lunedì 21 gennaio 2019




Se i pesci guardassero le stelle
Non esistono sogni facili. Esiste solo il coraggio di inseguirli.


«Una storia incantevole, che fa sognare e riempie il cuore!»
Nicolas Barreau
 
SINOSSI
 
Samuele ha trent’anni, una gran voglia di essere felice e la fastidiosa sensazione di girare a vuoto, proprio come fa Galileo, l’amico “molto speciale” con il quale si confida ogni giorno. Sognatore nato, sfortunato in amore, vorrebbe diventare un creativo pubblicitario ma i suoi progetti vengono puntualmente bocciati. Così di giorno è un reporter precario e malpagato, mentre la sera soddisfa il proprio animo poetico facendo la guida al piccolo Osservatorio astronomico di Perinaldo, sopra Sanremo: un luogo magico per guardare le stelle ed esprimere i desideri. Proprio lì, la notte di San Lorenzo incontra una misteriosa ragazza, che dice di chiamarsi Emma e di fare l’illustratrice di libri per bambini. Samuele ne rimane folgorato e la invita a cena, ma è notte fonda e commette il più imperdonabile degli errori: si addormenta. Quando si risveglia, Emma è scomparsa nel nulla. Ma come la trovi una persona di cui conosci soltanto il nome? Non sarà l’ennesimo sogno soltanto sfiorato? In un tempo in cui persino l’amore sembra un lusso che non possiamo permetterci, questo romanzo di Luca Ammirati ci ricorda che per realizzare i nostri desideri è necessaria un’ostinazione che somiglia molto alla follia. E che a volte bisogna desiderare l’impossibile, se vogliamo che l’impossibile accada.

Luca Ammirati

Luca Ammirati (Sanremo, 1983) è responsabile interno della sala stampa del Teatro Ariston, dove ogni anno si svolge il Festival della canzone italiana. È stato assessore alla cultura del Comune di Perinaldo, dove esiste realmente l’Osservatorio astronomico raccontato in questo romanzo.


RECENSIONE
 
Io Samuele, trent’anni, cosciente di rappresentare un mondo a cui non appartengo e che diffida le giovani vittime del precariato; io quindi, Samuele, poso quasi inavvertitamente lo sguardo proprio su Galileo, su quel raggio di luce che colpisce la boccia. Riempito d’acqua, quell’oggetto inerte aveva una vita.
Nell’equilibrio dei volumi, nel perfetto accordo del solido e del liquido, c’era qualcosa di imponente, ma anche di delicato. La forma perfetta non negava la pesanteur del vaso, ma in qualche modo la riscattava. Quello che vedeva, poteva far pensare a un bicchiere colmo per dissetare un gigante; ma Samuele avrebbe dovuto impugnarlo con tutta la cautela necessaria a maneggiare un oggetto leggero e fragile come cristallo.
Quella piccola sfera si materializza davanti agli occhi della sua memoria. Sulla scrivania la campana di vetro, prefigurava ciò che prova il cuore durante una grande gioia. La durata rallenta e si dilata, nell’assenza di urti il balletto dei pesci diventa eterno e, quando l’ultimo movimento dell’acqua si posa, sappiamo di aver vissuto quel <<fuori dal tempo>>, che è segno delle grandi illuminazioni.
Mi chiedevo se mi sarebbe stato concesso vivere istanti simili, stare al centro del lento e maestoso balletto dei pesci, strappato finalmente alla triste frenesia del tempo.
L’invito di Leo aveva suscitato in me quella sensazione di nudità completa che è solo dell’anima e che avvolta dal turbine dell’acqua, adesso mi provoca nel cuore una sorta di delizioso bruciore.
Lo guardo. E mi getto nell’acqua gelida e incantevole del <<fuori dal tempo>>.
Fuori dai contorni della stanza, il tumulto e la noia della vita. Passo la giornata a cercare di persuadermi che sto perdendo la testa per niente e che il mio amico Leo, il quale dispone di un acquario sufficientemente ampio da contenere i suoi vortici, ha ben altre preoccupazioni che i trasalimenti parkinsoniani di un giovane uomo.
Il fatto è che, senza aver bisogno di farlo apposta, rimango muto. Samuele non si stancava di accarezzare il bordo del vaso, lambito dall’acqua. Abbracciava quell’oggetto, appena intiepidito dal calore del mattino, con una sensualità che si riserva agli esseri viventi. Ma è proprio questo il punto. Dov’è che passa il confine del vivente?
L’animato e l’inanimato, la boccia e colui che la guarda, non sono forse accomunati da un identico destino di creature, di creazioni?
Tutto ciò che esiste è una forma, più o meno evidente, più o meno sviluppata, un ricettacolo di forze, di tensioni, di equilibri imprevedibili. E anche loro due, in quell’angolo di mondo di Perinaldo, erano diventati una parte della storia. C’erano il vaso e l’acqua, e l’acqua rifletteva il cielo e il fuoco del sole, e il cerchio, dato dal movimento di Leo. Questo è il miracolo che sa fare il cerchio. Lui è il più forte.
Riacquistata la piena padronanza dei suoi mezzi, si accinge a rientrare nel ruolo di precario, pensando di proseguire con un: <<Oggi non riesco a non pensare all’email che mi cambierà la vita. Perché io sono così, non ho fatto altro che inseguire i sogni>>.
E allo stesso tempo mi preparo ad assestare il colpo di grazia da cui i sospetti di Leo non si risolleveranno più, lo splendore può spiegare come d’improvviso la coscienza della mia indegnità lasci il campo ad una sincope estetica.
In quella città dove ogni novità è così rara da venire rapidamente contesa trasformandosi in una moda. Aspira ad un lavoro. Lui non può certo fare il prezioso, viene dal precariato, costretto a mettersi in scena, a subire il giudizio degli altri, a mendicare in ogni modo il favore e l’attenzione, a vivere nel terrore di non essere più in grado, e dunque di non essere più nulla, come un giocattolo rotto.
Samuele vive all’ombra dei desideri che non si realizzano, la frustrazione un dolore per lui, lo orienta nel tempo e nello spazio. Nella <<stanza dei desideri>>, al contrario, tutto ciò che si vuole diventa realtà, e questa realtà è il più atroce, impietoso degli specchi.
Ci sono giorni che grazie al puro movimento del circolare, si riattiva quel senso narrativo dell’esistenza che è così importante per sopravvivere con un briciolo di buon senso. Il giovane uomo si sente parte di un meccanismo universale, quasi intravede la possibilità di raccontarsi una storia, la sua, non importa che sia molto allegra, non importa che descriva una curva ascendente, o che alluda ad una forma di redenzione, all’acquisto di una comprensione da spartire con il prossimo, una sorte con tutte le sue varianti e sfumature, che è la vita umana.
L’incontro con Emma si riduce a un sogno. Al mattino la ragazza non c’è più, ed egli si strugge per poterla ritrovare. Si capisce bene nei temperamenti romantici di Samuele, la mancanza di piglio, di sofferenza, di nobili colpi di testa. Solleva lo sguardo al cielo stellato pieno dei suoi sogni, si guarda intorno … ma non trova niente di diverso, di più saldo su cui appoggiare i piedi.
Nelle mattinate così grigie e ripetitive Samuele, aveva scoperto i benefici sull’umore, il sottile effetto terapeutico che la sua oasi di poesia e di pace, procura alla sua vita da eterno precario. Riempiva in questo modo le impreviste e involontarie giornate libere, scacciando il malessere per quel tempo ritrovato che non sapeva neppure di possedere.
Il cielo di Sanremo, sotto il timido effetto della luna, sembra un canovaccio fatto di stelle luminose.
<<Samuele, ricordati che questa condizione è stata creata ad arte da chi manovra il sistema. La precarizzazione del lavoro è precarizzazione della vita>>. Quella frase di tanto in tanto gli rimbombava in testa.
Senza un lavoro sicuro, senza la certezza di uno stipendio adeguato, tutto nella nostra vita diventa precario. Non solo il futuro, persino gli affetti. Non puoi investire, e neppure farti una famiglia. Hai paura di quello che può accadere domani, di restare all’improvviso senza un sostegno economico.
Samuele aveva preso l’abitudine di passeggiare con lo sguardo impegnato a catturare i dettagli. Quasi a fotografarli con gli occhi, per poi, per immagazzinare tutto nell’hard disk del suo cervello. Lui adesso, proprio all’ombra delle abitazioni nella Sanremo che cambia pelle, si ritrova con la stringente necessità di trovare un nuovo lavoro.
Una vita sentimentale fra alti e bassi, quella Samuele, trascorsa a inseguire più la tresca di una sera che un solido rapporto amoroso. Samuele aveva lentamente capito che nel loro rapporto, qualcosa stava per lacerarsi. Si era convinto che fosse necessario fare qualcosa, prima che fosse troppo tardi. Bisognava dare una sterzata, farlo in fretta. Per questo, aveva pensato che fosse necessario ricomporre i cocci del feeling, raccogliere le briciole dei loro sentimenti.
Il cielo tornò a tingersi di blu. L’aria divenne più pulita, come in quelle giornate nelle quali Sanremo sembra profumare di fresco e si possono distinguere ad occhio nudo persino gli attici dei palazzi del centro. E il sole fu il compagno più piacevole che Samuele, potesse portare con sé in una delle prime giornate senza lavoro.
Samuele pensò che la lotta alla precarietà e all’assenza di futuro, andasse combattuta insieme, dalle nuove generazioni, al di là delle ideologie. Quella frase tagliò di netto l’ultimo degli ormeggi che ancora frenava la sua voglia di sfogarsi, il suo desiderio di liberare l’irruenza. Diventò un fiume in piena, una tempesta di parole, un misto di cattiveria e di risentimento verso il mondo.
Il fatto è che lui era una persona libera, per quanto si può essere liberi in questo mondo così pieno di lacci e tagliole. Rivivere nei luoghi di un sogno, luoghi di per sé abbastanza fuori mano da apparire delicatamente ma tenacemente velati di irrealtà, significa sicuramente riaccostarsi a un mondo magico, dove ogni ragnatela può essere scambiata per una scala di seta.
La vita vi si rimescola unendo a tutto ciò che è stato tutto ciò che poteva essere; l’inespresso fa da eco a tutte le parole pronunciate. Sempre la vita umana, questa cosa a prima vista così amorfa ed insensata, ha bisogno di essere interrogata, decifrata, perché raramente, e solo per caso, la vita è evidente nelle sue intenzioni.

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