gli altri sono andati. Io sono rimasta a casa.>>
Rimasero a fissarsi. Poi Albert disse: <<Mi dispiace per tuo padre ... e per tutto il resto>>.
Laura si passò le dita tra i capelli biondi. <<Mio padre era un estraneo per me, praticamente.>>
<<Povera Laura>> mormorò dolcemente lui. E, dopo un respiro affrettato, aggiunse: <<Splendida.>>

Anche gli ultimi ritardatari sembravano svaniti in direzione dei quartieri Espinosa, e i due giovani si ritrovarono soli nella strada. Le stelle stavano spuntando, a centinaia, e lei sentiva di non potersi più trattenere dal tocco di quelle mani maschili sui suoi fianchi, sulle sue gambe snelle e lunghe ... Avviandosi insieme a lei verso il cancello sormontato da tralci di gelsomino. Il profumo era così intenso da stordire, mentre la seguiva nel giardino e poi verso la sala d'aspetto dell'ambulatorio dove qualche giorno prima avevano trovato riparo dalla pioggia.

Faceva caldo e c'era buio nella stanza, ma Albert non accennò ad accendere la lampada. Solo il pallido chiarore della luna che stava sorgendo permetteva ad Albert di distinguere nell'oscurità la sagoma indistinta di lei. Stordito del crescente desiderio di lei, Albert mosse qualche passo in avanti e l'afferrò per la vita. Laura, trattenendo il respiro, gli offrì istintivamente le labbra proprio mentre lui chinava la testa per baciarla. Con un breve ansito soffocato, la ragazza cominciò a tremare d'attesa.

Non cercò di impedirgli di sbottonarle l'abito e di sfilarglielo dalle spalle per metterle a nudo il busto. Il chiarore di luna, illuminando quel giovane seno che vibrava a ogni respiro, fece perdere a Laura il controllò di sè. Da principio lei si mostrò arrendevola e appassionata, poi, quando le mani di lui fecero scivolare a terra il resto dei suoi indumenti, cominciò a divincolarsi, ma infine si arrese sul lettino delle visite, dietro la tenda a fiori. Quando tutto era ormai compiuto, giacquero entrambi spossati nel buio. Lui era commosso e felice, perchè era la cosa più emozionante e entusiasmante che avesse mai fatto. Laura aveva le guance solcate di lacrime e lui pensò che fosse per la stessa ragione. Improvvisamente qualcuno la chiamò ... Era appena rientrata a casa Emily (la sorella del dottore nonchè amica di Laura). Aveva voglia di andare a una festa? Ma certo? Ringraziò mentalmente l'amica che l'aveva riportata alla realtà distogliendola da quelle fantasie libertine.

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