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MIKHAIL SHISHKIN
Figlio di un’insegnante di letteratura e di un ingegnere civile, cresciuto nel centro di Mosca, dissidente, oggi vive in Svizzera.
I suoi libri sono tradotti in oltre 30 lingue. Suoi articoli sono comparsi per il New York Times, il Wall Street Journal, il Guardian, Le Monde… tra gli altri
Dall’autore di fama mondiale, vincitore di tutti e tre i maggiori premi letterari
russi (Russian Booker Prize, Russian National Bestseller, Big Book Prize) dopo
Capelvenere (Grinzane-Cavour 2007) ecco l’ultima opera di Mikhail Shishkin.
Una donna, un uomo, lettere d’amore. Una casa estiva, il primo amore. Due persone
che si scrivono di tutto. Cosa potrebbe esserci di più semplice e normale? Fino a
quando scopriamo che le cose non sono come sembrano.
Romanzo sui misteri della vita e sull’accettazione della morte, che mette tutto in
prospettiva. La parola scritta è la chiave, così come l’amore.
“Per esistere devi vivere, non nella tua mente, che è così inaffidabile… ma in
quella di un’altra persona, e non una persona qualunque, ma quella che ha a cuore
la tua esistenza”.
"Non restava che scegliersi una guerra. Ma per questo chiaramente non ci voleva
molto. La nostra patria invitta ne ha a bizzeffe, basta aprire il giornale che
i regni amici sono già lì a baionettare bambini e stuprare vecchie. Chissà perché
fa tanta tristezza l’assassinio dell’innocente zarevič in tenuta da marinaretto.
Donne, vecchi e bambini non fanno più notizia, invece quel vestitino alla
marinara…
L’assolo dell’ultimo dei tamburini, nuvole nere sopra il campanile, la madre
patria chiama.
Al centro di leva ci ammonivano: a ciascuno la sua Waterloo! E in effetti…
Alla visita il medico militare, enorme cranio calvo e bernoccoluto, mi ha detto
guardandomi dritto negli occhi Tu disprezzi tutti. Sai, anch’io ero come te.
Avevo la tua età la prima volta che ho fatto pratica in ospedale.”
(…)
"Mia dolce Sašen’ka!
Vorrà dire che numererò le lettere per sapere quale è andata persa.
Scusa se mi vengono delle letterine striminzite, non ho proprio tempo per me.
E dormo male e poco, che voglia di chiudere gli occhi e addormentarmi fosse
anche in piedi! Cartesio fu ucciso a furia di levatacce antelucane alle cinque
del mattino per impartire lezioni di filosofia alla regina Cristina di Svezia.
Ma io reggo ancora.
Oggi sono stato al quartier generale e all’improvviso mi sono visto allo specchio
bardato da capo a piedi. Strano, che mascherata è? Sono rimasto di stucco: ero
proprio io quel soldato?
Sai, eppure c’è qualcosa in questo vivere in riga allineati ai compagni.
Ti racconto la storia del berretto. È breve. Me l’hanno fregata, la bustina
intendo dire. E mettersi in riga senza bustina è infrazione al regolamento,
insomma un crimine.
Il nostro capo dei capi e comandante dei comandanti ha pestato i piedi e giurato
che avrei pulito i cessi fino alla fine dei secoli.
Te li farò lustrare con la lingua, carogna!
Così ha detto.
Be’, nel gergo militare c’è qualcosa che ispira. Da qualche parte ho letto che
Stendhal ha imparato a scrivere in modo semplice e chiaro studiando gli ordini
di Napoleone.
Quanto ai cessi, mia lontana Sašen’ka, meglio che ti spieghi cosa sono qui.
Immagina dei buchi in un pavimento lurido. No, meglio che non te lo immagini!
E tutti, come a farlo apposta, depositano la propria montagnetta non dentro,
ma sul bordo. È un vero lago. Comunque, lo stato di stomaco del tuo devoto e
dell’allegra sua combriccola è argomento a sé. In questi luoghi remoti chissà
perché ci sono sempre complicazioni intestinali, né si capisce com’è possibile
consacrarsi all’arte di vincere se stai tutto il tempo accovacciato su un abisso
senza verso di tenerla.
Insomma gli faccio E dove vado a prenderla la bustina?
E lui Se te l’hanno fregata, fregala anche tu!
Così sono andato a rubare la bustina. Ma non è facile. Anzi, è piuttosto difficile
perché ci provano tutti.
E vagavo qua e là come un’anima in pena.
Poi all’improvviso ho pensato — chi sono? Dove sono?
E ho deciso di andare a pulire i cessi. E tutto al mondo mi è apparso più leggero.
Bisognava arrivare fin qui per imparare a capire cose elementari.
Sai, nella merda non c’è nulla di sporco."
RECENSIONE
<<Per molto tempo - forse per il resto della vita - il pensiero di quella donna
sensuale,del suo comportamento, sarebbe venuto fuori sistematiamente, in maniera
ossessiva, e non mi avrebbe lasciato vivere in pace.>> E' come se all'improvviso
lei pensasse quello che ha pensato lui. Come fa una sconosciuta a rubargli i pensieri,
e perchè poi gli si avvinghia addosso e lo bacia in bocca? Perchè Punto di fuga,
dello scrittore russo Mikhail Shishkin, è uno straordinario romanzo.
Un inizio che ricorda la fuga del protagonista che va incontro a un ignoto destino
dal quale poi poter fuggire. Sta cercando di sopravvivere allo scorrere dei giorni,
ma le strade sono buie, deserte, e sembra che tutte debbano condurre solo all'inferno.
La pioggia è incessante, la casa chissà da che parte rimane, gli sembra di avere
perso ogni orientamento.
<<Come farà, sempre ammesso che trovi questa casa, a tornare indietro?>>
Quanto ci vuole per arrivarci. Ci andrebbe anche a costo di scorticarsi mani e piedi.
Ma ogni spostamento intrapreso da questo protagonista è destinato a non raggiungere
altro che sperdimento, notte, buio, a volte una passeggera felicità fatta solo del
momentaneo dimenticarsi di esistere.
E' un romanzo dove il desiderio feroce resta tale perchè non consumato, o perchè
consumato ma non con l'oggetto del desiderio. La cità è soffocante, pericolosa,
insistente. Lui vuole fuggire.
<<Ci sarà da qualche parte una stazione per prendere un treno?>>
Ecco, a questo punto l'idea del ritorno è invece solo una partenza. La casa
diroccata che ha abbandonato involontariamente non è pèiù un punto di riferimento,
ha trovato la città e da quel misterioso inferno vuole fuggire. E' un romanzo di
attese e di sospetti. La città è pericolosa.
Canta la lingua che accompagna questo onirico e allusivo romanzo, perchè sontuosa
e assonante. Visiva e olfattiva. Si sentono gli odori forti dei corpi sporchi chehanno camminato nel fango,i loro fiati, il sudore acre. Ci si chiede a che giocosi stia giocando, e quali siano le regole. Tra scale e corridoi senza luce un uomocerca una donna che non trova. E' una donna labirinto. Cercandola sa di esere inpericolo, di dover fuggire, prendere un gtreno, uno qualsiasi. ogni informazione èmenzogna. Mai credere. Solo sbrigarsi. Non hai bisogno di un punto di arrivo,gli basta quello di partenza. Mescolato ad altri uomini stipati nel vagone di untreno che parte a notte fonda da un'inverosimile stazione, sembra felice delnuovo i nizio. E se fosse la fine? Che importa, è fuga.
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