IL MALE OSCURO
di
GIUSEPPE BERTO
di
GIUSEPPE BERTO
11.04.2017
Soirée Berto a Torino
Martedì 11 aprile, ore 18.00,
presso il Circolo dei lettori
presso il Circolo dei lettori
(Via Bogino, 9, Torino)
Camilla Baresani
Pierluigi Battista
dialogano su
IL MALE OSCURO
di
GIUSEPPE BERTO
Introduce e modera Luca Beatrice
Letture di Gianni Bissaca
Per informazioni: info@circololettori.it
Ingresso libero fino a esaurimento posti
titolo | Il male oscuro |
autore | Trevi Emanuele Berto Giuseppe Gadda Carlo Emilio |
editore | Neri Pozza |
formato | Ebook |
formato | Epub |
protezione | Adobe DRM |
collana | Bloom |
pagine | 512 |
pubblicazione | 2016 |
ISBN/EAN | 9788854514720 |
l'autore
Giuseppe Berto
Giuseppe Berto nasce a Mogliano Veneto il 27
dicembre 1914. Nel 1947 pubblica presso Longanesi Il cielo è rosso, su
segnalazione di Giovanni Comisso. Tra il 1955 e il 1978, anno in cui si
spegne a Roma, dà alle stampe, oltre al Male oscuro, numerosi altri
libri, tra i quali si segnalano: Guerra...
SINOSSI
Apparso per la prima volta nel 1964, Il
male oscuro ottenne subito un grande successo, vincendo nello stesso
anno il Premio Viareggio e il Premio Campiello. L’apprezzamento critico
che ne seguí, tuttavia, non colse forse pienamente la grandezza di
quest’opera e della figura di Giuseppe Berto nel panorama della
letteratura italiana del secondo Novecento.
Come sovente accade, questo romanzo e lo stesso Berto conoscono forse soltanto oggi quella che Benja-min definiva «l’ora della leggibilità ». Comparato con le opere di quell’epoca caratterizzata da una società in piena espansione, Il male oscuro, come nota Emanuele Trevi nello scritto che accompagna questa nuova e-dizione, appare come «lo specchio, frantumato ma straordinariamente nitido, di un intero mondo, di un’epoca storica», un capolavoro assoluto dotato di «un’autorevolezza paradossale, che si basa sulla travol-gente energia degli stati d’animo».
Come i grandi libri, il romanzo presuppone una genealogia. Berto ha ammesso piú volte il suo debito con La coscienza di Zeno di Svevo e La cognizione del dolore di Gadda, dalla quale ricavò il titolo stesso del suo libro. Il male oscuro, tuttavia, segna una svolta fondamentale rispetto a queste opere precorritrici: non de-scrive semplicemente una nevrosi, ma la mima e la incarna. Il suo linguaggio è la manifestazione stessa del male, «l’epifania tragicomica della sua oscurità» (Trevi). Un’assoluta novità artistica e letteraria che Berto non esitò a battezzare «stile psicoanalitico».
Una prosa modernissima che, narrando di un male assolutamente personale, fa scorrere davanti ai nostri occhi «la Roma della Dolce Vita e di via Veneto, i medici e le loro contrastanti e fallaci diagnosi, l’industria del cinema con tutte le sue bassezze e le sue assurde viltà, la famiglia borghese e la sua economia domestica, i cambiamenti del costume sessuale, i rotocalchi a colori e le villeggiature in montagna»… la malattia di un’epoca apparentemente felice.
«Sono abbastanza sicuro di me stesso mentre scrivo e so di essere moderno».
Giuseppe Berto
«Ogni volta che aprivo e leggevo venti o trenta pagine de Il male oscuro, avrei voluto che questo libro non avesse a che fare con me, con le mie sofferenze, le mie fobie, le gabbie del mio passato, il mio tempo, avrei voluto che fosse un libro datato, lontano, un reperto del Novecento, e invece ogni volta mi ritrovavo coinvolto dalla sua sincerità senza scampo».
Come sovente accade, questo romanzo e lo stesso Berto conoscono forse soltanto oggi quella che Benja-min definiva «l’ora della leggibilità ». Comparato con le opere di quell’epoca caratterizzata da una società in piena espansione, Il male oscuro, come nota Emanuele Trevi nello scritto che accompagna questa nuova e-dizione, appare come «lo specchio, frantumato ma straordinariamente nitido, di un intero mondo, di un’epoca storica», un capolavoro assoluto dotato di «un’autorevolezza paradossale, che si basa sulla travol-gente energia degli stati d’animo».
Come i grandi libri, il romanzo presuppone una genealogia. Berto ha ammesso piú volte il suo debito con La coscienza di Zeno di Svevo e La cognizione del dolore di Gadda, dalla quale ricavò il titolo stesso del suo libro. Il male oscuro, tuttavia, segna una svolta fondamentale rispetto a queste opere precorritrici: non de-scrive semplicemente una nevrosi, ma la mima e la incarna. Il suo linguaggio è la manifestazione stessa del male, «l’epifania tragicomica della sua oscurità» (Trevi). Un’assoluta novità artistica e letteraria che Berto non esitò a battezzare «stile psicoanalitico».
Una prosa modernissima che, narrando di un male assolutamente personale, fa scorrere davanti ai nostri occhi «la Roma della Dolce Vita e di via Veneto, i medici e le loro contrastanti e fallaci diagnosi, l’industria del cinema con tutte le sue bassezze e le sue assurde viltà, la famiglia borghese e la sua economia domestica, i cambiamenti del costume sessuale, i rotocalchi a colori e le villeggiature in montagna»… la malattia di un’epoca apparentemente felice.
«Sono abbastanza sicuro di me stesso mentre scrivo e so di essere moderno».
Giuseppe Berto
«Ogni volta che aprivo e leggevo venti o trenta pagine de Il male oscuro, avrei voluto che questo libro non avesse a che fare con me, con le mie sofferenze, le mie fobie, le gabbie del mio passato, il mio tempo, avrei voluto che fosse un libro datato, lontano, un reperto del Novecento, e invece ogni volta mi ritrovavo coinvolto dalla sua sincerità senza scampo».
Nessun commento:
Posta un commento