lunedì 10 aprile 2017

AL DESTINO NON CI CREDO DI CARLO FALLACE - KIMERIK




Formato: Rilegato
Titolo: Al destino non ci credo
ISBN: 978-88-9375-193-3
Prezzo: € 13,00
Genere: Narrativa
Collana: Kimera
Anno: 2017
Pagine: 200
Autore: Carlo Fallace 


In sintesi
Charlotte è una ragazza che è dovuta crescere troppo in fretta. Strappata dalle braccia dei suoi genitori e delle persone che amava, viene condotta in un campo di prigionia. Qui subirà umiliazioni e i suoi occhi saranno costretti a vedere la morte di tante persone care. Ma, nello stesso posto, conoscerà anche l'amore: riuscirà infatti a fare breccia nel cuore di George, una guardia del campo che si innamorerà della sua generosità, della sua bontà d'animo e soprattutto della capacità di Charlotte di mettere sempre gli altri al primo posto. Una storia di morte, quindi, ma anche una storia d'amore. 



CARLO FALLACE

 
 Carlo Fallace nasce a Napoli, è studente universitario, iscritto al corso di Laurea in Servizio Sociale presso l'Università di Napoli “Federico II”. Il suo sogno nel cassetto è sempre stato quello di scrivere. Si divide tra gli amici, lo studio, l'università e il gruppo parrocchiale Acr (Azione Cattolica dei Ragazzi) dove è educatore. 








RECENSIONE 

Al destino non ci credo diventa con la parola scritta una “vita”, con la memoria di Charlotte, con il ricordo, con l’eco delle esperienze vissute. Nei lettori è comune l’esperienza ammaliante che il romanzo parli di “noi”, della nostra vita, l’impressione di respirare da sempre in quelle pagine. A volte per questo legame forte non riusciamo a staccarci dal libro, dove il tema centrale fosse la perdita di persone care, dove l’infelicità è maneggiata senza filtri. Il confine tra la crudeltà percepita e il bisogno di felicità è molto labile.
 
A mio parere nessun modello letterario può spiegare i crimini umani orrendi e indicibili. E’ solo nella “testimonianza”, come rappresentazione delle esperienze profonde e significative dei sopravvissuti che possiamo avvicinarci agli innominabili orrori.

La trama del romanzo “Al destino non ci credo” di Carlo Fallace è tesa ad un confronto con vissuti oscuri, con pensieri imprevedibili, con una massa di frammenti e una serie di interrogativi. L’autore Carlo Fallace ha trovato le parole per descrivere quello che alla protagonista Charlotte stava succedendo e quello che si aspettava, affidava i suoi pensieri, ricordi, desideri, per non dimenticare, poiché questi potevano metterla in salvo. 

La ragazza, invece, di chiudersi nel silenzi o per non soffrire, utilizza le parole che diventano come pesci che, provengono dal silenzio, abituati a nuotare in acque scure: esseri schivi che non intendono svelare ciò che mostrano. 

Afferrare quanto si aveva di più prezioso al mondo e poi…! E, quella notte, solo ciò che viveva. ciò che respirava, piangeva, amava, valeva qualcosa! Erano pochi coloro che pensavano con rimpianto alle ricchezze perdute: l’importante era stringere fra le braccia una moglie o un figlio. Il resto non contava, il resto poteva sprofondare pure tra le fiamme.

Ogni perdita di una persona cara ha un suo valore assoluto. Il dolore della mancanza ha aspetti altamente soggettivi. Nel caso della giovane Charlotte però ci sono aspetti particolari. La sua famiglia è stata colpita a morte da un altro “essere umano nazista”. La morte delle sua famiglia trascina con sé un corteo di interrogativi in più, perché non ha niente da consolare. L’amore, poi, riaffiora qua e là, come luce nel fango.

Nell’aria, nel silenzio, si respirava l’angoscia, allora aspettava la sera allo spuntar delle stelle per affidare i propri pensieri:“Non abbiamo fatto del male a nessuno. Perché? Perché a me?”
 
Gli anni passano e Charlotte fa fatica a distinguerli. Ma quel suo vissuto da quel giorno non ha precedenti per intensità emotiva, peso degli avvenimenti, incertezza del futuro, paura. Da quel giorno il tempo a cambiato molte cose e lei ha accumulato riflessioni, interrogativi sul suo vivere. 

La mancanza della famiglia Per Charlotte è segnata dalla assurda è ingiusta fine, dal dispiacere per l vita spezzata con violenza inaudita. Silenzio, tacere, quando la vita le fa più male, spesso le parole sono pietre, sono onde, ma sono le poche cose di cui Charlotte dispone davvero, quando tutto sembra crollarle attorno. Spesso proprio le parole insignificanti, possono aiutarla, al di là dei vertiginosi baratri.

Come può Charlotte affrontare simili momenti? Tutte le situazioni drammatiche si affrontano dissociandosi in svariati modi che permettono di non rimanere annichiliti dal dolore e poter in qualche modo sopravvivere. Charlotte, non voleva rimanere senza voce davanti al vuoto provocato dal male. Parlare di nazisti. Di campi di concentramento, di lager è difficile perché emotivamente doloroso ed è una pagina buia nella dignità umana.

Ma quando ti accade qualcosa come alla protagonista del romanzo, si guarda alla vita con meno illusioni e con più gratitudine. La sua visione della cose è cambiata, non può più prescindere da quello che è accaduto. Charlotte aveva tanti sogni da salvare. 

I figli dei sopravvissuti come Charlotte, si portano dietro la sofferenza del lutto non elaborato della famiglia, degli affetti,  per continuare a vivere deve ripristinare l’equilibrio perduto, senza per questo affidarlo all’oblio. Deve fare la conoscenza “dell’inumano”.

L’esperienza del suo incontro con l’atrocità, la portano a segnare un confine fra i vivi e i morti, da cui deve prendere le distanze. Allora Charlotte, si rifugia nei suoi sogni, nei ricordi e in quel giovane sentimento che prova quando conosce George. Allora una nuova ondata di speranza la investì, le parole, i gesti, i contatti, diventano ponti, impalcature, che danno speranza alla vita che altrimenti come spirale si avviterebbe su se stessa, fino alla perdita del significato stesso dell’esistenza. 

Capitoli molto brevi, profondità di pensiero, dettagli narrativi caratterizzanti personaggi e luoghi…sono questi gli elementi precipui di un romanzo drammatico, ma che esalta la determinazione e l’incisività per poter sopravvivere alle miserie psico-fisiche che la guerra impone a qualsiasi individuo, specialmente se si tratta di adolescenti. Diventando soldato dell’esercito tedesco George, con i suoi dubbi e le sue debolezze, passerà oltre la sua coscienza pur consapevole delle malvagità che si stavano compiendo intorno a lui,, per inseguire la sua chimera.

Charlotte cerca i punti ai quali aggrapparsi, per non lasciar scivolare via la vita come sabbia tra le dita: dai rapporti con gli altri, dalla volontà di rimanere viva, da George. Le pagine del romanzo di Carlo Fallace, “Al destino non ci credo”, una dopo l’altra, attivano una sorta di conoscenza affettiva a “posteriori”, che ci permette di lasciar scorrere le lacrime, di abbandonarsi alla tragedia che ha colpito la protagonista, all’amore dei suoi familiari che non ha più, al loro ricordo. I destini opposti di Charlotte e George,  convergono e si sfiorano in una limpida bolla di luce.
 
Con un stile di scrittura molto fluido ma che palesa al contempo una scelta accurata delle parole, volta a creare un alone di poesia che impregna ogni singola pagina del libro: si ha spesso la sensazione che l'autore Carlo Fallace, voglia aiutare chi legge a percepire lo stato d'animo dei protagonisti provando a ricrearlo e trasmetterlo nella descrizione dell'ambiente, dei suoi suoni e colori.

La scrittura di Carlo Fallace è incisiva, lascia scorrere le immagini, descrive vissuti inerti e silenzi insostenibili, i desideri e le paure, lasciarsi contagiare dal gioco con la vita e dalla speranza di un domani.


 

CITAZIONI DEL LIBRO 

 
Quel giorno avevo scoperto un nuovo sentimento. Avevo scoperto il sentimento dell’odio.

E’ vero non era quella di mio fratello, ma avevo salvato una vita! Avevo risparmiato una vita.
Era raro trovare gioia in quelle quattro mura. Era raro trovare qualcuno da definire amico, eppure esisteva questo sentimento. Esisteva il volersi bene, il voler bene a qualcuno che conosceva poco la nostra storia, la nostra vita. 

Mentre tornavo nella camerata, avvertii una sensazione strana: bella. Ma come poteva essere bella se intorno c’era soltanto orrore? Perchè provavo questa sensazione così spiacevole mentre gli altri morivano di fame?

Morire per aver chiesto dell’acqua, per aver chiesto del cibo. Morire per essere rispettati. Morire per aver fatto valere i propri diritti. Diritti umani.

Diana scosse la testa. Probabilmente sarebbe stata la prossima vittima. Sarebbe stata la prossima a morire. Il destino aveva scelto lei. Voleva portarla via da noi, voleva sottrarla dalle braccia di chi le voleva bene, sua figlia. Era ingiusto subire una crudeltà simile.

E’ triste pensare che l’unico modo per lasciare questo campo è morire. Era la triste realtà, era la cruda realtà.

L’unica speranza  era il desiderio affidato a quella stella. Non potevamo sperare in altro se non in quella stella che forse sarebbe arrivata a qualcuno che avrebbe percepito il dolore, la sofferenza che stavamo provando sulla nostra pelle. 

Ero triste, ma allo stesso tempo non potevo far vincere quel senso di angoscia e disperazione. Dovevo cercare di essere forte.

Ero riuscita a salvare tutte le donne. Ero riuscita a portarle fuori da quell’inferno. Le avevo salvate tutte, tranne me.

George, lentamente, si avvicinò alla mia faccia. Le sue labbra toccarono le mie e in un attimo mi sentii la persona più felice sul pianeta.

Era strano sentire da una bambina desideri del genere. Non desiderava ricevere una torta con tanto di panna, non desiderava ricevere un nuovo gioco. Desiderava e ricevere e dare un abbraccio.

Sull’avambraccio avevo una serie di numeri segnati di nero. Per loro non ero più Charlotte Grimaldi, probabilmente non lo ero mai stata. Per loro ero 98987. Una serie di numeri che sostituisce una persona, che sostituisce la vita, la sua storia, la sua realtà, il modo di essere, di fare.

Stavo riacquistando la mia dignità. Ero considerata di nuovo una persona, un essere umano.

Nessuno avrebbe saputo che fra tutto quell’orrore c’era qualcuno che aveva voluto salvarmi, tirarmi fuori di lì.

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