L'olmo grande
GIAN MARIO VILLALTA
ABOCA EDIZIONI
Anno di pubblicazione:
2019
Pagine:
224
14,00 € IVA inclusa
La storia di un albero – il gigantesco olmo del titolo – ultimo
protagonista di una saga famigliare in dissoluzione, rende qui evidente
il legame profondo che c’è tra la vita umana e quella delle piante.
LA COLLANA <<Il bosco degli scrittori>> è una nuova collana di Aboca Editore nella quale agli autori viene chiesto di raccontare il mondo a partire da un albero. Sulla copertina di ogni volume è riprodotta la silhonette della pianta al centro della storia: dopo i due titoli già usciti, firmati da Gian Mario Villalta (olmo) e Enrico Brizzi (faggio), a settembre arriveranno i lavori di Alberto Garlini e Ferruccio Parazzoli; tra ottobre e novembre tocca a Carmine Abate mentre nel 2020 sarà la volta di Paolo Cognetti.
SINOSSI
L’industria è arrivata tardi in quella campagna friulana, dove gli alberi e le piante da frutto hanno intrecciato la loro vita a quella delle persone e delle famiglie, alla loro storia. è arrivata a cose fatte, quando già era in atto la profonda trasformazione del paesaggio. Nel giro di pochi anni tutto è cambiato.
Questo libro racconta la violenza della tecnologia che annienta un paesaggio e la persuasione delle nuove prospettive di vita che si impongono con il loro formidabile potere di attrazione. Attraverso memorie, riflessioni e racconti, Gian Mario Villalta ripercorre il senso di uno sradicamento, subito come violazione e allo stesso tempo con la contraddittoria certezza che un mondo nuovo può portare opportunità e miglioramenti.
La storia di un albero – il gigantesco olmo del titolo – ultimo protagonista di una saga famigliare in dissoluzione, rende qui evidente il legame profondo che c’è tra la vita umana e quella delle piante. Sarà infatti quest’albero secolare a dare impulso a una nuova, diversa ricerca di verità sulla relazione tra la vita e la memoria, i legami affettivi e quelli con la terra dove vivere i propri giorni.
Biografia
Gian Mario Villalta ha scritto poesie (ricordiamo Vanità della mente, Premio Viareggio 2011 e Telepatia, Premio Carducci 2016). Alla poesia ha inoltre dedicato attenzione critica con numerosi interventi su rivista, nel web e nel volume Il respiro e lo sguardo. Un racconto della poesia contemporanea (Rizzoli 2005); un’esperienza importante è stata la cura del “Meridiano” Andrea Zanzotto, Le poesie e prose scelte (con Stefano Dal Bianco), e del doppio Oscar che raccoglie gli Scritti sulla letteratura del grande poeta veneto. Il suo ultimo romanzo, Bestia da latte (SEM 2017) trova in questo libro un suo inatteso compimento.
RECENSIONE
L'olmo grande, opera letteraria di Gian Mario Villalta, poeta, scrittore e saggista friulano, da 17 anni direttore artistico del festival Pordenonelegge. Il testo inaugura la nuova collana di Aboca Edizioni <<Il bosco degli scrittori>>, nella quale è uscito anche Una notte sull'Alpe della Luna di Enrico Brizzi, su una camminata nelle immense faggete dell'Appennino; altri titoli appariranno nei prossimi mesi.
Narrazione, riflessione, ricordo personale, mitologia, storia sociale e materiale, sono tante le corrispondenze affettive tra l'uomo e l'albero. Villalta scrive nel romanzo: "La felicità di una chioma folta o la tristezza di rami spogli (...) Una parentela, un feeling quasi, che può arrivare alla possibilità di <<abbracciare gli alberi, con causale emotività dello spettatore>>.
L'olmo detiene ricostruzioni suggestive nell'ambito mitico-ideologico, per la mitologia germanica l'olmo <<è la prima donna apparsa sulla terra>>, l'inizio della stirpe umana; in quella greca è <<una pianta che appartiene alla luce ma ha radici nell'Ade>>. Già i Romani conoscevano le virtù dell'olmo: lodato da Columella nel De re rustica per <<la resistenza alla potature, la sua foglia commestibile (...), la sua capacità di adattamento all'ambiente>>.
In età moderna e contemporanea l'olmo sarà il simbolico <<albero della libertà>> sotto cui si riuniranno i coloni americani ribelli contro il governo inglese, ma sarà anche il gigante fragile la cui caducità viene cantata da Vittorio Sereni in La malattia dell'olmo e che ha il nome scientifico di grafiosi.
L'olmo di cui scrive Villalta nel romanzo: ha fatto parte della sua infanzia, legato al vissuto, a un'epoca. L'autore sottolinea il vero destino della pianta è un patto che lega fino alla fine scrittore e lettore. Un tempo la pianta faceva da spartiacque tra due proprietà nella campagna friulana, il campo di famiglia e la vigna di un vicino.
Citaz. <<Per chi passava sulla strada comunale, per gli abitanti della contrada, per chi passeggiava sull'argine (..) racconta Villalta nel libro, sognava una veduta eminente e, per molti di costoro, attesa>>.
L'attenzione all'olmo <<il bisogno di guardarlo>>, rappresenta per l'autore la volontà di scoprire le proprie radici. Nell'infanzia di Villalta l'albero è un confine anche temporale: segna il passaggio da una vita contadina a una in cui l'urbanizzazione segna un cambiamento radicale nel paesaggio e nella società; lo sradicamento di tradizioni legate all'Italia rurale: la festa per l'uccisione del maiale: che diventa anche un rito di passaggio per il bambino Villalta, i roghi, come quello dell'Epifania, che rinnova il ciclo delle stagioni.
Citaz.: <<Ci si dimentica che per guardare le radici, per essere davvero radicali, esponendo la verità (...) si deve strappare la pianta dal suolo>>. Operazione questa facile per una piantina, impossibile con un albero. O un uomo.>>
L'olmo si offre, al Villalta scrittore come materiale prezioso per una narrazione che scava nella storia personale e affonda le radici nella sua produzione, intrecciandosi con altri lavori.
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