Nel viaggio violento e drammatico alla ricerca di sè
"Un'isola", un romanzo della scrittrice sudafricana karen Jennings tradotto in Italia per le edizioni Fazi
Karen Jennings
Un’isola
Traduzione di Monica Pareschi
Karen Jennings, una delle scrittrici più
importanti del panorama sudafricano contemporaneo, arriva per la prima
volta in Italia con il suo ultimo romanzo, finalista al Booker Prize: un
toccante racconto sul senso di appartenenza e sul significato di
“casa”.
Su una piccola isola al largo della costa africana vive Samuel, il
guardiano del faro. L’uomo, ormai anziano, non ha contatti con nessuno
da vent’anni: ha costruito una barriera insormontabile tra sé e il mondo
che lo ha ferito in maniera irreparabile. Ma un giorno il mare gli
porta compagnia; quello che in apparenza è uno dei tanti cadaveri di
profughi sospinti a riva dalle onde si rivela in realtà un uomo ancora
vivo. Destabilizzato da questa nuova, inattesa presenza, Samuel viene
travolto dai ricordi della sua vita sulla terraferma: ha visto il suo
paese soffrire sotto i colonizzatori e lottare per l’indipendenza, per
poi cadere sotto il dominio di un crudele dittatore; ha vissuto, in
questa cornice, una drammatica vicenda personale, segnata dal fallimento
e dalla perdita. Nel frattempo, sull’isola, il rapporto fra i due
uomini comincia a prendere forma e, se da un lato Samuel trae beneficio
dall’aver accolto lo sconosciuto in casa sua, dall’altro,
silenziosamente, vive la presenza del profugo come una minaccia e, come
faceva in gioventù, inizia a riflettere su cosa si intende per “terra”, a
chi questa dovrebbe appartenere e fino a che punto ci si può spingere
perché ciò che è nostro non ci venga sottratto.
Un romanzo che, grazie a un’architettura perfetta e una prosa sontuosa,
evoca immagini e sensazioni vivide mentre ci svela, dettaglio dopo
dettaglio, la tragica storia di un uomo portato alla deriva dai maremoti
della vita.
«Karen Jennings sta dando prova di essere destinata alla grandezza raggiunta da Margaret Atwood».
«Cape Times»
«Nelle mani di Jennings, il
coinvolgimento di questo antieroe nei suoi stessi fallimenti ha una
credibilità strutturata da cui è difficile distogliere lo sguardo.
Nessun riassunto della trama può rendere giustizia a una storia
intessuta con tanta cura, la cui forza risiede nel ritmo cauto e nella
nitida restituzione dei dettagli. Samuel è reale come una mano che
trema».
Lydia Millet, «The New York Times»
«Un’isola di Karen
Jennings è semplicemente una rivelazione, un romanzo che è una feroce e
rapida partita a scacchi, e ci fa chiedere con urgenza: di cosa saremo
ritenuti responsabili, alla fine? È una storia sui fantasmi e sullo
svelamento dei segreti e del sé, e non riuscivo a smettere di leggere».
Paul Yoon
Karen Jennings
Nata nel 1982 a Città del Capo da madre di lingua afrikaans e padre inglese, ha conseguito un master in Letteratura inglese e Scrittura creativa presso l’Università di Città del Capo e un dottorato di ricerca in Scrittura creativa presso l’Università di KwaZulu-Natal. Ha pubblicato una raccolta di poesie, una raccolta di racconti e quattro romanzi. Un’isola, il suo ultimo libro, tradotto in diciassette paesi, è stato finalista al Booker Prize, con la seguente motivazione: «Un’isola racconta delle vite vissute ai margini attraverso la storia di un uomo che si è esiliato dal mondo conosciuto, solo per ritrovarsi chiamato al servizio degli altri, a loro volta esiliati dal mondo dalla crudeltà e dalle circostanze. È su queste basi che l’autrice costruisce abilmente un romanzo commovente e travolgente, fatto di perdita, sconvolgimenti politici, storia, identità, il tutto reso in una prosa maestosa e straordinaria».
REVIEW
Un'isola non è il primo romanzo della scrittrice sudafricana Karen Jennings bensì il primo a essere pubblicato in Italia da Fazi (pp.192, euro 18, traduzione di Monica Pareschi), dopo la nomina nel 2021 nella rosa al Booker Prize, grazie al quale ha ottenuto una visibilità e un successo insperati, viste la resistenza incontrata nella ricerca di una casa editrice (specie Sudafricana) nonchè le difficoltà sopraggiunte in seguito alla situazione pandemica (la prima pubblicazione risale al 2020). Giudicato inizialmente un manoscritto <<troppo>> o al contrario <<non abbastanza>> africano, Un'isola è invece una profonda riflessione sulle dinamiche del protagonista alle prese con un corpo che il mare ha sbattuto sulla riva dell'isola in cui vive lavorando come guardiano di un faro; il suo è un esilio autoimposto.
E' un testo molto duro, a tratti crudo, in cui l'azione si svolge nell'arco di quattro giorni, ma in quel lasso di tempo la storia turbolenta di un paese africano mai nominato e i suoi effetti disastrosi sulla vita di un uomo, Samuel, e della sua famiglia.
"La libertà si presentò a Samuel come qualcosa di spaventoso, e lui camminava facendo attenzione, con le orecchie tese, gli occhi guardinghi, aspettandosi da un momento all'altro di ritrovarsi un fucile in faccia, di sentirsi dire che aveva commesso un reato. Di essere riportato al Palazzo, dove l'avrebbero lasciato fino alla fine dei suoi giorni. Ma non c'erano soldati. Erano spariti tutti. Non c'era nessuna restrizione adesso."
La sua vita scorre monotona, gli unici esseri umani che vede sono i marinai di una motonave che ogni quindici giorni gli porta rifornimenti. Fino al giorno in cui quel corpo emerso si rivela essere ancora vivo.
Saranno questo evento e il destino ultimo della sua gallina preferita, a determianre la conclusione improvvisa e violenta del libro, trasformando Samuel in ciò che non è mai stato: un uomo capace di uccidere.
"Nel corso degli anni aveva imparato che razza di posto ingrato fosse l'isola. Come fosse difficile assoggettarla, educarla. La natura era ostica, in certi punti tenace, in altri inconsistente come cenere. Si propagava indisturbata, prendeva facilmente il sopravvento: eppure c'erano distese desolate dove il terreno era brullo e ostinato, una creatura di sabbia e roccia."
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