venerdì 1 marzo 2019

GRAZIA DELEDDA - NUOVE TECNICHE E NUOVA SENSIBILITA' NELLA NARRATIVA DEL NOVECENTO

 
NUOVE TECNICHE E NUOVA SENSIBILITA' NELLA NARRATIVA 
DEL NOVECENTO

Le opere più significative della narrativa dei primi decenni del Novecento in Europa appaiono caratterizzate dalla consapevolezza della condizione di inquietudine e di insoddisfazione in cui vive l'uomo contemporaneo. 

Caduta la fede nei valori morali e sociali espressi dalla società dell'Ottocento, persa la certezza di verità oggettive e scientifiche, i narratori tendono a rappresentare un mondo vuoto di significati in cui i personaggi appaiono spesso isolati, privi di un rapporto reale con gli altri uomini, travolti da una malattia morale, dall'incapacità di agire e di realizzarsi, a cui si accompagna spesso il senso della debolezza e della decadenza fisica.
I narratori tendono a scavare nell'animo dei personaggi, portano alla luce la loro incoerenza, gli aspetti diversi e contrastanti della loro personalità.

Un'influenza, sia pur indiretta, sull'interpretazione dell'animo umano deriva anche dalle nuove teorie di Freud e dalle tecniche della psicanalisi, per cui nella psiche umana occorre distinguere, al di sotto di quella che è la sfera della coscienza, cioè della sensibilità consapevole e razionale, la sfera dell'inconscio, il mondo delle emozioni e delle suggestioni inconsapevoli da cui derivano spesso gli impulsi o le inibizioni segrete che influenzano e determinano il nostro comportamento generale.

I nuovi narratori si pongono quindi in modo diverso di fronte alla realtà che intendono rappresentare: gli autori dell'Ottocento tendevano a darci una <<visione dall'esterno>> delle vicende e dei personaggi, di cui interpretavano e giudicavano i comportamenti ed i pensieri sulla base dei propri principi  e delle proprie convinzioni; ora il narratore tende a collocarsi dal punto di vista stesso dei suoi personaggi, ci offre una visione soggettiva e frammentaria della realtà, spesso adotta la tecnica dell'<<io narrante>>, del racconto in prima persona in cui vicende e figure sono viste secondo la valutazione spesso mutevole ed incoerente del protagonista.

Ad una narrativa di carattere realistico ed oggettivo si sostituisce quindi una narrativa di tipo psicologico ed intimistico, in cui lo svolgimento dei fatti interessa soprattutto per verificare le influenze che essi comportano sull'animo dei personaggi.

Nella modificazione che questa nuova prospettiva porta alle tecniche narrative si inserisce poi l'apporto profondamente innovatore di alcune figure di grandi scrittori più o meno direttamente influenzati dalle proposte dei movimenti di avanguardia: Proust, Joyce, Kafka, per non citare che i sommi, propongono in Europa, negli anni a cavallo della prima guerra mondiale, le opere più decisamente nuove e staccate dalla precedente tradizione narrativa.

In Italia fin dai primi anni del secolo, mentre il pubblico si appasionava ancora alla narrativa sensuale e verbosa di D'Annunzio e dei suoi imitatori, o agli ultimi seguaci del verismo regionale come Grazia Deledda, scrivono opere nuove per tecnica e per analisi del cuore umano Luigi Pirandello e Italo Svevo; più tardi, intorno agli anni trenta, mentre molti intellettuali mostrano di disprezzare il romanzo come un genere ormai superato, le espressioni più nuove e più aperte alle influenze delle nuove tendenze europee sono rappresentate dalle prime opere di Alberto Moravia e di Dino Buzzati, che propongono temi originali e provocatori nei confronti di una socità che il fascismo tendeva a conservare in una condizione di isolamento e di conservatorismo culturale.

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