La donna che cancellava i ricordi
Per alcuni è capace di pura magia. Per altri, si diverte un
po' troppo a giocare a essere Dio. In ogni caso, che se ne pensi bene o
male, la dottoressa Frankie Stein fa parlare di sé a San Francisco: ha
sviluppato un controverso metodo di ipnosi in grado di cancellare il
ricordo di eventi traumatici, ricostruendoli in modo da "diminuire" il
coinvolgimento del soggetto.
Non tutti ci credono; tra i più scettici il detective della Omicidi Frost Easton - che spesso si ritrova a dover collaborare con Frankie in tribunale. Frost è un uomo con un passato ingombrante, che ha imparato a sue spese che non esistono i miracoli. E nemmeno le coincidenze. E infatti, quando una serie di donne ritrovate morte in zone diverse della città vengono identificate tutte come ex pazienti della dottoressa Stein, Frost sa che dovrà partire da lei per capire chi si nasconde dietro gli omicidi.
Non tutti ci credono; tra i più scettici il detective della Omicidi Frost Easton - che spesso si ritrova a dover collaborare con Frankie in tribunale. Frost è un uomo con un passato ingombrante, che ha imparato a sue spese che non esistono i miracoli. E nemmeno le coincidenze. E infatti, quando una serie di donne ritrovate morte in zone diverse della città vengono identificate tutte come ex pazienti della dottoressa Stein, Frost sa che dovrà partire da lei per capire chi si nasconde dietro gli omicidi.
Se vogliono fermare il serial killer che sta terrorizzando la città
del Golden Gate, Frankie e Frost dovranno così navigare, insieme, le
acque burrascose di un'indagine sempre più intricata, imparando ad
apprezzarsi a vicenda. Mentre il killer continua a colpire: chi sarà la
prossima vittima?
La nuova serie di Brian Freeman assicura sorprese, colpi di
scena, personaggi magistralmente tratteggiati e tutta l'atmosfera che la
nebbiosa San Francisco può offrire. Un piacere assicurato.
Brian Freeman
È tra i maggiori autori di thriller americani e i suoi
romanzi sono pubblicati in quarantasei paesi. Ha esordito con Immoral
(Piemme, 2006), che ha vinto il Macavity Award come migliore opera
prima. Con Il veleno nel sangue (Piemme, 2013) ha vinto gli
International Thriller Awards per il miglior romanzo dell'anno. Tra i
suoi più recenti thriller Io sono tornato (Piemme, 2015) e La ragazza di
pietra, preceduto dalla short story Polvere alla polvere (Piemme, 2014)
- questi ultimi con protagonista il suo personaggio più amato, il
detective Jonathan Stride. In Italia, Freeman è stato molto apprezzato
da Giorgio Faletti. Vive in Minnesota con la moglie.
I libri di Brian Freeman
RECENSIONE
In un baratro al di là del ponte è stato ritrovato il corpo
di una donna con il panico e il dolore ancora impressi sul volto. La scena
ricalca in ogni dettaglio una serie di omicidi avvenuti tempo prima, ritrovati
in zone diverse della città che, vengono identificate tutte come ex pazienti
della dottoressa Frankie Stein, Frost sa che dovrà partire da lei per capire chi si
nasconde dietro gli omicidi.
Anni
di esperienza e indagini serrate hanno insegnato al
detective della Omicidi Frost Easton che nei casi di omicidio,
specialmente
quelli più violenti, non c’è nulla che possa essere ritenuto
impossibile.
Mettere sotto torchio la dottoressa Frankie Stein – con la quale spesso
si
ritrova a dover collaborare in tribunale, non basta, per trovare
l’assassino
c’è bisogno di un’operazione di polizia complicata e pericolosa.
Sembrerebbe una tragica fatalità, ma qualcosa nelle indagini non
torna: molte le circostanze spiegabili solo riducendole a casualità,
troppe le
coincidenze sospette. Il detective Frost, impegnato nella risoluzione di
casi
di omicidio risalenti ad anni prima, sospetta che tra quei delitti e la
scia di
morte che sta turbando la tranquillità della cittadina ci sia un
sinistro
collegamento, una linea rossa che unisce un passato inquietante e un
presente
non meno pericoloso.
Ma il suo istinto di detective e la sua ostinazione gli
suggeriscono di indagare a fondo. Ma non riusciva a vedere il collegamento. “Lei
voleva degli indizi, detective? Voleva
qualcosa di insolito. Questa è l’unica cosa insolita che mi viene in mente”.
Era come se l’intero episodio fosse stato del tutto cancellato dalla sua
memoria. La dottoressa Stein, sapeva fin
troppo bene che la memoria era inaffidabile e i ricordi giocavano scherzi al
cervello. Lei si scontra con un’umanità reietta, con la sofferenza più
indicibile, con il buio della mente.
Il ricordo è il vero
protagonista di questa storia, a tratti sconfinato ed eterno, con le sue
foreste e le sue lande; a tratti permeato della sua dolorosa ed inevitabile
caducità, troppo difficile da comprendere ed accettare; il ricordo come
macchina bellissima e imperfetta, capace di suscitare sensazioni e riflessioni,
capace di far vivere, muovere, danzare, morire.
Il dolore finisce, ci saranno altre persone, ma il vuoto non
viene mai colmato. Come potrebbe? L’unicità di qualcuno che è stato così
importante che lo rimpiangiamo non viene annullata dalla morte. Il buco che ho
nel cuore ha la forma della persona amata, e nessun altro può colmarlo del
tutto. I pazienti della Stein erano
tormentati dai ricordi e volevano esorcizzare i propri fantasmi.
La terribile ironia, per Frankie Stein, era che i suoi
pazienti dimenticavano il passato, ma lei custodiva i loro segreti nella sua
mente. Le persone credevano che i ricordi fossero fissi, ma nulla era più
lontano dalla realtà.
Ogni volta che un
ricordo veniva tirato giù dallo scaffale della memoria e poi rimesso a posto,
non era più quello di prima. I terapisti avevano un nome per questo processo:
riconsolidamento mnestico, cioè ogni ricordo era come argilla morbida. Mentre
lo tenevi tra le mani potevi rimodellarlo e dargli una nuova forma.
Le parole dell’autore sono intense, profonde, viscerali; la
trama che descrive è assoluta e, nello stesso tempo, perfettamente razionale,
analitica, sentita e studiata nei minimi dettagli in quella che è una
contraddizione solo apparente. Il tono della narrazione è sempre in movimento
come in movimento sono i toni che accompagnano i pensieri di ciascuno dei
protagonisti e i diversi momenti della narrazione; a volte sfacciati, a volte
comici, a volte arrabbiati e tristi; al centro della narrazione c’è una “porta”,
ed è quella che conduce all’anima del protagonista, ed è socchiusa, così da
permettere al lettore di sbirciare. Ad un certo punto la porta si spalanca per
poi improvvisamente richiudersi alle sue spalle e, a quel punto, è troppo tardi
per tornare indietro.
Cosa è mai accaduto ai pazienti della dottoressa Stein? In
quale condizione si trovano? Vivono ingannati da un ridondante girotondo di
ricordi che pian piano affiorano portando alla luce tracce del loro passato.
Così come Todd Farley che, nel corso dell’indagine diventa
Todd Ferrris, in seguito si scoprirà che è un paziente della dottoressa Stein. Egli è diviso in due, davanti allo specchio
nella sua immagine riflessa scorge un’anima affranta, nella sua realtà recupera
attimi di vita, emozioni, deviazioni e follia, alla ricerca dell’unica vera
libertà raggiungibile in quel momento. Oltre la coscienza, Todd è contro Todd,
necessario per conseguire consapevolezza di se stessi e del proprio passato,
carico di malinconia, che lentamente riaffiora.
Personaggi comuni uniti dal filo del destino, un’umanità
esasperata, giochi di ruolo tra vittime e killer. Brian Freeman, si diletta con
la psicologia dei suoi personaggi costruendo una storia che sconvolge e al
tempo stesso commuove. Andando a ritroso nella memoria, esplorando un passato che si rivelerà carico di ricordi,
pieno di rimpianti e disseminato di trappole.
Le parole dell’autore Brian Freeman sono intense, profonde, viscerali; la trama
che descrive è assoluta e, nello stesso tempo, perfettamente razionale,
analitica, sentita e studiata nei minimi dettagli in quella che è una
contraddizione solo apparente. Il tono della narrazione è sempre in movimento
come in movimento sono i toni che accompagnano i pensieri di ciascuno dei
protagonisti e i diversi momenti della narrazione; a volte sfacciati, a volte
comici, a volte arrabbiati e tristi; al centro della narrazione c’è una
“porta”, ed è quella che conduce all’anima del protagonista, ed è socchiusa,
così da permettere al lettore di sbirciare. Ad un certo punto la porta si
spalanca per poi improvvisamente richiudersi alle sue spalle e, a quel punto, è
troppo tardi per tornare indietro.
Qui l’ebbrezza dei dettagli che scintillano in una prosa
furiosamente cesellata diventa il mezzo più sicuro, se non l’unico, per salvare
una moltitudine di istanti e di profili altrimenti destinati a essere
inghiottiti nel silenzio, fissandoli in parole che si offrono come «miniature
traslucide, tascabili paesi delle meraviglie, piccoli mondi perfetti di
smorzate sfumature luminescenti». I ricordi non sono dunque un diario, memoria
di gesta passate, al contrario, con la loro natura di «schegge» scaturite dal
più profondo dell’animo umano, rappresentano un breviario spirituale che parla
a ciascuno, in ogni tempo.
La donna che cancellava i ricordi di Brian Freeman è una
storia d’amore e di amicizia, di tradimento e autoinganno, ma è anche un
romanzo sulla perdita, sul tempo che abbiamo, sul nostro bisogno di ricordare
ed essere ricordati, e sulle parole a cui ci aggrappiamo nella speranza o
nell’illusione di cambiare tutto quello che è stato.
La donna che cancellava i ricordi di Brian Freeman è una storia d’amore e di amicizia, di tradimento e autoinganno, ma è anche un romanzo sulla perdita, sul tempo che abbiamo, sul nostro bisogno di ricordare ed essere ricordati, e sulle parole a cui ci aggrappiamo nella speranza o nell’illusione di cambiare tutto quello che è stato.
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