«Conviene ignorare che la vita non è che un lungo cammino difficile, nel quale ci accompagna ora per ora una speranza che non riusciamo mai a trasformare in realtà» Alba de Cèspedes
Quaderno proibito
Alba De Céspedes
pubblicato da
Mondadori
Generi Romanzi e Letterature » Romanzi italiani
Editore Mondadori
Collana Oscar moderni. Cult
Pubblicato 19/04/2022
Pagine 264
Euro 13,50
Il libro
«Ho fatto male a comperare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi per rammaricarmene, il danno è fatto»: con queste parole inizia il suo diario Valeria Cossati, la protagonista di questo romanzo, una donna della classe media nell'Italia degli anni Cinquanta. Poco più di quarant'anni, due figli grandi, un marito disattento, un lavoro d'ufficio che svolge senza apparente passione, Valeria è assorbita dal ritmo "naturale" della quotidianità piccolo-borghese, schiacciata, senza quasi rendersene conto, tra i suoi ruoli di moglie, madre, impiegata. Un giorno però, colta da un impulso che a lei stessa appare irragionevole e inspiegabile, acquista un taccuino su cui comincia ad annotare fatti minuti e riflessioni. Nello spazio "proibito" della scrittura, Valeria scopre i conflitti sotterranei che pervadono la sua esistenza, le aspirazioni frustrate, i risentimenti nascosti; dà voce a una vita interiore da anni sopita, esprime una propria individualità, una precisa coscienza rivelata dai gesti e dai pensieri della vita quotidiana. Pubblicato a puntate tra il 1950 e il 1951, e un anno dopo in volume, "Quaderno proibito" è considerato il capolavoro di Alba de Céspedes, un libro che è testimonianza storica di un'epoca e tributo a una generazione pre-femminista decisiva per tutte le rivoluzioni successive; ma soprattutto una magistrale prova letteraria capace di svelare l'identità, frammentata e mutevole, dell'essere umano. Prefazione di Nadia Terranova.
RECENSIONE
Il tentativo di Valeria Cossati di sembrare più a posto e meglio presente di quanto non fosse realmente le ha dato uno slancio che le ha fatto perdere l'equilibrio e inciampato, in modo particolarmente rumoroso e imbrazzante, proprio mentre stava salendo il gradino sociale.
Mi sono alzata in fretta, ho sorriso e mi sono avvicinata zoppicando alla poltrona della scrivania. La testa mi pulsava, ma sono stata attenta a non darlo a vedere. Cosa sorprendente, ma non insolita, è stato proprio in quel momento imbarazzante e doloroso che mi è venuta in mente una meravigliosa idea per un racconto.
Quel che faccio di solito in queste situazioni è annotare l'idea su un quaderno, del quale solo io conosco l'esistenza. Ma, essendo arrivata a quell'importante evento con abiti spiegazzati, ed essendo inciampata lungo la via, ho pensato che armeggiare con le parole di fronte a tutte quelle persone che avevano dedicato una certa attenzione al loro aspetto e stavano chiaramente gestendo la forza di gravità meglio sarebbe stato un pò troppo. Ho deciso perciò di tenere a mente lo spunto e di scriverlo quando l'evento fosse finito. Ma dopo aver dedicato spazio e tempo alle stimolanti domande dell'acuta memoria mia, il mio cervello non serbava più alcuna traccia di quell'idea che 75 minuti prima mi aveva invaso la mente e mi era sembrata la porta di ingresso di un racconto incredibile e unico.
Non era la prima volta che un racconto mi sfuggiva. Certo, era la prima volta che accadeva nel mezzo di una crisi matrimoniale, mentre il tram tram domestico minacciava di cedere per il logorio, ma tante altre ottime idee per racconti erano svanite dalla mia inaffidabile mente in precedenza: nel cuore della notte, quando mi svegliavo con una fantastica frase di apertura per una storia, ma ero troppo stanca per scarabocchiarla sul quaderno accanto al letto; chiacchierando con gli amici (i pochi ancora frequentati), mentre ero su di giri, o spossata dopo una giornata di lavoro, confidavo nella certezza di un'idea brillante approfittava del mio stato di ottundimento per svignarsela velocemente; mentre ascoltavo un'opera teatrale ispiratrice alla radio, alla fine della quale sia l'ispirazione che l'idea venivano sepolte sotto una cascata di occasioni perdute.
Se c'è una cosa che tutte queste idee perdute hanno in comune, è che erano le migliori che avessi mai avuto. O almeno è così che ricordo. Per quanto possa sembrare strano, non ho mai dimenticato un'idea mediocre o scadente: quelle si fissano per sempre in fondo alla mia mente. Sono solo quelle veramente buone che svaniscono nell'oblio.
Sono cresciuta in un Paese dove il lutto si nasconde dietro ogni angolo, uno dei primi modi di dire che ho imparato è stato: solo i buoni muoiono giovani. Ma con il tempo ho scoperto che in realtà chiunque può morire giovane, e in questo caso viene ricordato con più affetto, perchè il dolore si concentra su tutto quel che avrebbe potuto diventare e raggiungere. Qualcosa di simile accade alle idee per racconti che perdiamo. Le piangiamo perchè, a differenza delle idee che sviluppiamo e nutriamo per anni, quelle che dimentichiamo sono prive di difetti e carenze, offrono il potenziale della perfezione. Un pò come un uomo e una donna che al centro commerciale camminano davanti a noi, e che sono sempre più attraenti quando li vediamo da dietro, un attimo prima che si voltino e si trasformino da potenziale immaginato in realtà concreta, piena di imperfezioni.
Ho passato troppo tempo a piangere sulle idee che avevo perso, prima di accettare questa dolorosa, semplice verità: le idee di storie non realizzate non sono altro che un miraggio. Un imbroglio. Quando brillano da lontano nella nostra mente, possono sembrare la cosa più meravigliosa del mondo, ma solo un punto all'orizzonte, una scusa per un viaggio mentre in realtà e il viaggio stesso la cosa davvero interessante. E quindi, se avete perso una storia, non datevi la pena di pregare che quel miracolo perduto ritorni. Fate piuttosto un respiro profondo e iniziate una nuova idea. Perchè nella realtà darwiniana in cui creiamo, le idee veramente buone sono quelle abbastanza forti, testarde e memorabili da sopravvivere e alla fine diventare racconti scritti.
Citazioni del libro
Tutte le citazioni sono tratte da Quaderno proibito, Alba de Céspedes, Mondadori, Collana Gli Oscar, Milano 1978.
«Conviene ignorare che la vita non è che un lungo cammino difficile, nel quale ci accompagna ora per ora una speranza che non riusciamo mai a trasformare in realtà» Alba de Cèspedes
Domenica,26 novembre 1950: «Ho fatto male a comprare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi, il danno è fatto. Non so neppure cosa mi abbia spinto ad acquistarlo, è stato un caso…».
La scrittura, tuttavia, rivela gradualmente le crepe nella vita famigliare e costringe Valeria a guardarsi dentro:
«[…] da quando ho incominciato a prendere nota degli avvenimenti quotidiani, li trattengo nella memoria e tento di capire perché si siano prodotti. Se è vero che la nascosta presenza di questo quaderno dà un sapore nuovo alla mia vita, debbo riconoscere che non serve a renderla più felice. In famiglia bisognerebbe fingere di non avvedersi mai di quello che accade o, almeno, non domandarsene il significato.» (p.20)
«Forse li disturbava il pensiero che tra loro due dividessi la mia vita, le mie giornate. Appartenevo a loro due, insomma. A entrambi, seppure per ragioni diverse, dovevo ubbidire». (pag 86).
«Quando eravamo fidanzati io peccavo con Michele, ma fingevo di farlo malvolentieri, trascinata da lui, senza acconsentire. Così è stato anche la sera delle nostre nozze, e dopo, ogni volta che Michele, la notte, mi si avvicinava. […] Questa è la differenza tra Mirella e me; mi pare che, accettando consapevolmente certe situazioni, ella si sia liberata per sempre dal peccato.» (p. 192)
«Ci siamo tanto allontanati l’uno dall’altra, che non riusciamo neppure a vederci: e andiamo avanti, soli.»
«Una donna che lavora [..] porta in sé la lotta tra la donna
tradizionale che le hanno appreso a essere e quella indipendente che ha
scelto di divenire. C’è un continuo conflitto in lei. Risolverlo,
superarlo, costa: soprattutto nei riguardi degli uomini.» (p. 196)
Alcune frasi riportate dal diario sono rivelatrici di un’inquietudine profonda: «Michele l’altra sera mi ha sorpreso alzata a tarda ora e ha sospettato forse che scrivessi ad un uomo. Non immaginerebbe mai che ho un diario: gli è più facile credere che io ubbidisca a un sentimento colpevole, piuttosto che riconoscermi capace di pensare». (pag 85) E ancora: «Michele ora non vede più nulla, non mi vede più; ci sono i figli tra di noi, e Marina (la futura nuora) e Cantoni (il fidanzato sposato di Mirella), e tutte le montagne di piatti che ho lavato, e tutte le minestre che ho scodellato, come facevo ieri sera, mentre il vapore mi appannava gli occhi». (pag 193) E prosegue: «So che le mie reazioni ai fatti che annoto con minuzia mi portano a conoscermi ogni giorno più intimamente. Forse ci sono persone che, conoscendosi, riescono a migliorarsi; io invece più mi conosco e più mi perdo…». (pag 231)
«Non capisce che sono stata proprio io a renderla libera, io con la mia
vita dilaniata tra vecchie tradizioni rassicuranti e il richiamo di
esigenze nuove. È toccato a me. Sono il ponte di cui lei ha
approfittato, come di tutto approfittano i giovani: crudelmente, senza
nemmeno avvedersi di prendere, senza darne atto. Adesso posso anche
crollare.» (p. 245)
“Siamo sempre inclini a dimenticare ciò che abbiamo detto o fatto nel passato, anche per non avere il tremendo obbligo di rimanervi fedeli”.
Alba de Cèspedes realizzò nel 1963 una versione teatrale del suo romanzo portata in tournèe dall’immensa Andreina Pagnani nel ruolo di Valeria di cui restano su internet le numerose recensioni. La RAI ne propose nel 1980 uno sceneggiato in quattro puntate per la regia di Marco Leto con Lea Massari, Omero Antonutti (recentemente scomparso), Giancarlo Sbragia, Roberta Paladini, Andrea Occhipinti ed Elena Zareschi. Vi suggeriamo caldamente di rivederlo su Raiplay.
Nessun commento:
Posta un commento