Quelli di Elizabeth Strout sono quasi tutti ordinari, spesso anziani, figli di povera gente, ma capaci di scatti di intelligenza che li rendono aperti al cambiamento, che sia la possibilità di uscire dalla periferia o di emanciparsi da una condizione di inferiorità. Su tutti spicca Lucy. E' una Lucy Burton antica e sempre nuova che dissimula saggiamente la sua arte e mantiene uno sguardo fresco che si sposa benissimo con quello un pò serioso di William (il marito). Lucy non comprende molti perchè della nostra esistenza eppure li vuole racconare. E cosìaltro fa uno scrittore se non cercare ogni volta di misurarsi con ciò che resta incomprensibile?
Lucy davanti al mareEinaudi 2024 Supercorallipp. 232 - € 19,00
Traduzione di Susanna Basso È l'inizio del 2020 e in città giunge notizia di un nuovo virus
potenzialmente letale. A New York i casi sono ancora sporadici e la
gente, la scrittrice Lucy Barton fra loro, si aggrappa alla vita di
sempre. Ma non William. William, il primo marito di Lucy, è un uomo di
scienza, e la intuisce da subito, la catastrofe che sembra spazzar via
la vita conosciuta; la grande paura che annienta le certezze e scuote le
relazioni. Anche quella antica di due vecchi coniugi che credevano di
aver esaurito le sorprese. Ancora una volta tocca far appello all'amore,
alle sue forme strane e imperfette, per far sí che il comune dolore
anziché allontanare unisca. Per salvarsi la vita.
«È scritto per sembrare vita - erratica, sorprendente, attraversata da lampi di un senso piú alto; la verità è che è arte».
Laura Miller, «The New Yorker»
«Non ho solo amato questo libro; ne avevo bisogno».
Priscilla Gilman, «The Boston Globe»
Il libro La scrittrice Lucy Barton non ha mai cancellato un tour promozionale in
vita sua. Eppure, quasi senza saperne la ragione, quel tour in Europa,
previsto per i primi mesi del 2020, l’ha disdetto. «Meno male che non
sei andata in Italia, – le diranno poi, – là c’è il virus». È William,
lo scienziato William, il primo marito di Lucy, da poco reduce dal
fallimento del suo terzo matrimonio e dal rifiuto di una sorellastra che
non lo vuole incontrare, a passare all’azione per primo: Lucy ha poche
ore per preparare un bagaglio essenziale, chiudere casa e partire con
lui alla volta di una casetta in affitto sulle coste del Maine. Anche le
loro figlie, Chrissy e Becka, e i rispettivi mariti dovranno
raggiungere luoghi piú protetti. L’imperativo per tutti, nei piani di
William, è lasciare la città, con il suo brulicare di vita e pericoli, e
mettersi al riparo. Pur incredula e sgomenta, Lucy accetta di seguire
l’ex marito a Crosby, Maine. Per loro inizia cosí la routine
interminabile di una quotidianità dilatata nella ripetizione di piccoli
gesti sempre uguali a se stessi che la pandemia ha caricato di senso;
una routine ammanettata all’assenza di vita – «Certe volte dovevo uscire
di casa al buio e andare giú fino al mare, imprecando ad alta voce» –
eppure preziosa perché garanzia della prosecuzione. E poi un inedito
senso di solitudine e isolamento. La nostalgia. La preoccupazione per i
cari distanti. L’amarezza di certi allontanamenti. La rabbia e la noia.
La grande paura, individuale e collettiva: quella che fa avvicinare una
furente abitante del luogo all’automobile con la targa della metropoli,
urlando a una Lucy Barton sconvolta: «Maledetti newyorkesi! Via da casa
nostra!» E poi l’ottusità, che la paura sempre porta con sé, in seno
all’inconsapevole privilegio di chi la prigione può permettersi di
scegliersela. Ma ci sono anche gli istanti di consolazione: una natura
anch’essa ripetitiva, come le onde del mare che Lucy contempla, ma
proprio per questo rassicurante; una chiacchierata dietro la mascherina,
un abbraccio proibito e insperato con una figlia lontana, un incontro
dal passato, e un percorso rovesciato di separazione in casa per due
vecchi coniugi e amici e amanti chiamati a saggiare la trama della loro
comune tela nel modo piú brutale. Lo stesso di cui tutti noi ancora
portiamo le cicatrici.
Lucy davanti al mareEinaudi 2024 Supercorallipp. 232 - € 19,00
Traduzione di Susanna Basso È l'inizio del 2020 e in città giunge notizia di un nuovo virus
potenzialmente letale. A New York i casi sono ancora sporadici e la
gente, la scrittrice Lucy Barton fra loro, si aggrappa alla vita di
sempre. Ma non William. William, il primo marito di Lucy, è un uomo di
scienza, e la intuisce da subito, la catastrofe che sembra spazzar via
la vita conosciuta; la grande paura che annienta le certezze e scuote le
relazioni. Anche quella antica di due vecchi coniugi che credevano di
aver esaurito le sorprese. Ancora una volta tocca far appello all'amore,
alle sue forme strane e imperfette, per far sí che il comune dolore
anziché allontanare unisca. Per salvarsi la vita.
«È scritto per sembrare vita - erratica, sorprendente, attraversata da lampi di un senso piú alto; la verità è che è arte».
Laura Miller, «The New Yorker»
«Non ho solo amato questo libro; ne avevo bisogno».
Priscilla Gilman, «The Boston Globe»
Il libro La scrittrice Lucy Barton non ha mai cancellato un tour promozionale in
vita sua. Eppure, quasi senza saperne la ragione, quel tour in Europa,
previsto per i primi mesi del 2020, l’ha disdetto. «Meno male che non
sei andata in Italia, – le diranno poi, – là c’è il virus». È William,
lo scienziato William, il primo marito di Lucy, da poco reduce dal
fallimento del suo terzo matrimonio e dal rifiuto di una sorellastra che
non lo vuole incontrare, a passare all’azione per primo: Lucy ha poche
ore per preparare un bagaglio essenziale, chiudere casa e partire con
lui alla volta di una casetta in affitto sulle coste del Maine. Anche le
loro figlie, Chrissy e Becka, e i rispettivi mariti dovranno
raggiungere luoghi piú protetti. L’imperativo per tutti, nei piani di
William, è lasciare la città, con il suo brulicare di vita e pericoli, e
mettersi al riparo. Pur incredula e sgomenta, Lucy accetta di seguire
l’ex marito a Crosby, Maine. Per loro inizia cosí la routine
interminabile di una quotidianità dilatata nella ripetizione di piccoli
gesti sempre uguali a se stessi che la pandemia ha caricato di senso;
una routine ammanettata all’assenza di vita – «Certe volte dovevo uscire
di casa al buio e andare giú fino al mare, imprecando ad alta voce» –
eppure preziosa perché garanzia della prosecuzione. E poi un inedito
senso di solitudine e isolamento. La nostalgia. La preoccupazione per i
cari distanti. L’amarezza di certi allontanamenti. La rabbia e la noia.
La grande paura, individuale e collettiva: quella che fa avvicinare una
furente abitante del luogo all’automobile con la targa della metropoli,
urlando a una Lucy Barton sconvolta: «Maledetti newyorkesi! Via da casa
nostra!» E poi l’ottusità, che la paura sempre porta con sé, in seno
all’inconsapevole privilegio di chi la prigione può permettersi di
scegliersela. Ma ci sono anche gli istanti di consolazione: una natura
anch’essa ripetitiva, come le onde del mare che Lucy contempla, ma
proprio per questo rassicurante; una chiacchierata dietro la mascherina,
un abbraccio proibito e insperato con una figlia lontana, un incontro
dal passato, e un percorso rovesciato di separazione in casa per due
vecchi coniugi e amici e amanti chiamati a saggiare la trama della loro
comune tela nel modo piú brutale. Lo stesso di cui tutti noi ancora
portiamo le cicatrici.
Traduzione di Susanna Basso
È l'inizio del 2020 e in città giunge notizia di un nuovo virus
potenzialmente letale. A New York i casi sono ancora sporadici e la
gente, la scrittrice Lucy Barton fra loro, si aggrappa alla vita di
sempre. Ma non William. William, il primo marito di Lucy, è un uomo di
scienza, e la intuisce da subito, la catastrofe che sembra spazzar via
la vita conosciuta; la grande paura che annienta le certezze e scuote le
relazioni. Anche quella antica di due vecchi coniugi che credevano di
aver esaurito le sorprese. Ancora una volta tocca far appello all'amore,
alle sue forme strane e imperfette, per far sí che il comune dolore
anziché allontanare unisca. Per salvarsi la vita.
«È scritto per sembrare vita - erratica, sorprendente, attraversata da lampi di un senso piú alto; la verità è che è arte».
Laura Miller, «The New Yorker»
«Non ho solo amato questo libro; ne avevo bisogno».
Priscilla Gilman, «The Boston Globe»
«È scritto per sembrare vita - erratica, sorprendente, attraversata da lampi di un senso piú alto; la verità è che è arte».
Laura Miller, «The New Yorker»
«Non ho solo amato questo libro; ne avevo bisogno».
Priscilla Gilman, «The Boston Globe»
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