venerdì 30 settembre 2022

RECENSIONE "MATRIX" DI LAUREN GROFF - BOMPIANI

 

Matrix

In libreria da Settembre 2

Lauren Groff

Lauren Groff è nata nel 1978 a Cooperstown, nello Stato di New York, vive in Florida e ha due figli. È autrice dei romanzi I mostri di Templeton, apprezzato da Stephen King, Arcadia e Fato e furia, finalista al National Book Award 2015, segnalato tra i migliori libri del 2015 per Amazon, il “Washington Post”, “Kirkus” e il “Library Journal”, e indicato da Barack Obama come miglior romanzo dell’anno.

RECENSIONE

Scrive Groff: «La teatrale sublimazione di questo stato di maleodorante indifferenza era testimoniato dalla presenza di un'utopia femminile. Su cui venivano stilate classifiche dal potere esilarante. Succede quando la tragedia supera la farsa». E quanto tutto si confonde, in questa umanità al limite di un monastero, così, ad un certo banale qual punto, non basta più neppure, bourdieuianamente, «essere totalmente padrone del proprio tempo (nel senso di non avere un marito  e una banda di marmocchi a cui dedicarsi)». Che poi «era uno dei pochi privilegi davvero concessi a una donna». Onorare giorno dopo giorno i voti, affrancandosi da ogni forma di pregiudizio, è un percorso insidioso, con una meta quasi impossibile. «Si potes, cape; si non potes, crede», vorrebbe Agostino. Per Marie chi ha coscienza sceglie in cosa credere, non si accontenta di un formulario o di un rito preconfezionato, poiché nella trincea esistenziale la libertà necessita di consapevolezza, convinzione, disciplina e della disposizione a interessarsi e dedicarsi agli altri gratuitamente e in una miriade di modi apparentemente insignificanti. Con un ritmo sincopato e uno stile tutto calibrato, attraverso un continuo fluire di dubbi e riflessioni, fin da principio il romanzo di Groff - narrato in prima persona e con ampio uso di metafore - sollecita l’intimità del lettore misurandosi con l’abisso, permettendogli di specchiarsi e riconoscere slanci e fragilità, sintomi dell’impossibilità di stabilire un equilibrio sulla soglia del peccato. D’altronde, «sembra che le brave monache debbano essere così. Emotivamente lontani da tutti, per essere spiritualmente vicini alle cose di Dio».

«Si dice che l’occhio umano sia capace di riconoscere duecentocinquanta tonalità di grigio. Quelle che si colgono in un confessionale, in un solo giorno, sono decisamente di più e spesso tutto avviene in un’acuta solitudine. Che è solo il nome del fardello che porta sulle spalle chi diventa monaca». Una monaca insolita questa di Groff, interprete lacerata e voce polifonica di un’umanità sempre più in bilico: la sua, e la nostra, a ogni latitudine.

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