venerdì 21 aprile 2023

RECENSIONE "La mirabile visione. Dante e la Commedia nell’immaginario simbolista" DI Cinzia Colzi - pubblicato da Polistampa


Secondo appuntamento dantesco al Museo Nazionale del Bargello con la nuova mostra, curata da Carlo Sisi e Ilaria Ciseri, volta a indagare la complessa percezione della figura di Dante e della Divina Commedia nel contesto artistico e letterario tra Otto e Novecento.
La mirabile visione. Dante e la Commedia nell’immaginario simbolista” è concepita come una narrazione tematica e interdisciplinare, all’interno della quale le opere formano una stringente sequenza per collegare fra loro dipinti, sculture e rimandi concettuali e letterari impliciti nella vicenda biografica e poetica del Sommo Poeta.

Visitabile fino al prossimo 9 gennaio – realizzata con il contributo e il patrocinio del Comitato Nazionale per le Celebrazioni dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, il patrocinio del Comitato “700 Dante” coordinato dal Comune di Firenze, il contributo di Fondazione CR Firenze – presenta una selezione di opere, dalle correnti naturaliste agli influssi europei del Simbolismo, per ben focalizzare sulle variegate immagini ispirate al poema.

La mirabile visione del titolo rimanda agli studi danteschi di Giovanni Pascoli ed è articolata in varie sezioni, rispettivamente dedicate alla scoperta del più antico ritratto di Dante, opera di Giotto, nella cappella del Bargello (1840) protagonista della precedente mostra temporanea (conclusa lo scorso 8 agosto), alle suggestioni della Vita Nova nella seconda metà dell’Ottocento, ai grandi e tragici personaggi della Commedia rappresentati nell’ambito artistico internazionale, alle opere presentate al Concorso Alinari del 1901 e alle illustrazioni più affini alla sensibilità simbolista, ma anche alla risonanza della Commedia nella produzione letteraria sia di Pascoli che di Gabriele d’Annunzio.

Fratelli Alinari Foto di scena di Eleonora Duse nel ruolo di Francesca da Rimini, 1901

L’esposizione dimostra quindi l’interpretazione figurativa della Vita Nova e della Commedia che, nella stagione dell’estetica simbolista, ha estratto da quelle pagine visioni di forte suggestione, anteponendo alle drammaturgie romantiche la nuova poetica degli “stati d’animo”, le evasioni dell’estetismo, come pure le inquietudini maturate nell’ampio crogiuolo della cultura artistica e letteraria di fine secolo. Il curatore, Carlo Sisi, illustra: «Dopo la metà del XIX secolo, alla vigilia del centenario dantesco che verrà celebrato nel 1865, la figura di Dante si identifica ancora con l’idea nazionale sancita dagli esiti della politica risorgimentale, per cui il Poeta è definito ”precursore della unità e libertà d’Italia” e come tale è rappresentato nei monumenti ufficiali che cominciano a popolare le piazze italiane, come quella di Santa Croce a Firenze, avallando una sorta di processo di identificazione civica ed etica che riconosceva in Dante “l’Italia tutta quanta; arte e scienza, memorie e speranze, colpe e sventure…”.

Apice di sentimenti che si sarebbero di lì a poco frammentati in una varietà di sperimentazioni alimentate dalla vivace dialettica fra le correnti naturaliste e gli influssi europei del Simbolismo, più inclini questi ultimi a ritrovare nella Vita Nova e nella Commedia le matrici dell’inquietudine moderna, gli spunti per trasferire nella sensibilità contemporanea lo straordinario catalogo di immagini – turbate, sublimi, mistiche, oniriche – che la poesia di Dante era in grado di offrire al mondo dell’arte».

Raffaello Sorbi – Dante che incontra Beatrice, 1863

Per incarnare il sogno medioevale, i preraffaelliti rivolsero principalmente le loro sensibilità ai fatti della vita del poeta e, su tale sogno, il Curatore prosegue: «consacrato dagli scritti di Ruskin, nella rappresentazione di una vicenda biografica esemplare non solo per il suo intrinseco valore ma anche per le suggestioni estetiche che in quegli anni venivano indicate a modello di vita dell’uomo contemporaneo. Dante Gabriel Rossetti, che nel nome aveva assunto l’eredità della devozione paterna per il poeta, dipinge Il sogno di Dante (1871) ispirandosi alla Vita Nova e stabilendo da allora, sul piano concettuale e stilistico, un canone di rappresentazione che tendeva ad armonizzare la difficoltà del concetto con la raffinata evocazione dei luoghi, dei costumi, degli arredi, componenti che diverranno dominanti nelle opere dei pittori anglosassoni rapiti nel “sogno” fiorentino: dal celebre Incontro di Dante e Beatrice di Henry Holiday (1882-1884) all’immaginosa ricostruzione ambientale del Dante a Verona di Marie Spartali Stillman (1888).

Sullo stesso piano di prevalente indirizzo estetizzante sono da porre anche le affezioni dantesche di artisti italiani – Duprè, Cassioli, Ranzoni, Faruffini, Barabino, Sartorio, Sorbi, Trentacoste – che si accostano alla vita di Dante e alla sua Commedia accentuando l’immaginazione lirica che trovava alimento nella poetica degli “stati d’animo” e nel serrato dialogo fra arte figurativa e letteratura ».

Gustave Doré – Paolo e Francesca da Rimini all’Inferno, prima del 186

Ne consegue come, la vicenda di Paolo e Francesca, assuma la funzione di paradigma di quella sintonia espressiva riconoscibile nelle opere di Gustave Doré, di Auguste Rodin, di Gaetano Previati.
Ancora il professor Sisi: «essenziale ma significativa antologia della fortuna di un tema, il crimen amoris, amplificato dalla tragedia di Gabriele d’Annunzio e dalla musica di Riccardo Zandonai. Sullo scorcio del XIX secolo, le celebrazioni indette per commemorare il VI centenario dell’elezione dell’Alighieri a Priore delle Arti nel governo della Repubblica fiorentina furono occasione di importanti iniziative collegate alle sorti della fortuna di Dante: nell’aprile del 1899 la Commissione esecutiva della Società Dantesca Italiana riprese infatti la Lectura Dantis in Orsanmichele, inaugurando la monumentale cattedra neogotica allestita, con esiti scenografici, da Enrico Lusini e Giacomo Lolli; mentre, alle soglie del nuovo secolo, la stessa autorevole associazione avrebbe affidato le sorti di quella ‘primavera’ letteraria alla vena immaginifica di Gabriele d’Annunzio, prezioso commentatore del canto VIII dell’Inferno, e che sarà prefatore, nel 1911, della sontuosa edizione della Commedia edita da Leo Samuel Olschki».

Il  9 maggio 1900, veniva bandito da Vittorio Alinari un concorso per l’illustrazione della Divina Commedia: le opere dei trentuno artisti partecipanti –  fra questi, Alberto Martini, Galileo Chini, Duilio Cambellotti, Adolfo De Carolis, Plinio Nomellini, Giovanni Fattori, Alberto Zardo – furono esposte, nel giugno dell’anno successivo  nelle sale  della Società fiorentina di Belle Arti palesandole potenti espressioni artistiche presenti in Italia a cavallo del cambio di secolo poi riunite in tre prestigiosi volumi editi fra il 1902 e il 1903.

Otto Vermehren – L’isola dei morti, 1886-1900

Carlo Sisi, al riguardo, rileva: «Gli apprezzamenti e le polemiche sollecitati da questa impegnativa impresa coinvolsero non soltanto l’ambito artistico – principale comparto messo alla prova in un momento di approfondita revisione dell’eredità ottocentesca e di sguardo inquieto sui contemporanei sviluppi dell’arte europea – ma anche la compagine letteraria e degli studi storici, fino ad integrare il contesto quotidiano delle arti applicate e il nuovo linguaggio cinematografico, in prova che la figura di Dante e le pagine del suo poema costituivano ancora, alla vigilia delle Avanguardie, un’attuale e spesso controversa materia di confronto. Firenze, città dantesca, induce pensieri che invitano a singolari connessioni lontane nel tempo ma disposte ad un dialogo eccentrico, in grado di collegare temi e luoghi sulla traccia degli “stati d’animo”. Da una parte l’Isola dei morti di Arnold Böcklin, forse ispirata alla collinetta sepolcrale del Cimitero degli Inglesi, era nelle intenzioni dell’artista un «quadro per sognare», in grado cioè di rendere visibile l’invisibile con immagini criptiche e nello stesso tempo rivelatrici. Dall’altra L’enigma di Giorgio de Chirico è la prima rivelazione metafisica, successiva al periodo böckliniano, che le architetture di piazza Santa Croce ispirano all’artista rinviando all’immobilità del tempo, all’eterno ritorno e all’eterno presente, dove la statua di Dante funge da solenne, ineffabile meridiana».

Aristide Foà – Inferno, canto XXIV, ante 1922

Per favorire la comprensione anche al pubblico più giovane la figura di Dante e il suo rapporto con Firenze, proseguono i laboratori gratuiti “Dante per tutti” dedicati a bambini e ragazzi (iniziati – riscuotendo grande successo – in occasione della precedente mostra “Onorevole e antico cittadino di Firenze. Il Bargello per Dante”) realizzati grazie al contributo della Fondazione CR Firenze.

Accompagna la mostra un bel catalogo edito da Polistampa.

  

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