mercoledì 14 settembre 2022

RECENSIONE "WORKS" DI VITALIANO TREVISAN - EINAUDI

 Con l'inedito Dove tutto ebbe inizio, un testamento letterario.

Vitaliano Trevisan
Works
Einaudi - Stile Libero Big
Edizione ampliata

2022
Stile Libero Big
pp. 704 - € 22,00 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il libro
 
«Perché trovo sempre un lavoro?, mi dicevo, Perché non mi lasciano andare alla deriva in pace? Diventare un barbone. Una delle possibilità che contemplavo. Che contemplo tuttora. Poi non ho coraggio. Mi viene in mente mio padre, il poliziotto Arturo, e la sua divisa, sempre impeccabile; e mio nonno, la dignità con cui indossava il suo vestito da festa. Assurdità che sempre mi ritornano. L’origine è un vestito che uno non smette mai».

Il lavoro come condanna e perdizione, il lavoro come cellula primordiale dell’organismo umano, il lavoro che marchia anima e corpo di un’intera vita.

Con una scrittura originale come un classico pezzo di jazz, che ne ha fatto uno degli autori italiani piú importanti della sua generazione, in questo romanzo autobiografico Vitaliano Trevisan racconta il lavoro nel luogo in cui è una religione, il Nordest, dagli anni Settanta fino agli anni Zero. E attraverso questa lente scandaglia non solo le mutazioni del nostro Paese, ma la sua stessa vita: il fallimento dell’amore, i meccanismi di potere nascosti in qualunque relazione, la storia della propria e di ogni famiglia, che è sempre «una storia di soldi».

In questo splendido romanzo autobiografico, Vitaliano Trevisan racconta gli anni Settanta schiacciati tra politica ed eroina, cui sembra essere sopravvissuto quasi per caso, la storia di un matrimonio e della sua fine, le contraddizioni del mondo della cultura – dove per ironia della sorte la frase piú ripetuta è «non ci sono soldi», la stessa che gli propinava il padre – e la sofferenza psichica, il percorso pieno di deragliamenti di un ragazzo destinato a fare lo scrittore.

Dove tutto ebbe inizio, l’inedito che compare in fondo al libro, viene pubblicato per espresso volere dell’autore. Sono pagine scabre, di lancinante verità.

RECENSIONE 

Non lasciatevi scoraggiare dalla mole (704 pagine) e dal titolo sin troppo minimalista (Works). Ci troviamo dinanzi a uno dei libri più originali e necessari usciti negli ultimi anni. Lo scrittore e drammaturgo vicentino Vitaliano Trevisan vi narra la miriade di lavori e lavoretti - quasi sempre umili e umilissimi, perfino ai limiti della legalità - da lui svolti prima di emergere, a quarant'anni suonati, come letterato. Ne esce uno spaccato straordinario del Nord-Est italiano, dai rabbiosi anni Settanta sino al popolo de capannoni e delle partite Iva, ora scarnificato dalla crisi e dai crack bancari. Una volta di più la letteratura, quando scansa il sentimentalismo, riesce a trasfigurarsi in una fonte utilissima per storici e scienziati sociali. 

C'è il <<miracolo del Nord-Est>>, fatto di orgoglio, sacrificio, dedizione, ma anche di autosfruttamento, evasione fiscale, assenza di senso civico. C'è lo squallore paesaggistico dell'ex campagna veneta, fitta di crudeli bruttezze architettoniche e ormai ridotta a una spettrale crosta di cemento. C'è il senso d'infelicità e frustazione, che tormenta gli abitanti di un territorio sino a pochi anni fa tra i più floridi della penisola. C'è <<l'eclissi del sacro>>, che non risparmia nemmeno questa regione, un tempo devotissima.

E c'è la prosa serrata di Trevisan, il quale con implacabile metodicità rievoca la propria vita picaresca, <<sotto padrone>>: stampatore di abbeveratoi per quaglie, operaio comune, apprendista  muratore, dettagliante di sostanze proibite, cameriere, disegnatore tecnico nell'industria del mobile, arredatore, <<geometra condonatore>>, cartografo, geometra comunale, riciclatore di cartucce usate, lattoniere, gelataio, magazziniere in una fabbrica di giostre, caposquadra in una casa-famiglia, portiere di notte. Sempre senza possedere alcunchè, tranne se stesso.

Di ciscuno di questi impieghi, Trevisan ci restituisce una prospettiva beckettiana: in apparenza surreale, in realtà assai concreta. Un memoir denso di bulloni, cuscinetti a sfera, malta di cemento, nastri trasportatori, interiora di pollo, sudore, insonnia, cattivi umori, pance in sovrappeso, fiati etilici, ominicchi senza qualità e tanti, troppi ectoplasmi <<sopravvisuti senza più luce negli occhi>>. Eppure, la critica del lavoro non assume mai toni moralistici o, peggio, classisti.

Per Trevisa l'etica di un mestiere, di un qualsiasi mestiere, incarna sempre un teatro dell'assurdo, nel quale nessuno - sottoproletario o al vertice - riesce a sfuggire al proprio cono d'ombra. Per questo le pagine più sconsolanti sono forse quelle dedicate al teatro di prosa e l cinematografo, due firmamenti <<progressisti>>  con cui ha collaborato sporadicamente (neanche un mostro sacro come Toni Servillo viene qui risparmiato). 

Oggi Vitaliano Trevisan è, suo malgrado, uno scrittore affermato. Ha 57 anni, subisce interviste e premi letterari, odia il cibo e il vino, è secco come un chiodo e acetico come Wittgenstein. Vive solingo in un paesino di montagna semi abbandonato. Ogni volta che si reca al bar per un caffè, ha l'impressione di essere lui, <<cioè l'unico a non avere alcool nel sangue, a vedere la realtà con occhio distorto>>. Ma soltanto un marginale del suo calibro, sempre incupito al pensiero di aver successo nella vita, poteva narrarci l'ascesa e il declino del Nord-Est italiano.

 

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