sabato 17 febbraio 2024

LUCY DAVANTI AL MARE DI ELIZABETH STROUT, EINAUDI.

In Lucy davanti al mare di Elizabeth Strout, appena uscito per Einaudi, l'autrice il sismografo emotivo di quei giorni del Covid in modo eccellente. Ciò che non smette di colpirmi di questa scrittrice è l'abilità di convocare i suoi personaggi, sempre pronti a rivivere, a mettersi in gioco sull'ultima pagina per dare conto dei loro limiti, delle loro relazioni radicate e insieme precarie. Ognuno ricompare per dirci nel frattempo dove è stato, chi è diventato e cosa ha sbagliato. Ritroviamo così una galleria di donne e di uomini mai definitivamente spariti dalla scena, ma che tornano a prendere corpo e consistenza solo quando si ricongiungono al coro. 

Quelli di Elizabeth Strout sono quasi tutti ordinari, spesso anziani, figli di povera gente, ma capaci di scatti di intelligenza che li rendono aperti al cambiamento, che sia la possibilità di uscire dalla periferia o di emanciparsi da una condizione di inferiorità. Su tutti spicca Lucy. E' una Lucy Burton antica e sempre nuova che dissimula saggiamente la sua arte e mantiene uno sguardo fresco che si sposa benissimo con quello un pò serioso di William (il marito). Lucy non comprende molti perchè della nostra esistenza eppure li vuole racconare. E cosìaltro fa uno scrittore se non cercare ogni volta di misurarsi con ciò che resta incomprensibile?

Elizabeth Strout
Lucy davanti al mare
Einaudi 
2024 Supercoralli
pp. 232 - € 19,00
 
Traduzione di Susanna Basso
 
È l'inizio del 2020 e in città giunge notizia di un nuovo virus potenzialmente letale. A New York i casi sono ancora sporadici e la gente, la scrittrice Lucy Barton fra loro, si aggrappa alla vita di sempre. Ma non William. William, il primo marito di Lucy, è un uomo di scienza, e la intuisce da subito, la catastrofe che sembra spazzar via la vita conosciuta; la grande paura che annienta le certezze e scuote le relazioni. Anche quella antica di due vecchi coniugi che credevano di aver esaurito le sorprese. Ancora una volta tocca far appello all'amore, alle sue forme strane e imperfette, per far sí che il comune dolore anziché allontanare unisca. Per salvarsi la vita.

«È scritto per sembrare vita - erratica, sorprendente, attraversata da lampi di un senso piú alto; la verità è che è arte».
Laura Miller, «The New Yorker»

«Non ho solo amato questo libro; ne avevo bisogno».
Priscilla Gilman, «The Boston Globe»
 
Il libro
 
La scrittrice Lucy Barton non ha mai cancellato un tour promozionale in vita sua. Eppure, quasi senza saperne la ragione, quel tour in Europa, previsto per i primi mesi del 2020, l’ha disdetto. «Meno male che non sei andata in Italia, – le diranno poi, – là c’è il virus». È William, lo scienziato William, il primo marito di Lucy, da poco reduce dal fallimento del suo terzo matrimonio e dal rifiuto di una sorellastra che non lo vuole incontrare, a passare all’azione per primo: Lucy ha poche ore per preparare un bagaglio essenziale, chiudere casa e partire con lui alla volta di una casetta in affitto sulle coste del Maine. Anche le loro figlie, Chrissy e Becka, e i rispettivi mariti dovranno raggiungere luoghi piú protetti. L’imperativo per tutti, nei piani di William, è lasciare la città, con il suo brulicare di vita e pericoli, e mettersi al riparo. Pur incredula e sgomenta, Lucy accetta di seguire l’ex marito a Crosby, Maine. Per loro inizia cosí la routine interminabile di una quotidianità dilatata nella ripetizione di piccoli gesti sempre uguali a se stessi che la pandemia ha caricato di senso; una routine ammanettata all’assenza di vita – «Certe volte dovevo uscire di casa al buio e andare giú fino al mare, imprecando ad alta voce» – eppure preziosa perché garanzia della prosecuzione. E poi un inedito senso di solitudine e isolamento. La nostalgia. La preoccupazione per i cari distanti. L’amarezza di certi allontanamenti. La rabbia e la noia. La grande paura, individuale e collettiva: quella che fa avvicinare una furente abitante del luogo all’automobile con la targa della metropoli, urlando a una Lucy Barton sconvolta: «Maledetti newyorkesi! Via da casa nostra!» E poi l’ottusità, che la paura sempre porta con sé, in seno all’inconsapevole privilegio di chi la prigione può permettersi di scegliersela. Ma ci sono anche gli istanti di consolazione: una natura anch’essa ripetitiva, come le onde del mare che Lucy contempla, ma proprio per questo rassicurante; una chiacchierata dietro la mascherina, un abbraccio proibito e insperato con una figlia lontana, un incontro dal passato, e un percorso rovesciato di separazione in casa per due vecchi coniugi e amici e amanti chiamati a saggiare la trama della loro comune tela nel modo piú brutale. Lo stesso di cui tutti noi ancora portiamo le cicatrici.

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