giovedì 10 febbraio 2022

RECENSIONE: LE CENERI DI GRAMSCI DI PIER PAOLO PASOLINI - EINAUDI 1981

 NUOVI E VECCHI PROBLEMI

Il pianto della scavatrice

di P.P.Pasolini


P.P. PASOLINI

LE CENERI DI GRAMSCI

EINAUDI 1981








RECENSIONE

Pier Paolo Pasolini, nato a Bologna nel 1922 e morto tragicamente a Ostia nel 1975, va considerato uno degli intellettuali più acuti ed originali della nostra recente vita culturale per la costante adesione ai problemi del momento, l'indipendenza da ogni condizionatamente esterno e la costante funzione di critica e di stimolo.

La sua produzione fu via via indirizzata in varie direzioni: narratore del mondo delle borgate romane, abitate da una umanità elementare e ricca di vitalità istintiva, nei due romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959); poeta in lingua ed in dialetto friulano, in raccolte tra cui occorre citare Le ceneri di Gramsci (1957) e Poesie in forma di rosa (1964); regista cinematograficoin opere fortemente originali e provocatorie per il linguaggio e per i temi trattati; infine, specie negli ultimi anni, saggista costantemente in posizione critica sia verso la società capitalistica sia verso tutte le forme di involuzione che sapeva cogliere nella nostra vita sociale.

Per questi atteggiamenti di indipendenza e di anticorformismo, tutta la sua opera fu accompagnata da continue polemiche, non solo da parte degli ambienti più conservatori ma talora anche da parte degli intellettuali e delle forze politiche della sinistra marxista, alle cui posizioni egli era ideologicamente vicino, ma di cui non mancò di rivelare le contraddizioni.

Nella varietà dei temi e delle ricerche stilistiche resta costante in lui l'adesione alle voci più istintive ed umili dell'anima popolare: quel mondo ricco di atteggiamenti genuini e vitali, che con rimpianto egli vedeva a poco a poco sparire o modificarsi, travolto dalle trasformazioni in atto nella nostra società. E' stata questa la contraddizione di fondo che ha reso drammatica la sua figura di intellettuale: la nostalgia verso un vecchio mondo al di fuori della storia, accanto all'esigenza di agire positivamente per indirizzare la storia del nostro tempo verso forme di vita più giuste e più umane.

La lirica Il pianto della scavatrice si richiama ad entrambi questi atteggiamenti. Essa si forma su un quadro di vita consueto nelle periferie delle nostre città: un cantiere, edifici in costruzione, macchine che trasformano un paesaggio di spiazzi erbosi e di vecchie casupole in nuovi isolati di palazzi e di cortili. E' un vecchio mondo di forme a cui l'orecchio era abituato e che muoiono, accanto ad altre nuove che sorgono; ed il poeta, che pure sente la spinta generale della vita verso l'evoluzione ed il progresso, non può non fermarsi ad un senso di rimpianto, <<piange ciò che muta, anche per farsi migliore>>.

 

 

 

 

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