Per Miguel Benasayag, psicoanalista e filosofo, è finità l'età degli ingegnari, quella dell'uomo che produce e agisce da padrone del mondo: Ci siamo esiliati dall'unità organica del pianeta, dobbiamo tornarci e difenderla. Se Miguel Benasayag, filosofo e psicoanalista di orgine argentina, naturalizzato francese, dovesse scegliere una parola, una sola, per definire il centro delle sue ricerche, dei suoi interessi personali, filosofici e politici sarebbe Complessità. Tra i libri più reenti tradotti in italiano: Malgrado tutto. Percorsi di vita, trad. di Cristiano Screm, Jaca Book. Poi il libro: Il ritorno dall'esilio. Ripensare il senso comune, scritto con il giornalista Bastien Cany (Traduzione di Eleonora Missana, Vita e pensiero.
La complessità ha governato quasi tutti i suoi settant'anni di vita, iniziata un giorno di fine autunno australe nell'Argentina di Juan Domingo Peròn, fresco vedovo di Evita e già in pieno declino politico, mentre a Buenos Aires si stava preparando l'ennesimo golpe militare. E' proseguita negli anni della dittatura, contro la quale Benasayag ha imbracciato le armi, arruolandosi a 17 anni nella resistenza guevarista e scontando poi la sua decisione con quattro anni di carcere e di torture, prima di essere esiliato in Francia nel 1978. Salvo, sì, ma grazie a un negoziato che considera quantomeno oscuro.
Benasayag ha partecipato al Festivale del Pensare Contemporaneo di Piacenza, spiega: La complessità è la principale caratteristica del nostro tempo. Da oltre un secolo stiamo lentamente uscendo dall'epoca della centralità coloniale. E ne usciamo non per decreto o volontà, ma perchè si è esurito il meccanismo di autoproduzione.
In parole meno complesse?
Ci sono alternative?
Benasaya, vede il mondo, o addirittura l'universo, come un unico, immenso organismo vivente?
E l'Intelligenza Artificiale come si inserisce in tutto questo?
Che cosa si aspettano i nati in questo secolo?
Sull'immigrazione lei ha detto che non è questione di tolleranza ma di integrazione organica. Ossia?
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