Questo indomito cuore
Pearl S. Buck
traduzione di Laura Lepetit, Laura postfazione di Lepetit
pp. 336, 1° ed.
2015
978-88-454-2594-3
SINOSSI
In una piccola e tranquilla città americana, negli anni Trenta, la vita
procede senza sbalzi. Le ragazze vanno al circolo a divertirsi, poi
si sposano. Le donne sposate stanno a casa a curare i bambini, a
cucinare, a tenere in ordine. I mariti lavorano e mantengono la
famiglia. Poi c'è Susan Gaylord, giovane, bella, che si distingue dalle
altre: non si sa bene perché, tutti dicono che lei è diversa. In
effetti ha qualcosa in più: con le sue mani sa impastare una torta
deliziosa, sa cucire un vestito elegante, sa suonare il pianoforte con
sensibilità. Ma soprattutto ha una passione che è solo sua: ha uno
spiccato talento per modellare il marmo, per la scultura. È una vera
artista. Questo dono, che fa di lei una donna in anticipo sui tempi, la
pone di fronte a un classico dilemma: scegliere tra le gioie della
famiglia, a cui non intende in alcun modo rinunciare, e la carriera
artistica. Susan però - ecco la sua indomita aspirazione - non vuole
essere costretta a scegliere Susan vuole tenere unito tutto. È con
questo spirito che si getterà a capofitto - in una scommessa dall'esito
incerto - nei due amori della sua vita: Mark, un modesto agente
immobiliare che le assicura il calore dell'affetto domestico, e Blake,
un vulcanico bohémien che le fa invece conoscere la passione. Pearl
S. Buck, premio Nobel per la letteratura nel 1938, ha creato, dando
vita al conflitto interiore di Susan, un'eroina dei tempi moderni.
BIOGRAFIA
Pearl S. Buck
(1892-1973), figlia di missionari presbiteriani americani,
trascorse in Cina quasi quarant'anni. Alla vita nel grande paese
asiatico è ispirato il romanzo più famoso, La buona terra
(1931), che le valse il premio Pulitzer. Scrittrice assai prolifica, fu
autrice di oltre ottanta opere tra romanzi, saggi, biografie e
racconti. Nel 1938 il Nobel per la letteratura premiò la sua carriera e
la sua sensibilità, sospese tra Oriente e Occidente.
RECENSIONE
Un romanzo per fare i conti con se stessa. Susan Gayland, si confronta con il passato per afferrare il presente, dall'adolescenza alla scoperta della scultura, ai cambiamenti dell'America degli anni 30 fino ad oggi.
Un racconto di formazione, ma anche di terra, America, che dal viale di paese, osserva e vive i grandi cambiamenti sociali e territoriali dell'America. Una vicenda umana intensa e poetica diventa la storia collettiva di un paese intero, alla ricerca della verità su se stessa. Che è la più grande e assoluta forma di libertà.
Susan scolpisce un sogno di purezza e speranza, percorrendo una città che trattiene il respiro e dimentica per un attimo le tragedie. Inizia così la storia poetica e convulsa di una manciata di americani, le cui vite si sfiorano e si scontrano come biglie, i primi accenni di un rinnovamento industriale mentre nei sobborghi si assiste ad una città dolente e umana.
Una città che tiene ben nascosta la propria anima, sospesa come un equilibrista sul filo sottile tra il bene e il male. La aspetta il lavoro febbrile per perseguire un obiettivo difficile per una donna in quegli anni: la scultrice.
"Poteva essere chiunque a piacimento. Ma c'erano le sue mani, il piacere di sentirsi fra le dita materie docili, e tuttavia più tangibili della musica, che aveva appreso da suo padre. Conobbe l'irrequietudine di non sapere bene che cosa fare, aveva troppi desideri. Finì col decidere di sposarsi, e di fare bambini."
Ma, questo è anche il tempo dell'entusiasmo, del clima fervido di cambiamento sociale, di avventure sentimentali, per sempre il grande amore: suo marito Mark. Giorno dopo giorno, Susan si riappropria della propria indipendenza. Lei voleva essere felice ma, spesso avvertiva come una nuvola che le impediva di respirare. Aveva mille progetti per l'avvenire. Voleva fare di tutto. La sua perfezione non era statica, ma viva, partecipe, fedele della vita sua e di Mark.
"Susan conosceva il senso misterioso di appassionata fedeltà, era una specie di istinto, che le serviva in molte cose, e soprattutto nel modellare."
Con uno stile veloce e privo di imbarazzi, Pearl S. Buck Autore, ci accompagna nel racconto di un'esistenza densa e drammatica, capace di attraversare senza alcuna retorica il desiderio e la fatica e il gusto di vivere. L'autore descrive un mondo dove il passato bussa alla porta del presente, causando uno scontro tra il mondo dell'infanzia e quello dell'età adulta, tra la perfetta apparenza pubblica e una tumultuosa vita interiore. Pearl S. Buck ci pone una domanda cruciale: <<Può una donna perdersi nel proprio passato e trovare nei suoi fantasmi, la forza per nascere un'altra volta?>>
CITAZIONI
“Voglio essere la miglior moglie del mondo, la migliore madre. Voglio
fare un monte di belle cose nel bronzo e nella pietra, cose che
dureranno in eterno. Non c’è niente che non voglia fare”.
“Avrebbe vissuto pienamente la propria vita, per amor di perfezione.
Sarebbe stata tutto quello che poteva essere; e poteva essere quello che
voleva”.
Non verrò meno a nessuno dei miei compiti. Posso essere tutto: moglie,
madre … e me stessa. […]
Chi era Barnes, del resto? Aveva anche lui i suoi difetti. Era limitato a
suo modo come Lucile Palmer e, per quanto avesse fatto del bello il
cibo dell’anima, non vedeva altro che quello. Non capiva per esempio la
necessità e la bellezza della famiglia, del lavare, del cucinare, del
piantare giovani piantine, del canto, dell’amore! Non aveva altra
comprensione al di fuori dell’impeto che lo portava a tradurre i suoi
fantasmi in creta o in marmo. Ma lei! Lei non soltanto aveva bisogno di
essere, ma anche di creare. In lei non c’erano dualismi, non
unilateralità. Aveva bisogno di tutto, non poteva fare a meno di nulla.
Quello che la gente non capisce […] è che non si tratta affatto di
quello che fai. Il mondo può vivere benissimo anche senza quel po’ di
musica, o di poesia, o altre cose che persone come me e te sentono di
poter fare. Il problema non sta dunque in quel che si fa o non si fa, ma
piuttosto nella domanda: che cosa sarà di te, di me? […] sacrifica il
tuo talento, se puoi. Se puoi, vuol dire che puoi farne a meno; e tutto
diventa semplice. La gente ti capisce e ti vuol bene, perché si sente
simile a te. Dio, come odiano coloro che stanno più in alto! Allora
cercheranno di sopprimerti, se possono. Tutto, purché tu affondi.
Ciò che le interessa dell’arte è soltanto dare forma ai propri fantasmi,
per nulla spinta dal desiderio di primeggiare, dall’ambizione, dal
desiderio di successo. Solo creare, nella tranquillità del luogo adibito
a studio, e sentirsi viva.
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